
Sulla pagina Facebook di Agostino Cascio, agricoltore, produttore di grano duro della Sicilia, il video di denuncia sullo stato di crisi del grano duro siciliano. Mercanti senza scrupoli fanno scendere il prezzo del grano per derubarlo ai ‘’contadini”, dice Cascio.
Come da copione a a poche settimane dall’inizio della raccolta del grano, gli arrivi puntuali di navi cariche di grano duro estero, che ha come effetto quello di ridurre il prezzo dello stesso grano duro e consentire ai commercianti di acquistare il grano duro prodotto soprattutto in Puglia e in Sicilia a prezzi bassi. In questo momento nel mercato di Foggia, in Puglia, il prezzo del grano duro oscilla da 30 a 32 centesimi al Kg. Mentre in Sicilia il prezzo del grano duro oscilla da 25 a 26 centesimi al kg.
Come si può chiedere agli agricoltori di produrre qualità se, alla fine, “il gioco non vale la candela”?
Per garantire uno standard elevato, tanto richiesto dall’industria, servirebbero interventi agronomici mirati, ma l’attuale mercato non consente di sostenere questi costi, vanificando ogni tentativo di miglioramento qualitativo.
Insomma diminuisce tutto, mentre i costi di produzione aumentano e costringono gli agricoltori a produrre in perdita, accumulando debiti. Eppure si continua a
a parlare di tavoli tecnici. Il problema che a questi tavoli siedono sempre le stesse persone.
Le importazioni massicce, lo squilibrio lungo la catena di filiera a tutto svantaggio dei produttori, la crescita dei costi di produzione, e le croniche lacune infrastrutturali subite dalla nostra agricoltura stanno mettendo a serio rischio la nostra cerealicoltura, con disinvestimenti resi ormai evidenti dalla diminuzione dei terreni seminati a grano. Insomma diminuisce tutto, mentre i costi di produzione aumentano e costringono gli agricoltori a produrre in perdita, accumulando debiti.
Serve con urgenza una responsabilità condivisa e una nuova visione del valore agricolo.
Le dinamiche speculative di cui ormai da troppo tempo denuncio, richiedo delle risposte immediate. Perché se è vero che importiamo il 40% del grano duro dall’estero per far fronte alla richiesta interna ed estera di pasta, la favola che sentiremo tra qualche anno sarà quella che saremo costretti di importare non più il 40% di grano duro estero come avviene oggi ma il 60-70% perché nel frattempo sarà calata la produzione di grano duro nazionale: se non conviene produrre (e già oggi non conviene) si smette di produrre.
Incentivare e sostenere la produzione nazionale di grano duro, non è un richiamo romantico a un passato, ne una questione di sovranità nazionale ma di necessità. Vuol dire tornare a produrre di più per metterci a riparo da eventuali logiche speculative di mercato.