Finita ai margini delle produzioni per le differenze di colore, le melanzana bianca ha buccia più sottile, sapori più delicati e tutte le virtù nutrizionali delle sorelle viola. Ecco perché riscoprirla può essere un bene
Per chi ama la lingua italiana, oggi saremo coinvolti in un caso lampante di una forma nota come “polirematica”. Molti conoscono e usano con facilità la frase “pecora nera” per indicare un animale associato a un valore negativo, il fuori gregge, il fuori dagli schemi convenzionali e per questo motivo il 4% delle pecore viene discriminato. La cattiva reputazione, vera e propria discriminazione, nacque dal fatto che la loro lana scura divenne un serio problema quando si passò alla produzione industriale mentre fino ad allora era visto come un tessuto molto pregiato usato dai nobili e quindi sinonimo di ricchezza e di fortuna. Nel caso delle melanzane ci troviamo a parlare di “melanzane bianche” ovvero una rarità, un ortaggio fuori da un coro fatto di colore più o meno viola, al massimo striato, quasi dimenticata perché diversa dalle altre. La società civile troppo spesso oggi rifiuta la diversità tendendo a farla diventare un valore negativo o, se va bene, dimenticandola in un anfratto del nostro cervello. La melanzana bianca è per vari aspetti del tutto simile alle solite melanzane e per alcuni anche superiore per determinate proprietà; vediamone il perché in questa punta dei Miti alimentari dedicati a frutta e verdura dimenticate.
La melanzana è come il pomodoro o la patata di origini americana e ha poca storia alle spalle
FALSO La melanzana è una Solanacea di cui mangiamo i frutti o ancora meglio le bacche per questo motivo somiglia molto ai pomodori; esiste anche una varietà puramente per uso floreale che è forse diffusa ancora meno della varietà commestibili. È anche parente di patate e peperoni e rappresenta un ortaggio trasversale sulle tavole dei consumatori. Stavolta non c’è dio greco o romano ad aiutarci e, infatti, il suo nome non è di origine greca o latina, ma probabilmente arriva come pianta dall’Asia, meglio ancora dall’India dove se ne parlava già nel 544, e venne poi importata in Medio Oriente a partire dal VII secolo. Artusi la chiamò “petonciana” perché non risultava essere indigesta al consumo, poi per evitare problemi si passò a chiamarla “melangiana” e infine “melanzana”. Questo nuovo nome deriva da una crasi e dal fatto che mangiata cruda dà problemi: “melanzana” sta proprio per “mela insana”. Insomma, dal punto di vista del marketing siamo di fronte a una partenza quantomeno con gravi handicap, ma fortunatamente questa Solanacea saprà difendersi e prendere lo spazio gastronomico che merita nel corso dei secoli. Una curiosità che rende onore alla melanzana bianca è il nome in inglese di questo ortaggio “eggplant” che è dovuto all’arrivo di questa strana pianta negli orti americani che sembrava producesse delle candide uova di gallina. Poi il vento mutò e la produzione di melanzane per vari motivi si spostò sulle varietà viola o nere, ma nei paesi anglosassoni d’Oltreoceano è ancora uso chiamarle “eggplant” mentre in UK è usuale chiamarla “aubergine”.
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La melanzana bianca è nutrizionalmente simile a quella solitamente viola che usiamo
VERO/FALSO La melanzana bianca ha una buccia leggermente più sottile e liscia rispetto a quella delle varietà viola o nere che fritte o cotte al vapore tendono a restare maggiormente integre e quindi sono più apprezzabili al nostro palato. Di solito quelle bianche sono anche bacche più piccole di dimensioni e più dense di semi e probabilmente questi aspetti hanno fatto preferire la coltivazione delle viola o nere. Le melanzane bianche, però, si dimostrano essere meno amare e meno acide e la loro polpa più compatta fa sì che in frittura non si impregnino di olio. Dal punto di vista nutrizionale contengono solo 5,7 g di carboidrati e 190 mg di grassi per etto oltre a 3,5 g di fibre che aiutano il nostro intestino a superare i momenti difficili dovuti a costipazione da lunghe sedute durante la giornata. Il potassio è oltre i 230 mg alla pari di zucca, cavolo o carote. Dal punto di vista calorico si parla di circa 25 Kcal per etto, ma spesso le melanzane sono accompagnate da condimenti vari che rendono i piatti più impattanti. Certamente non mancano vitamina C con circa 12 mg per etto, vitamina A e in generale il complesso di vitamine del gruppo B, ma il contenuto nelle bucce di antociani è pari a circa la metà rispetto alle melanzane viola e anche i polifenoli sono pari a circa il 50%. Al contrario se valutiamo la polpa le differenze tra varietà viola e bianca sono meno appariscenti e troviamo all’incirca tra il 60 e il 75% dei valori della melanzana più comune viola. Questi dati suggeriscono che la varietà bianca abbia una minore potenzialità salutistica rispetto a quella viola o a quella striata.
Mangiare melanzane bianche o nere o viola ha delle controindicazioni serie
FALSO Le melanzane, come tutte le Solanaceae, contengono la solanina che viene prodotta per difendersi dagli insetti, purtroppo un effetto indesiderato di queste sostanze è che, se ingerite in quantità consistenti, sono tossiche per l’organismo umano. Le melanzane in generale contengono meno solanine rispetto alle patate e, comunque, la cottura distrugge parte se non tutta quella esistente. Un rischio marginale può provenire dall’uso di melanzane crude, ma occorrerebbe mangiarne quasi 1,5 Kg per avere problemi di salute. Difficile che ciò avvenga se non altro perché prima avremmo dei sintomi di indigestione che suonerebbero da campanello di allarme. Nella melanzana il contenuto di solanine (α-solanina, solasonina e solamargina) è di circa 9–13 mg/100 g di peso fresco molto meno della quantità ritenuta accettabile per gli ortaggi (20–25 mg/100g di peso fresco). Vale la pena di ricordare che la “Belladonna” è una Solanacea, ovvero una parente delle melanzane, che produce la nota atropina. Questo termine deriva dalla terza Moira greca Atropo che tagliava il filo della vita quando veniva deciso che il proprio tempo era terminato, Esiodo nella sua Teogonia narra benissimo questo gruppo di tre donne che vivevano nell’aldilà. La famiglia delle Solanacee è da sempre stata capace di difendersi con la produzione di varie molecole che servono loro a difendersi non potendo correre a “radici levate” ma che fortunatamente nell’uomo possono provocare effetti gravi solo se ingerite in grandi quantità e con alimenti crudi.
Le melanzane bianche sono di aiuto alla nostra salute
VERO La scienza ha confermato che le proprietà antiossidanti delle melanzane non sono da sottovalutare e che gli estratti delle bucce sono una fonte di antiossidanti notevole da utilizzare anche sotto forma di integratori alimentari. Nelle melanzane viola o nere gli antociani sono presenti in grandi quantità e questo le rende utili a scopi salutistici. In generale, gli estratti di melanzane sono degli ipotensivi grazie all’acetilcolina e dei diuretici naturali, ma gli effetti complessivamente positivi delle melanzane, comprese le melanzane bianche, sono evidenti sulla Sindrome Metabolica, compreso il diabete e questi dati sono consolidati fra gli scienziati.
Conclusioni
Le melanzane sono fra i dieci vegetali più consumati al mondo, la Cina ne produce il 58% e l’Italia è il nono produttore, primo in Europa, con 302mila tonnellate all’anno. Rappresentano un vero jolly per chi ama la gastronomia dato che possono essere fritte, lessate, grigliate, messe sottolio o essere il tenore nella Pasta alla Norma e di tante altre preparazioni. Questo spinge a migliorarne la produzione a introdurre nuove varietà laddove possibile, a riscoprire anche le melanzane bianche che da dimenticate potrebbero ora per la loro delicatezza, cremosità, minore acidità proporsi come una alternativa sensoriale da considerare maggiormente. Gli aspetti nutrizionali e salutistici non le penalizzano, mentre la parte del gusto e della loro invadenza nei piatti al contrario le favorisce. Oggi la parola chiave deve essere sempre più “inclusione” evitando l’errore di esaltare le differenze per motivare le esclusioni come è accaduto alla melanzana bianca. Servirebbe di nuovo il Mr. Magoo di Hubley, che prima di pensionarsi produceva melanzane, senza essere simbolo della miopia umana.