L’economia sta cambiando volto, al mercato tradizionale si affianca ora non più solo la sharing economy, ma la sua evoluzione, la cosiddetta social economy. Un passaggio importante cui Consumers’ Forum (l’associazione che dal 1999 riunisce imprese e consumatori per facilitare il dialogo e promuovere politiche consumeriste) dedica l’annuale appuntamento che si tiene oggi a Roma con la partecipazione delle associazioni dei consumatori, delle imprese e delle Autorità di regolazione (Agcm, Aeegsi, Privacy, Trasporti, Banca d’Italia, Agcom, Ivass e Consob).
“Authority e Consumatori. Dalla sharing alla social economy” è appunto il titolo del convegno che tratta queste attualissime tematiche.
Una rivoluzione in atto
Addirittura di “rivoluzione” parla Mario Finzi, presidente di Consumers’ Forum, con riguardo ai cambiamenti che il sistema economico sta vivendo: “Sì, perché si tratta di mutamenti davvero radicali, che riguardano trasversalmente tutti i settori della vita dei cittadini, dai servizi alla finanza. Per questo il tema è così sentito e più che mai interessante sia per i consumatori che per le imprese”.
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Assicurare tutele anche nella social economy
Per capire quale passaggio stiamo vivendo Finzi ci spiega che “mentre nell’economia condivisa che abbiamo conosciuto finora il rapporto tra le parti era ‘alla pari’ (pensiamo al privato che offre un passaggio in cambio di un contributo alle spese del viaggio) e il mercato era ristretto alla cerchia di parenti e amici, oggi il sistema è più complesso: a organizzare l’attività di sharing di beni e servizi c’è un soggetto, una piattaforma digitale, strutturato come una vera impresa e il rapporto tra le parti non è più equilibrato. Il rischio è che in questo passaggio il consumatore torni ad essere parte debole”.
Dunque, le conseguenze più pesanti sono sul piano delle tutele? “Per i consumatori certamente sì: se nel mercato tradizionale ci sono delle regole stabilite dalle leggi nazionali e comunitarie e dalle autorità di regolazione, nel sistema della social economy queste garanzie vengono meno. Per le imprese tradizionali, invece, che sono soggette a regole e obblighi ben precisi, la difficoltà sta nell’arginare la concorrenza di soggetti che a quei vincoli non sono legati. Solo per fare un esempio, pensiamo a Uber nel campo dei trasporti”.
Come bisogna attrezzarsi per affrontare le novità? “Innanzitutto non bisogna demonizzarle, non si può certo pensare di fermare il progresso, ma delle regole devono essere date. Altrimenti c’è il rischio che i diritti diventino carta straccia. Pensiamo al settore della finanza, forse il più delicato e impalpabile. Qui il rischio che operino piattaforme poco trasparenti è alto, soprattutto se pensiamo che molte di queste – avendo sede fuori dall’Italia e dall’Europa – sfuggono alle nostre normative. Occorre quindi una riflessione comune per cercare elementi di tutela, garanzia e correttezza del mercato”.
Il ruolo delle Authority e delle associazioni consumeriste
Come devono operare le Authority? “Spetta loro un ruolo sempre più difficile non potendo certo soffocare l’evoluzione in corso ma neanche abbandonare le tutele. Dovranno quindi capire ‘se’, ‘quando’ e ‘quanto’ intervenire , se con una soft regulation come suggerisce l’Europa o in maniera più stringente”.
E quale sarà il ruolo delle associazioni dei consumatori? “Il loro compito sarà sempre più diretto a informare il consumatore, a renderlo consapevole delle sue scelte, a fargli capire che dietro l’apparente gratuità c’è la cessione di pezzi di privacy, ovvero una sorta di scambio ‘diritti contro risparmio’. Basti pensare ai dati personali che immettiamo ogni volta che utilizziamo una piattaforma: quei dati diventano oggetto di scambio e cominciano a viaggiare da un soggetto a un altro. Non sappiamo a chi possono arrivare e a quali fini possono essere usati. Fatto sta che noi, in un certo senso, ne perdiamo la proprietà. Può non essere un problema, ognuno di noi si regola diversamente, ma è doveroso che si sappia che è così”.