Le virtù “stupefacenti” dell’olio di canapa

OLIO DI CANAPA

Non parliamo, però, di effetti di “sballo” ma di proprietà nutrizionali tali da far considerare l’olio di canapa un vero alimento funzionale. Ne abbiamo parlato con chi le indaga da anni: la professoressa Severina Pacifico dell’Università Vanvitelli di Napoli

 

Che l’emendamento della discordia, con il quale il governo vuole vietare l’uso e la vendita di inforescenze della cannabis, a prescindere dal loro contenuto in Thc (la sostanza a effetto psicotropo) possa mettere in ginocchio un settore ricco di prospettive interessanti non lo pensano solo i diretti interessati, ossia le aziende che in questo settore avevano iniziato a investire. È preoccupazione anche degli scienziati che sul valore nutrizionale della canapa hanno speso anni di ricerche.
Tra questi c’è la professoressa Severina Pacifico del Dipartimento di Scienza e tecnologie ambientali biologiche e farmaceutiche dell’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli.
Quattro anni fa Severina Pacifico, assieme allo scomparso professore Alberto Ritieni avevano pubblicato lo studio “Chemical Analysis of Minor Bioactive Components and Cannabidiolic Acid in Commercial Hemp Seed Oil” (Analisi chimica di componenti bioattivi minori e acido cannabidiolico nell’olio di semi di canapa commerciale). A lei abbiamo chiesto nel lungo speciale in edicola sulla canapa, innanzitutto una valutazione su quanto sta accadendo a livello legislativo.
Professoressa Pacifici, al momento non è ben chiaro cosa accadrà dal punto di vista legislativo alle infiorescenze della canapa. Tanti gli appelli a salvare un settore, altrettanto forte la tendenza di alcune parti politiche di proibire l’uso della pianta senza distinzioni…
L’emendamento dovrebbe colpire solo le infiorescenze della canapa, ma in realtà dato che c’è confusione anche semantica, tutti gli altri settori, quelli della fibra e dell’alimentare, potrebbero risentirne. A ogni modo l’Italia farebbe qualche passo indietro, continuando ad associare una foglia e un fiore con un altro. I prodotti a base di canapa sono poco conosciuti, se non alla parte della popolazione più attenta alla salute, quanti cercano nel naturale il benessere perché consapevoli che l’uso di questi semi, come di altri semi edibili, possa dare benefici. Quando si fa riferimento alla canapa alimentare, insomma, chi vuole già sa che dal punto di vista nutrizionale si parla di qualcosa di prezioso.
Una piccola e parziale dimostrazione la dà anche il nostro lavoro di laboratorio che ha messo a confronto l’olio di canapa e quello di oliva…
Ho letto il vostro report ed è profondamente in connessione con quanto noi abbiamo registrato negli ultimi anni e abbiamo definito in una norma Uni assieme alla collega Tullia Gallina Toschi dell’Università di Bologna. Questo olio si caratterizza per un altissimo contenuto di acidi grassi polinsaturi che tende a raggiungere anche l’80 per cento di tutta la componente.
Ci faccia capire cosa significa.
Gli acidi grassi polinsaturi permettono e consentono alle cellule, al livello della membrana, di mantenere una buona fluidità. Basti pensare che le cellule del sistema nervoso sono quelle che ne hanno un contenuto superiore. A noi serve introdurli nella dieta, dato che sono molecole essenziali, ossia che non riusciamo a produrli se non acquisendo dei precursori, in questo caso dal regno vegetale. In particolare l’acido linoleico e quello alfalinolenico sono altamente presenti in questo olio, così come restano nella farina dopo che è stata realizzata la spremitura del frutto della canapa – quello che volgarmente è chiamato seme – per ottenere l’olio. Gli acidi grassi polinsaturi si distinguono in serie omega 6 e omega 3, due diciture che oggi troviamo anche molto vantate sulle etichette degli alimenti. Quello che è importante, però, è che il rapporto tra questi due grassi sia equilibrato, normalmente per l’olio di canapa è di 3 per gli omega 6 e 1 per gli omega 3.
Cosa vuol dire questo?
Un’alimentazione come quella che fino a qualche anno fa era molto ricca di acidi grassi omega 6 e povera di omega 3 – c’è stato un periodo che nella nostra dieta in cui il rapporto era addirittura di 20 a 1 – aumentava il rischio per la popolazione di sviluppare fenomeni infiammatori, collegati proprio agli omega 6. Un pericolo che viene controbilanciato dall’azione antinfiammatoria degli omega 3, quando in dosi sufficienti e in rapporto corretto. Con l’olio di canapa il rapporto è tale che porta a un risultato incredibile: un singolo cucchiaio al giorno sarebbe sufficiente ad assicurare un effetto benefico all’organismo.
Solo lati positivi, dunque?
Questi acidi grassi sono tanto buoni ma anche molto depauperabili: basta che prendano un po’ di luce o di calore per vederne compromessa la stabilità chimica e di conseguenza le proprietà. In virtù di questo, l’olio di canapa dovrebbe essere consumato come ingrediente a crudo, come condimento e non solo per il rapporto omega 6/omega 3
E per cosa altro?
L’olio di canapa non si limita a queste proprietà. Ci sono anche molecole che spesso non si conoscono. Che sono in quantità inferiore ma proprio per questo possono svolgere la loro azione utile. In particolare penso agli aminoacidi essenziali, che apportano una ricchezza in proteine che rappresenta una forza per il nostro sistema immunitario. L’unico aminoacido che desta un po’ di preoccupazione – ma questo è vero un po’ per quasi tutte le specie vegetali – è lisina, carente nella canapa. E poi ci sono sostanze polifenoliche della classe delle fenolammidi.
Cosa sono?
Sono molecole normalmente prodotte nei semi oleoginosi, descritte fino a qualche anno fa come prodotte solo dalle cannabacee e le solanacee (tant’è che ne è ricca anche la melanzana). Negli ultimi anni molti lavori ci hanno dimostrato che possono essere utilizzate per combattere la sindrome metabolica.
Mi pare di capire che dai suoi studi emerga l’olio di canapa come un alimento che dovrebbe essere molto più diffuso nelle nostre case…
Di certo è unico per la sua caratterizzazione. Noi sappiamo che anche l’olio di oliva può contenere molti polifenoli e abbiamo imparato a capire che quella caratteristica pungente all’assaggio di un olio appena spremuto è dovuta al suo contenuto in queste molecole. Quello che sottovalutiamo è che i polifenoli dell’olio di canapa sono completamente diversi dal punto di vista strutturale e della bioattività e ciò fa sì che nella dieta i due oli potrebbero sposarsi, utilizzandoli in modo diverso e arricchendo l’organismo in sostanze che possono difenderci da uno stress ossidativo che può produrre danni. Aggiungo una cosa: c’è un aminoacido, l’arginina, che è molto utile soprattutto a un bambino in crescita. Dunque è davvero un prodotto che “a cucchiaio” può essere consigliato a tutte le età, da quella pediatrica a quella più avanti negli anni, in cui si ha più bisogno di irrobustire il sistema immunitario.
Insomma un alimento funzionale
Quello che oggi ci viene proposto in questo senso è spesso ottenuto grazie alla lavorazione industriale. In questo caso si tratta di un prodotto pienamente naturale, ottenuto da una spremitura a freddo su un frutto con o senza decorticazione. E oltre l’olio si possono ottenere il latte di canapa o utilizzarlo per la produzione di germogli, tutti i prodotti che portano con loro la ricchezza antinfiammatoria.
Non tutti però apprezzano il gusto particolare di questo olio
È vero che ha un gusto particolare, un retrogusto di nocciola che può renderlo piacevole soprattutto se fresco. Se gli acidi polinsaturi si danneggiano, al contrario, assume subito un sapore di rancido che diventa anche sgradevole. Per questo è meglio conservarlo in bottiglia scura e soprattutto in frigorifero. Il produttore, poi, dovrebbe sforzarsi di confezionare in bottiglie quanto più piccole possibili per accelerare il consumo.
Da diversi anni lei assieme a molti altri, in primis il compianto professor Alberto Ritieni, siete protagonisti “Canapa è”, un concorso proprio su questi oli. Come si è evoluto il mercato in questo periodo?
In questi anni è stato fatto davvero tanto e noi ricercatori dobbiamo ringraziare l’avvocato Nicomede Di Michele che ha avuto un’intuizione fantastica a cui certamente ha contribuito Alberto Ritieni che l’ha subito colta e ci ha tirati a bordo di una barca che può andare a gonfie vele se ci viene consentito. Noi abbiamo cominciato lavorando come fosse olio di oliva, con analisi di base per la valutazione dell’acidità e stabilità ossidativa, con sole tre determinazioni di base. Oggi, dopo sette anni siamo arrivati a 14 analisi per valutare la qualità, la genuinità e anche l’autenticità. Quest’anno abbiamo da ultima introdotta l’analisi degli steroli che può definire il contenuto di sostanze benefiche contro l’ipercolesterolemia e individua la zona geografica in cui un olio viene prodotto.
Ora vi arrivano anche oli di origine estera, segno che il concorso funziona…
È vero. In particolare nell’ultima edizione il primo premio è andato a un olio dalla Lettonia e il terzo premio è andato a un francese. Questo ci dice che noi italiani dobbiamo lavorare molto sulla qualità ma rispetto a 7 anni fa, quando trovavamo oli con acidità di 14-18% (che non potevano essere consumati, dunque, anche perché dannosi per la salute) di strada se ne è fatta davvero tanta anche da noi. Oggi la gran parte dei campioni che analizziamo ha un valore di gran lunga inferiore al 2%. Una dimostrazione del buon lavoro fatto dai produttori sul processo estrattivo e sulla temperatura oltre che sulla pulizia e sulla raccolta.
In alcuni paesi c’è la possibilità di consumare anche le foglie in infuso. Con gli stessi benefici?
Sicuramente hanno un minor contenuto di acidi grassi polinsaturi, molto più abbondanti nel seme per assicurare la futura crescita alla pianta, ma nelle foglie ci sono polifenoli e precannabinoidi in una concentrazione superiore.
Tornando al seme e alla sua spremitura, nelle vostre analisi avete trovato quantità di Thc superiori a quelle previste?
Solo una volta, tre anni fa, un olio aveva una quantità di Thc quasi tre volte superiore a quello che è il limite indicato dalla normativa europea. Ovviamente lo abbiamo eliminato dal concorso.
Dunque possiamo tranquillizzare i lettori: con l’olio di canapa non ci si sballa?
No, per niente.