
Le società italiane dei cardiologi e di biochimica clinica chiedono di cambiare il modo in cui si riferiscono i risultati degli esami del sangue sul colesterolo per avere un quadro più chiaro sul profilo lipidico
Le società italiane dei cardiologi e di biochimica clinica chiedono di cambiare il modo in cui si riferiscono i risultati degli esami del sangue sul colesterolo per avere un quadro più chiaro sul profilo lipidico. Nello specifico, la Società italiana di cardiologia e la Società italiana di biochimica clinica e biologia molecolare clinica – Medicina di Laboratorio, sottolineano come il colesterolo alto, riconosciuto come causa diretta di infarti e ictus, sia ancora sottovalutato dagli italiani, nonostante uno su quattro ne soffra.
Il limite dei referti attuali
Individuare L’ipercolesterolemia tramite le analisi apposite aiuta a prevenire molti guai, ma secondo gli esperti delle due società, il problema però è che non esiste un livello soglia di colesterolo Ldl uguale per tutti e anche per questo il modo con cui i valori si leggono oggi nei referti degli esami del sangue può fuorviare. Secondo Pasquale Perrone Filardi, presidente Sic, “Occorre far capire ai cittadini e ai pazienti che non esiste un valore di colesterolo Ldl che vada bene per tutti: il livello target dipende dal profilo di rischio cardiovascolare di ciascuno, più alto è, più basso dovrà essere il valore da raggiungere per ridurre la probabilità di eventi cardiovascolari. Per questo motivo è sbagliato che molti referti di analisi riportino ancora valori di riferimento basati sulla media della popolazione, senza considerare il rischio cardiovascolare del singolo, quando invece è fondamentale adottare un approccio personalizzato, basato sulle caratteristiche cliniche di ognuno”.
La proposta
La proposta degli esperti propone di segnalare automaticamente i valori di Ldl critici che possono indicare ipercolesterolemia familiare o un rischio di pancreatite (come Ldl superiore a 190 mg/dl o trigliceridi oltre 890 mg/dl), ma soprattutto di valutare in maniera più precisa il rischio misurando anche altri tipi di colesterolo come il colesterolo non-Hdl o la lipoproteina (a), che concorrono alla probabilità complessiva di malattie cardiovascolari. Gli esperti propongono poi di integrare nei referti i valori di colesterolo Ldl ideali differenziandoli per ciascuna categoria di rischio cardiovascolare e anche di poter fare i test per il profilo lipidico non a digiuno, in modo da facilitare l’accesso agli screening fuori dagli ospedali.