Prosciutto San Daniele: è frode se i suini sono nutriti con scarti alimentari

PROSCIUTTO SAN DANIELE

Sentenza della Corte di Cassazione: si configura la frode in commercio qualora i maiali vengono alimentati con scarti di pizza, pane e pasta non ammessi dal disciplinare del San Daniele. La dieta ammessa deve essere vegetale e con cereali nobili

I maiali destinati a diventare prosciutti di San Daniele devono essere alimentati con dieta vegetale e cerali nobili come previsto dal disciplinare del Consorzio e quindi non possono essere nutriti diversamente con, ad esempio, scarti di pane, pizza e pasta come avveniva in un allevamento della filiera. Per questo motivo, secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 35121) che ha respinto il ricorso dell’allevatore reo di aver alimentato gli animali in modo non conforme al disciplinare, si configura il reato di frode in commercio.

Dopo lo scandalo dei prosciutti ottenuti da suini con una genetica non ammessa dal disciplinare, questa sentenza torna sulla questione delle frodi lungo la filiera dei prosciutti Dop. Nello specifico l’allevatore, come scrive il Sole 24 Ore, viene ritenuto colpevole di aver consegnato “cose mobili diverse per origine, provenienza e qualità da quelle dichiarate” . Ad inchiodare il ricorrente le testimonianze dei dipendenti e anche quelle degli accertatori che, basandosi sulle ricevute che documentavano la quantità di pane, pasta e pizza comprati e sul numero di animali presenti nell’azienda, avevano concluso che sarebbe stato contrario alla logica e alla filosofia di impresa, buttare circa l’80% di quanto acquistato, invece che farlo mangiare anche ai maiali destinati al prosciutto Dop.

La Suprema Corte ha dunque rigettato la tesi del ricorrente secondo il quale per le non conformità lievi del prodotto ci sarebbe stata una tolleranza da parte del Consorzio.