Influenza aviaria, nei formaggi a latte crudo il virus rimane attivo per 120 giorni

FORMAGGI A LATTE CRUDO

Secondo uno studio pubblicato su Nature Medicine, il virus H5N1 può persistere nei formaggi a latte crudo durante la produzione e fino a 120 giorni di stagionatura

Secondo uno studio pubblicato su Nature Medicine, e condotto presso la Cornell University a Ithaca, New York, il virus dell’influenza aviaria H5N1 può persistere nei formaggi a latte crudo durante la produzione e fino a 120 giorni di stagionatura, a seconda del livello di acidità (pH) del latte.

Questo nuovo dato getta una nuova ombra su questi prodotti caseari già “accusati” nei bambini di poter causare la Seu, la Sindrome emolitico uremica, nel caso in cui il formaggio a latte crudo sia contaminato da E.Coli Stec.

In questo studio – scrivono gli autori – abbiamo valutato la persistenza del virus H5N1 in formaggi a latte crudo prodotti con latte acidificato a pH 6,6, 5,8 e 5,0 (riscontrato nei formaggi a latte crudo in commercio, ndr) prima della caseificazione e abbiamo confrontato i nostri risultati in formaggi a latte crudo prodotti inavvertitamente con latte crudo naturalmente contaminato. Abbiamo osservato una sopravvivenza del virus dipendente dal pH, con il virus infettivo persistente durante il processo di caseificazione e fino a 120 giorni di stagionatura nei formaggi prodotti con latte crudo a livelli di pH di 6,6 e 5,8, mentre a pH 5,0 il virus non sopravviveva al processo di caseificazione”.

I ricercatori hanno poi somministrato il latte crudo e il formaggio a furetti per valutare l’infettività del virus: quelli nutriti con latte crudo contaminato dal virus H5N1 si sono infettati, mentre quelli nutriti con formaggio a latte crudo a determinati pHe quelli alimentati con una sospensione (miscela eterogenea) di formaggio non hanno contratto il virus dell’aviaria.

“Questi risultati – proseguono i ricercatori – dimostrano che il virus H5N1 può rimanere infettivo per periodi prolungati nei formaggi a base di latte crudo in condizioni specifiche, sottolineando i potenziali rischi per la salute pubblica associati al consumo di formaggio a base di latte crudo prodotto con latte contaminato e sottolineando la necessità di ulteriori misure di mitigazione nella produzione di formaggio per prevenire l’esposizione umana al virus”.

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“L’implementazione di ulteriori misure di mitigazione – concludono gli autori dello studio – come il test dei serbatoi di latte crudo o l’utilizzo di pastorizzazione, termizzazione o acidificazione del latte prima della produzione del formaggio, diventa fondamentale per garantire la sicurezza alimentare”.