Ci risiamo. A distanza di 6 anni dalla precedente inchiesta nulla è cambiato. Ancora una volta il mensile il Salvagente, smaschera i furbetti dell’olio mediante un campionamento a scaffale e facendo eseguire le analisi chimiche in laboratori accreditati e con un panel test che lascia spazio a pochi dubbi. Su 15 bottiglie di olio di grandi marchi esaminati , 7 sono stati bocciati dal panel test e tra questi vi sono nomi noti del settore oleario: Carapelli Frantolio, Colavita Mediterraneo tradizionale, De Cecco Classico, la Badia Eurospin, Cirio Classico, Coricelli, Il Saggio Olivo Todis.
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Ebbene qui non si sta affermando che gli oli bocciati fanno male alla salute, semplicemente che i consumatori vengono ingannati perché convinti di acquistare un olio extravergine così come indicato in etichetta e si ritrovano un olio di una categoria inferiore ad un prezzo superiore dal 30 al 50%.
Il panel test eseguito dal comitato di assaggio dell’Agenzia delle Dogane non lascia spazio ad interpretazioni. Quello non è olio extravergine. Immagino che anche questa volta partiranno comunicati a difesa del proprio marchio scaricando la responsabilità della declassificazione del prodotto allo stato di conservazione nei supermercati o addebitabile alle fasi di trasporto o stoccaggio. Le aziende sanno bene però che la loro responsabilità non finisce con la consegna al distributore. Copione già visto 6 anni fa con molti di questi brand coinvolti in una precedente inchiesta che pagarono qualche sanzione nel migliore dei casi e chiusero così la vicenda con buona pace dei consumatori. Entreranno in azione i detrattori del panel test, istituito per legge nel 1991, l’unico strumento giuridico riconosciuto per legge per classificare gli oli. In questi anni molti sono stati i tentativi di abolirlo, ma una recente sentenza del Consiglio di Stato ha messo la parola fine alla controversia definendolo uno strumento attendibile ed oggettivo.
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Chi tutela i consumatori dalle frodi?
Seguo da tanti anni questo settore. Per la commissione anti contraffazione della Camera dei Deputati qualche anno fa ho esaminato tutte le inchieste sull’olio e le varie triangolazioni, dall’olio falso extravergine, al falso olio italiano all’olio di carta. Le aziende coinvolte sapranno difendersi con tutti i mezzi a loro disposizione. Chi tutela però i consumatori dalle frodi? Sono loro ad essere ingannati dalle etichette o da pratiche commerciali scorrette come quelle della gdo che continua a schiacciare i prezzi delle bottiglie, non garantendo alcun margine di guadagno per i produttori. L’olio è sempre venduto sottocosto, ad un prezzo che non copre neanche i costi di produzione. Ci sono esempi a cui potremmo ispirarci come quello tedesco che controlla le bottiglie allo scaffale ed elimina dal mercato gli oli che hanno riscontrato difetti. Il tema è sempre lo stesso.
Chi controlla allo scaffale? Come è possibile attendere anni per una verifica che dovrebbe essere fatta più spesso a tutela delle aziende e dei consumatori e per la reputazione stessa del made in Italy. Si badi bene. Non c’è alcuno spirito di ritorsione contro le aziende coinvolte ma sarebbe auspicabile che anche le stesse collaborassero così da fugare qualsiasi dubbio. Nella legge “Salva Olio” c’erano norme che regolavano il sottocosto, insieme a molte altre come il Tpa, l’abolizione del segreto dell’import e la tutela dei consumatori. Non ho mai compreso perché non si è voluto applicarla fino in fondo. Forse andrebbe rivista in qualche parte alla luce di nuove norme comunitarie. Bene ripartiamo da lì.
Troppi silenzi
La filiera olivicola dovrebbe fare una attenta riflessione su come sta funzionando l’intero settore. Sento troppi silenzi da qualche parte e qualche balbettio a livello ministeriale. L’olio è un asset strategico del made in Italy, identitario del nostro territorio e del nostro modo di concepire la vita. Questo settore va tutelato e non servono solo spot e claim salutistici. Anche questa filiera è stata pesantemente colpita dal blocco di Horeca (hotel, ristoranti e catering) compensato in parte dall’aumento dell’export e la scarsa produzione in aree geografiche olearie rende urgente più che mai una presa di posizione forte da parte di tutti gli stakeholders così come è stato fatto per altre filiere, a cominciare dal vino.