Gratis a tutti i malati. Non solo ai più gravi. È quello che ha deciso la Regione Toscana per il superfarmaco Sovaldi, il medicinale che per la prima volta consente di curare, senza effetti collaterali, i malati di Epatite C. In Italia sono 300mila le persone a cui è stata diagnosticata la malattia e si stima che 1 milione siano i portatori cronici del virus. Cifre drammatiche che producono circa 10mila morti ogni anno, solo nel nostro paese.
E in Toscana le cose non vanno meglio, la Regione stima 26.224 (pari allo 0,7% della popolazione toscana) i pazienti con infezione da virus dell’epatite C. Per questo il governatore Enrico Rossi (e non è un caso che Rossi sua stato ex assessore della Sanità della Regione) ha varato una delibera il 18 maggio, in cui si dichiara che la Toscana ritiene necessario garantire a tutti gli assistiti l’accesso gratuito alla terapia farmacologica per la cura dell’epatite C.
Un ciclo di trattamenti si aggira intorno ai 30.000 euro a paziente. Per la Regione la spesa è stata valutata in 60 milioni di euro nel triennio 2015-2017: 10 milioni nel 2015, 25 nel 2016, 25 nel 2017. Si tratta, si legge in una nota della Regione Toscana, di una spesa notevole per le casse regionali. Va però considerato che bloccare la progressione del danno epatico in uno stadio precoce risolve definitivamente la malattia, riduce il rischio di diffusione ed evita tutte le spese derivanti dal trattamento della malattia. La delibera dà incarico all’Estar (Ente di supporto tecnico amministrativo regionale) di mettere in atto immediatamente le necessarie procedure pubbliche di affidamento delle terapie farmacologiche. Il progetto nazionale di trattamento farmacologico dell’epatite C cronica ha ammesso alla rimborsabilità i farmaci DDA per i pazienti più gravi. In Toscana, circa il 70/80% (circa 18.000 persone) dei malati resta fuori dal progetto nazionale. Da qui, rileva la Regione, la scelta di dare il farmaco gratuito a tutti i pazienti.
Le cose non vanno allo stesso modo nelle altre regioni italiane. Tanto che il procuratore di Torino Raffaele Guariniello ha deciso di aprire un’inchiesta per lesioni colpose e omissione di cure per verificare se tanto i costi esagerati del Sovaldi (il farmaco prodotto dalla Gilead) che l’atteggiamento prudente delle Regioni nel somministrarlo (per i costi) non finisca per danneggiare colposamente i malati.
FARMACO MIRACOLOSO
Miracoloso poiché è una molecola veramente risolutiva per chi convive con l’epatite C garantendo oltre il 97% di guarigione dalla malattia ma, purtroppo, dal costo esorbitante. Le cifre, stranezza italica, non sono state rese note per non “disturbare”, questa la motivazione, la contrattazione per altri farmaci innovativi che sono in arrivo, alcuni per la medesima patologia. Al momento le voci più accreditate (e non smentite) parlano di qualcosa come 30mila euro per ciclo terapeutico.
Se tuttavia un ammalato non compreso nella coorte di chi avrà diritto gratuitamente al farmaco volesse acquistarlo di tasca sua, dovrà prepararsi a sborsare circa 60mila euro (per esempio acquistandolo alla farmacia del Vaticano o a San Marino). Infatti il sofosbuvir non è destinato a tutti i malati di epatite C che, in Italia, sono stimati in circa 300mila. Ci vorrebbero diversi miliardi di euro e il Servizio sanitario nazionale non ha queste risorse. Il farmaco, a parte coloro i quali ne hanno usufruito nei mesi scorsi in un programma di uso, cosiddetto, compassionevole concordato con la stessa Gilead, è infatti destinato ai casi più gravi. In tutto 50mila pazienti, per i quali il ministero della Salute ha stanziato, nella legge di Stabilità, “soltanto” 1 miliardo di euro in due anni. Poi, probabilmente, con l’arrivo di altre molecole il prezzo calerà e la platea potrà essere eventualmente allargata.
LA GALLINA DALLE UOVA D’ORO
Gli stessi vertici dell’Aifa si sono posti e pongono a tutti, quesiti circa la moralità di prezzi così alti. Soprattutto nel caso di sofosbuvir che, ricordiamo, non ha gravato sul portafoglio di Gilead in termini di anni di ricerca e sviluppo in quanto molecola “in pancia” di un’altra azienda, la Pharmasset, acquistata da Gilead per circa 11 miliardi di dollari.
Vabbè, direte, l’azienda deve anche rientrare di simili investimenti. E su questo non c’è dubbio ma è lo stesso presidente dell’Afa Luca Pani che, in un editoriale, torna a battere sul ferro sempre più caldo: “Secondo il report della Gilead relativo ai risultati finanziari del terzo trimestre 2014”, scrive Pani il 17 novembre 2014, “a oggi sono stati trattati con Sovaldi circa 117.000 pazienti, e il lancio del farmaco (dicembre 2013) ha consentito di incrementare di oltre 3 miliardi di dollari le vendite di prodotti antivirali dell’azienda rispetto allo stesso periodo del 2013. In particolare, le vendite di Sovaldi nel terzo trimestre – 2 miliardi e 800 milioni di dollari di cui 2 miliardi e 200 milioni in Usa, 523,5 milioni in Europa e 73 milioni in altri paesi) – hanno portato a 8 miliardi e mezzo di dollari il fatturato realizzato con il farmaco dall’azienda nei primi nove mesi del 2014 (7,3 miliardi in Usa, 1,1 miliardi in Europa e 134,5 milioni di dollari in altri paesi), il che proietta il ricavo a 11,3 miliardi di dollari nel primo anno di lancio. Oltre 10 volte il valore di quanto erano riuscite a fare le migliori molecole sino ad ora. Ciò equivale a 944 milioni di dollari al mese, quasi 31 milioni al giorno, circa 1.300.000 dollari all’ora. Sono cifre che fanno riflettere. Almeno a noi”.
MODELLO INDIANO
E queste cifre fanno riflettere anche noi soprattutto se poi lo stesso farmaco, in altri paesi, viene venduto a prezzi assai diversi: in Egitto l’intero ciclo costa circa 900 dollari (in Usa, tanto per fare un confronto, si arriva a 80mila dollari) ma è in India che la libertà sui prezzi raggiunge l’apice.
L’India, infatti, non ha riconosciuto al sofosbuvir la caratteristica di farmaco innovativo aprendo di fatto la strada ad alcune aziende locali (non quelle che già si erano accordate con la stessa Gilead per produrre il farmaco come “generico”) di produrne di propri a un costo enormemente più basso. Diciamo intorno ai 100 dollari per tutto il ciclo terapeutico.
Ma allora perché non comprare il farmaco in India per poi dispensarlo in Italia? Domanda lecita e risposta, purtroppo facile: perché è proibito. La nostra legge impone (ma questo vale per tutta l’Europa) che l’immissione in commercio di qualsiasi farmaco passi per l’autorizzazione dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) e per le singole agenzie nazionali come l’Aifa che poi ne concorda anche il prezzo di vendita.
Ma un’azienda indiana potrebbe proporre sul mercato europeo, attraverso i canali ufficiali citati, il proprio “generico” a basso costo? No, poiché l’Europa, e quindi anche l’Italia, riconosce le proprietà brevettuali di un nuovo farmaco. Il che se da un lato garantisce giustamente l’industria per gli investimenti che hanno portato al suo sviluppo, dall’altro lascia molti meno margini di contrattazione. Come nel caso del Sovaldi. Peraltro la legge non consente neanche l’acquisto on line (truffatori a parte) per uso personale attraverso canali verificati.
Ci chiediamo soltanto chissà quanti malati di epatite C stanno pensando a una vacanza in India, o in Egitto, dato che la legge non impedisce bontà sua di acquistare farmaci all’estero “per uso personale”.