Il lato oscuro delle app conta-calorie di TikTok sui ragazzi

CONTA-CALORIE

I social sono invasi da pubblicità di applicazioni conta-calorie che promettono risultati incredibili nel giro di pochi mesi. Con il professor Stefano Vicari cerchiamo di capire se gli utenti di TikTok, soprattutto i più giovani, siano in questo modo più esposti ai disturbi alimentari.

 

Aumentano, soprattutto sui nuovi social, le applicazioni conta-calorie e si impennano i casi di disturbo alimentare tra i giovani. Non sembra e non è certamente una coincidenza.

Partiamo dai dati, che avevamo anticipato da queste colonne: anoressia, bulimia e simili dal 2019 sono cresciuti del 35% circa, con l’evidente influenza della pandemia. Con il lockdown c’è stato anche il boom di alcune piattaforme social come TikTok che nel 2021 ha registrato un aumento di utenti del 41% rispetto al 2020. E con questo tasso d’interesse verso la piattaforma, insieme agli utenti sono arrivati anche gli inserzionisti, che secondo l’Ads Manager di Tiktok hanno registrato nello stesso anno un aumento del 115%. Chiaramente TikTok ha una policy ben definita sul tipo di pubblicità che possono comparire sulla sua piattaforma, giusto? Sì, ma i controlli non sono sufficientemente efficaci.

Le politiche di Tiktok

Infatti, se andiamo a leggere le politiche pubblicitarie di Tiktok, vediamo un elenco ben stilato di tutte le categorie in cui possono dividersi i vari annunci (con l’ultimo aggiornamento risalente a febbraio 2025), con tutte le informazioni relative a ciò che è permesso e non, ma la realtà è spesso deludente: infatti basta scorrere un po’ sulla piattaforma per ritrovarsi video-sponsorizzazioni di applicazioni conta-calorie come “BitePal” o “CaloPal” che propongono di perdere peso facilmente e di raggiungere standard corporei irrealistici, mettendo nelle descrizioni dei video frasi come “see u in three months in the tiniest bikini” (“ci vediamo tra tre mesi in un bikini minuscolo”). Tentano di attrarre subdolamente le fasce di utenti più giovani perché mostrano un’applicazione con una grafica che ricorda quella di un videogioco, e che molto spesso prevede una “mascotte” di un animaletto carino come un procione o un capybara (simpatico e virale roditore sudamericano) . Questo servizio è chiaramente a pagamento: un utente tra le recensioni dell’applicazione “Bitepal” scrive “se voglio pagare poco devo fare per forza l’abbonamento annuale da 60€, altrimenti mi fa pagare 4€ a settimana”.

Questa è un’evidente violazione della policy di tiktok sul “Weight Management and Body Image” che sostiene non sia permesso “Nessun riferimento a un’irrealistica perdita di peso o un aumento di peso” o “Mostrare esagerazioni o suggestioni sul fatto che l’aumento di peso o la perdita siano promesse o garantite”.

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Il professor Vicari: “I disturbi alimentari cominciano sempre più presto”

La visione, da parte dei più giovani soprattutto (in Italia il 60% degli utenti sono under25), può essere correlata a un aumento nel rischio di sviluppare un disturbo alimentare? Secondo molti nutrizionisti, dietisti e psicologi, il pericolo è reale. Non ci sono molti studi relativi a questo tema, ma ricerche recenti hanno dimostrato che circa il 73% delle persone affette da disturbi alimentari in Italia sia stato influenzato dalle applicazioni conta-calorie.

Il professor Stefano Vicari, responsabile della neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del Bambino Gesù, ha certamente un punto di vista privilegiato sull’argomento: “Diversi pazienti affetti da disturbi alimentari mi hanno detto di aver utilizzato applicazioni conta-calorie, ma io direi che non sono strumenti che veicolano direttamente il disturbo o ne sono la causa. Essendo un disturbo psichiatrico, deve esserci un qualche tipo di predisposizione, non è un processo di causa-effetto. Anche perché poi i pazienti che magari utilizzavano mezzi per contare le calorie poi con il tempo le imparavano a memoria e non avevano più bisogno di strumenti per misurarle”.

Al professor Vicari chiediamo quale sia l’età media di pazienti con un disturbo alimentare che si presentano al Bambino Gesù.

“In genere l’età media si aggira attorno ai 14 anni – ci risponde – con l’incremento dell’età e di esposizione a mezzi come i social, anche se ultimamente si è abbassata l’età di accesso a Internet, perciò il rischio di esposizione a contenuti non adatti all’infanzia è cresciuto. Quello che suggerisco a genitori ed educatori è di vigilare sui ragazzi e sui bambini soprattutto per quanto riguarda ciò che consumano digitalmente perché il rischio di dipendenza da social è molto alto. È preferibile evitare di lasciare i giovanissimi esposti a contenuti mediatici per 6-9 ore al giorno, cosa che purtroppo spesso succede”.