Vogliamo ripubblicare un articolo della storica rubrica Miti alimentari, curata dal mai dimenticato professor Alberto Ritieni su una serie di credenze pseudo-scientifiche rispetto alla tavola, in particolare quella di questi giorni di sagre di agosto
Questo è il mio mese preferito, agosto tavola mia non ti conosco e nelle sagre mangerò come meglio mi piace
FALSO Il tanto atteso mese di agosto, chiamato così in onore di Augusto e che si aggiungeva al mese di luglio già dedicato a Giulio Cesare rendendolo di uguale lunghezza semplicemente “rubando” un giorno al mese di febbraio, è trascorso quasi della metà ma ancora qualcosa si può dire. Per molti di noi il mese di agosto è sinonimo di libertà dal lavoro, dalla moglie da cui il detto “moglie mia non ti conosco” e in generale dalle regole fra cui quelle alimentari. Pur volendo concedere il giorno di Ferragosto per la scampagnata fuori porta, è importante gestire le tante sagre e feste di paese che si susseguono in questo mese. Le sagre sono da sempre un’occasione per i piccoli centri di riunire amici e parenti lontani emigrati anni fa e per queste persone riassaporare i piatti che li hanno accompagnati in gioventù rappresenta molto. Nel tempo queste feste hanno assunto anche il peso di far rivivere i centri storici, di richiamare turisti e di far conoscere delle zone geografiche e dei siti culturali altrimenti dimenticati. Nel passato ognuno festeggiava la propria sagra e tutta al più si andava in qualche paese vicino. Oggi con le auto e con le varie app presenti in rete, si possono pianificare le varie sagre “ottimizzando” il tempo ma purtroppo non ottimizzando il nostro metabolismo. L’errore più frequente è l’autoassoluzione che ci concediamo in nome del recupero dallo stress lavorativo, del tempo libero e magari della voglia di conoscere nuovi piatti e tradizioni. La fatale combinazione di tanto cibo, poco movimento e nessun limite alle quantità, ci conduce irrimediabilmente alla “tempesta perfetta” di Clooney che si traduce in un effetto finale sulla nostra salute ben superiore agli effetti dovuti ai singoli errori nutrizionali.
Chi vende panini, piatti etc. durante le sagre deve rispettare molte regole come gli altri ristoranti
VERO Uno degli errori che spesso commettiamo è quello di pensare che mangiare un panino da un chiosco o da un “furgone” sia un modo più semplificato di somministrare alimenti rispetto a un ristorante o a un bar convenzionale. La legge ci ricorda che preparare e somministrare alimenti durante ad esempio una sagra, deve rispettare una serie di norme chiamate “pacchetto igiene”. La legge prevede che per le strutture mobili tipo i furgoncini, bisogna avere delle attrezzature che garantiscano la sicurezza igienica compresi i servizi, gli impianti per lavarsi e asciugarsi le mani etc. Inoltre, tutte le superfici dove il cibo viene in contatto devono essere facili da pulire o sanificare quando serve per cui è meglio che siano lisce, resistenti alla corrosione e non siano tossiche. Bisogna che ci sia acqua calda e fredda per lavare gli alimenti e avere le attrezzature capaci di mantenere gli alimenti alla giusta temperatura. In aggiunta ogni regione o provincia può provvedere a linee guida da seguire per somministrare del cibo durante le feste di paese. Per i consumatori, è bene evitare tiramisù oppure creme molto delicate basate su uova crude o salse come la maionese perché sono delle possibili fonti di pericolo dove le condizioni di preparazione, di conservazione e di vendita tipiche delle sagre, non sempre possono controbattere al meglio. Possiamo aiutarci guardando le condizioni igieniche i cui i prodotti sono preparati e conservati, le date di scadenza, osservare se ci sono delle evidenti mancanze e nel caso decidere di passare la mano. L’occasione di provare piatti particolari, sapori nuovi o di trascorrere qualche ora in allegria con amici, non deve farci dimenticare le buone norme di sicurezza specie quella microbiologica.
Mangiare i piatti tipici delle feste di agosto non mi crea nessun problema nutrizionale
FALSO I piatti preparati durante queste feste hanno diversi scopi nutrizionali da raggiungere. Ad esempio, stimolare i ricordi di tempi passati in cui la tradizione culinaria era la normalità della tavola e non l’eccezionalità della festa per cui i piatti erano destinati a chi lavorava nei campi o faceva lavori duri e si usavano ingredienti poveri, delle combinazioni tra pasta, legumi o altro tale da soddisfare le necessità di proteine, carboidrati e grassi quest’ultimi di origine spesso animale. L’attuale trend è di ricordare i Patroni o i Santi protettori del paese offrendo dei piatti molto ricchi di condimenti grassi, spesso ipercalorici e talvolta squilibrati perchè oggi usiamo l’auto, ci muoviamo poco o consumiamo poco per lo stile di vita sedentario che adottatiamo. I piatti delle sagre devono essere invitanti, devono risvegliare il nostro Lucignolo nascosto che ci induce a provare piatti nuovi, in grandi quantità e perdendo il controllo delle calorie ingerite. A questi piatti tradizionali, oggi si aggiungono tanti “Street Food” che non fanno parte della tradizione vera e propria, ci inducono a mangiare ciò che il “saggio grillo” ci nega negli altri mesi. Tutto questo caos nutrizionale di grassi, zuccheri, bibite, alcolici è assolutamente concedibile perché è nella nostra umana imperfezione, parafrasando Umberto Eco, tendere a sbagliare ma non a perseverare. Il nostro salvagente è limitare il numero delle feste e delle sagre che ci concediamo, oppure equilibrare la scelta dei “peccati di gola” e magari aumentando le altre attività fisiche magari con belle passeggiate oppure corse in bici o a piedi. Ricordiamo che tutto ha un prezzo anche le calorie da smaltire e che camminare ci fa consumare 180 kcal per ora e andare in bici, anche piano, ne brucia circa 250 kcal per ora. Fatevi i conti e non presentate dei “pagherò calorici” invece occorre portare all’incasso dei consumi già fatti in giornata che possiamo trasformare in un piatto di pasta o un panino e una birra.