Rose per San Valentino? Un regalo “pesante” per l’ambiente

Gran parte delle rose che si vendono in Italia (e in Europa), soprattutto nei mesi invernali, arrivano da Kenya, Colombia ed Ecuador, dove le coltivazioni intensive fanno grande uso di acqua, fertilizzanti e pesticidi. Un lungo viaggio che passa per i Paesi Bassi per arrivare da noi in camion refrigerati. L’alternativa? Un mazzo di fiori locali

Uno dei simboli più diffusi per festeggiare San Valentino è la rosa. Un regalo romantico, molto apprezzato da chi lo riceve, ma meno dall’ambiente. La maggior parte delle rose che si regalano a San Valentino, infatti, arriva da lontano ovvero dai paesi caldi dell’Africa e dell’America del sud. Le rose importate in Italia provengono principalmente da Kenya, Etiopia, Ecuador e Colombia che sono anche i maggiori esportatori di rose a livello globale, specialmente durante i mesi invernali, quando la produzione locale è limitata.
Secondo la Cia-Agricoltori Italiani, nel 2024 il giro d’affari legato a San Valentino è stato di 80 milioni di euro, con la vendita di circa 35 milioni di fiori, di cui 15 milioni di rose.

L’impatto ecologico di un mazzo di rose: 36 kg di CO2 

Il portale francese Que Choisir ha calcolato l’impronta ecologica di un mazzo di 15 fiori importati, tra cui 7 rose e 3 gypsophila dal Kenya, più 5 lilla dai Paesi Bassi: parliamo di un’emissione 36 kg di CO2 contro 1,7 prodotti da un mazzo di fiori locali, coltivati in Francia. Le coltivazioni in Africa e America latina sono altamente intensive e richiedono enormi quantità di acqua, fertilizzanti e pesticidi, alcuni dei quali sono vietati in Europa per la loro pericolosità. Inoltre, la produzione di rose entra in competizione con le colture alimentari, occupando terreni coltivabili e contribuendo indirettamente alla deforestazione.
Inoltre, dopo il raccolto i fiori devono essere mantenuti al fresco per tutto il tragitto: viaggiano in aereo per migliaia di chilometri fino ai Paesi Bassi, hub mondiale del commercio di fiori recisi, per poi essere trasportati in camion refrigerati verso i fioristi di tutta Europa. Anche le rose coltivate in serre riscaldate nei Paesi Bassi hanno un impatto ambientale elevato.
La produzione delle rose solleva questioni etiche e sociali. Bernard Calas, professore di economia e geografia politica all’Università Bordeaux-Montaigne, definisce la rosa un “marcatore della globalizzazione”. Negli anni ‘70, i produttori olandesi si trasferirono in Kenya per evitare le rigide regolamentazioni ambientali e i costi elevati della manodopera in Europa. Nel paese africano crearono grandi piantagioni gestite da élite bianche e indiane, con una forza lavoro a basso costo e con poche tutele. Un sistema con chiari richiami al post-colonialismo, con un impatto economico significativo: 2 milioni di persone in Kenya dipendono dalla coltivazione delle rose, che genera 700 milioni di dollari di entrate. Negli ultimi anni, le aziende hanno iniziato a migliorare le pratiche di produzione, ma c’è ancora molta strada da fare.

I fiori locali: un’alternativa più sostenibile

Sicuramente i fiori locali e di stagione sono un regalo più rispettoso dell’ambiente e hanno un bilancio ecologico molto più positivo, ma faticano ad affermarsi a causa delle abitudini di consumo radicate e della minore varietà disponibile in inverno. Negli ultimi anni, tuttavia, si è osservata una tendenza crescente verso l’acquisto di fiori locali. Nel 2024, le vendite di fiori italiani hanno registrato un aumento del 20%, indice di una maggiore consapevolezza dei consumatori riguardo al tema della sostenibilità.
Sempre secondo i dati della Cia, c’è anche una notevole sostenibilità economica per chi li acquista: parliamo di 10 euro al pezzo (per una rosa a gambo lungo oltre 70 cm), ai 2,50 euro di fresie e garofani ai 3 euro di bocche di leone, gerbere e tulipani (coltivati soprattutto nel napoletano). Leggermente più alto il prezzo di papaveri, calle e anemone (3,5 euro l’uno), della sterlizia e del lilium (circa 4 euro al gambo), mentre il ranuncolo clone di Sanremo si attesta sui 5,5 euro (dati del 2024). E se proprio non si vuole rinunciare alle rose, si possono scegliere quelle con il marchio Fairtrade/Max Havelaar, che garantisce migliori condizioni di lavoro e pratiche agricole più sostenibili.