Che cosa si intende quando si parla di revenge porn: come contrastarlo e segnalarlo. Le buone pratiche da seguire e cosa prevede la legge per questo tipo di reato
Tra i reati di cui si sente più parlare e in grande crescita anche nel numero di casi c’è il revenge porn o vendetta porno. Si tratta di un reato disciplinato in Italia dal 2009, dall’art. 612 ter del codice penale, che punisce la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. A fornire una definizione chiara di questo tipo di reato è il Garante della privacy che, sul proprio sito, definisce il revenge porn come “il fenomeno della pornografia non consensuale” che si sostanzia “nella diffusione di immagini pornografiche o sessualmente esplicite a scopo vendicativo (ad esempio per punire l’ex partner che ha deciso di porre fine ad un rapporto amoroso), per denigrare pubblicamente, bullizzare e molestare la persona cui si riferiscono”. Appare evidente che si tratti di una pratica in grado di turbare fortemente l’aspetto psicologico di chi ne è vittima, andando ad inficiare considerevolmente la sua vita privata e pubblica. Al centro di questo fenomeno c’è, ancora una volta, il tema della protezione dei propri dati personali, che andranno tutelati sempre per evitare di incappare in situazioni spiacevolissime di revenge porn.
Cos’è il revenge porn
Di revenge porn si parla ormai da diversi anni, anche se gli ordinamenti giuridici hanno solo in tempi più recenti provveduto a configurarlo come un vero e proprio reato. Vittime di questa pratica illecita sono molto spesso le donne che, involontariamente, si ritrovano a dover fare i conti con una propria foto o video intima che diventa virale su internet dopo che qualcuno ha provveduto a diffonderla. Si tratta, come detto, di una vendetta porno, spesso adoperata da ex compagni o amici che vogliono ritorcersi contro un soggetto con il quale hanno interrotto il rapporto o che, semplicemente, si ha l’intento di danneggiare.
I casi di revenge porn sono aumentati moltissimo in questi anni, anche grazie alla sempre maggiore diffusione dei social media ed ad un loro larghissimo consumo, con le vittime che spesso si ritrovano impotenti di fronte a quanto sta loro succedendo. Una vera e propria piaga sociale, contro la quale molti paesi, tra cui Germania, Israele, Regno Unito e Stati Uniti, hanno provveduto ad adottare delle normative specifiche di contrasto.
Anche l’Italia, solo nel 2019, ha dovuto constatare il fatto che l’ordinamento necessitasse di una legge ad hoc contro il revenge porn. In precedenza, infatti, la diffusione non consensuale di materiale pornografico era punita con le normative già in uso per i reati di diffamazione, estorsione, violazione della privacy e trattamento scorretto dei dati personali. Ad occuparsi della vendetta pornografica è, come detto, l’art. 612 ter del codice penale riferito nello specifico alla “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. La disposizione è stata introdotta nel codice dall’art. 10 comma 1 della legge 19 luglio 2019 n. 69, la cosiddetta codice rosso, che aveva come principale obiettivo quello di tutelare le vittime di violenza domestica e di genere.
Revenge porn, l’art. 612 ter del codice penale
In base a quanto previsto dall’art. 612 ter del codice penale, vengono perseguiti dalla legge tutti coloro che diffondono in maniera illegale fotografie o video che mostrano “persone impegnate in attività sessuali o ritratte in pose sessualmente esplicite, in assenza del consenso espresso dal diretto interessato, ovvero della persona o delle persone coinvolte”. Per configurarsi il reato, dunque, non è sufficiente la sola diffusione delle immagini pornografiche, ma è necessario che vi sia anche la non volontarietà all’atto di pubblicazione da parte dei soggetti coinvolti. Ciò che si cerca di tutelare, dunque, sono tanto i delitti contro la libertà individuale quanto quelli contro la persona, garantendo ai cittadini la libertà di autodeterminazione e la tutela dell’onore, del decoro, della reputazione e della privacy.
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Revenge porn, come fare una segnalazione
Il reato di revenge porn è stato ulteriormente regolamento dal decreto Riaperture, d.l. 139/21, che ha introdotto il cosiddetto codice in materia di protezione dei dati personali. Nello specifico viene ribadito che “chiunque, compresi i minori ultraquattordicenni, abbia fondato motivo di ritenere che immagini o video a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere oggetto di invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione senza il suo consenso in violazione dell’art. 612-ter del codice penale, può rivolgersi, mediante segnalazione o reclamo al Garante”. L’obiettivo dell’intervento è dunque quello di confermare l’attenzione nei confronti delle vittime della vendetta pornografica, dando anche ai minorenni la possibilità di rivolgersi direttamente al Garante della privacy. Quest’ultimo, entro 48 ore dalla ricezione della richiesta, dovrà predisporre le opportune indagini su quanto dichiarato dal denunciante e, al verificarsi di un riscontro, procedere all’identificazione dei responsabili.
Lo stesso Garante sul proprio sito non manca di fornire degli strumenti che potrebbero essere utili alle vittime di revenge porn. A questo link , è stato infatti predisposto un canale per le segnalazioni molto simile a quello avviato in via sperimentale da Facebook. In alternativa al Garante, inoltre, è possibile rivolgersi anche alla Polizia postale consultando il sito internet istituzionale.
Come proteggersi dal revenge porn
Il miglior modo per tutelarsi nei confronti del revenge porn è quello di prestare sempre grande attenzione ai comportamenti digitali, avendo cura di proteggere i propri dati personali. Il Garante della privacy ha fornito un vademecum con una serie di consigli per limitare il rischio di essere vittima di una vendetta pornografica:
- proteggere sempre i propri dati, specie se sul proprio telefono cellulare, pc o tablet si hanno delle foto o dei video sessualmente espliciti. In questi casi il consiglio è quello di adottare delle misure di sicurezza adeguate e, dunque, password che proteggano sia il dispositivo che le cartelle dove sono contenuti i file più intimi e privati, sistemi di crittografia per rendere illeggibili i file agli altri, sistemi anti-virus e anti-intrusione per i dispositivi.
- evitare la diffusione via social delle proprie immagini private. Anche in caso di profili chiusi e protetti è necessario sapere che potrebbero esserci delle possibilità che il contenuto privato inviato possa finire nelle mani sbagliate;
- chiedere la cancellazione di foto e dati che ci riguardano. È un diritto di tutte le persone quello di chiedere la cancellazione di foto o video delle quali non si vuole la diffusione. Ecco dunque che, anche in caso di invio volontario di immagini private, il destinatario dovrà cancellarle nel momento in cui ne riceve richiesta da parte del mittente. Tale diritto rientra nella normativa italiana ed europea in materia di protezione dei dati personali secondo cui la diffusione senza consenso di dati riferiti alle persone (come appunto le immagini) è una violazione punibile con sanzioni pecuniarie e, in alcuni casi, anche penali.
- attenzione al deepfake, ovvero alle pratiche che possono essere messe in atto da soggetti malintenzionati sfruttando le potenzialità dell’intelligenza artificiale. In tal senso molto diffuso è il cosiddetto deepnude, pratica che permette la modifica di foto normalissime e di normale diffusione sui social – come ad esempio quelle di un compleanno – in foto pornografiche. Il volto di un soggetto, infatti, viene incollato in maniera più che credibile sul corpo di altri in pose o azioni esplicitamente sessuali. La buona norma, dunque, è quella di evitare la diffusione di qualsiasi tipo di foto personale sui social network;
- non agevolare il revenge porn. Nel momento in cui si ricevono immagini che potrebbero essere frutto di vendetta pornografica, la buona pratica è quella di non continuare con la condivisione delle stesse. In questo caso si evita il rischio di essere esposti al reato e, soprattutto, si tutela la vittima di revenge. Nei casi in cui lo si ritenga opportuno, potrebbe essere molto utile segnalare quanto accaduto alla Polizia postale o al Garante;
- alzare al più alto livello possibile la prudenza, specie se si utilizzano i social network o si è soliti possedere del materiale sessualmente esplicito che riguarda la propria persona o quella della/del propria/o compagna/o;
- attenzione alle foto dei minori. Per questioni già affrontate in precedenza, come quella del deepfake, condividere foto di minori sui social network potrebbe essere un facile regalo a chi svolge attività illecita nella creazione di contenuti pedopornografici. Il Garante, proprio per contrastare questi specifici casi di revenge porn, ha dedicato una sezione del proprio sito alle segnalazioni dei genitori o parenti che dovessero trovarsi nella situazione in cui un minore è vittima di revenge porn. Il sito di riferimento è questo .