La sfiducia nei vaccini non risparmia neanche gli addetti ai lavori. Secondo uno studio della Società francese di medicina generale condotto su un campione di 1069 professionisti, un medico su 10 è perplesso riguardo la somministrazione di alcuni tipi di vaccini. In particolare a suscitare maggiori dubbi è la sicurezza e l’utilità dell’anti papilloma virus per la presenza dei sali di alluminio come adiuvante. Un professionista su 3 non evidenzia vantaggi nel sottoporre le bambine ad un vaccino che le protegge dai tumori della cervice e, per questo motivo, di fronte ad un diniego dei genitori, non si prodiga a convincerli.
I medici francesi non solo i soli a nutrire dubbi sulla validità del vaccino contro l’Hpv. Oltre al fatto che mancano ancora dati certi di efficacia che saranno disponibili solo a partire dal 2021 quando sarà raggiunta l’età di screening sulle coorti vaccinate come target primario, il vaccino che protegge dal papilloma virus ha trovato scetticismo un po’ ovunque: basti pensare che SaneVax ha lanciato una petizione rivolta all’Ema per chiedere che venga sospeso l’uso del vaccino contro l’Hiv dopo che molte donne, in molti Paesi, si sono gravemente ammalate dopo l’iniezione .
Lo studio americano
Lo scorso anno ha suscitato molto scalpore uno studio condotto dal Texas Medical Branch in cui gli autori hanno osservato che le ragazze che si sono vaccinate contro il papilloma virus risultano sì più protette nei confronti dei 4 ceppi per il quale è stato formulato il vaccino ma più esposte ai ceppi ad alto rischio (quelli che potrebbero provocare il cancro).
Impasto pericoloso
Nel lavoro americano sono state analizzate le informazioni provenienti da 600 donne dai 20 a 26 anni: sessanta vaccinate su cento si sono infettate con una forma ad alto rischio, fra le non vaccinate il rischio è sceso al 40%. Non è chiaro per i ricercatori perché questo accada ma Eugenio Serravalle, pediatra di lungo corso e presidente dell’AsSIS (Associazione si studi e informazioni sulla salute), azzarda un’ipotesi: “Potremmo essere dinanzi a quello che nel mondo scientifico viene definito rimpiazzo dei tipi. È accaduto anche con il vaccino che previene il pneumococco: in altre parole l’iniezione esercita una pressione selettiva sui ceppi coperti dal vaccino ma, allo stesso tempo, rende gli altri più virulenti. Questa è una teoria ma è ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive: quel che è certo è che deve essere avvenuto qualcosa di non molto differente da questo”.