Annegamento, ecco come ridurre i rischi per i bambini

Ogni anno in Italia circa 40 bambini muoiono per annegamento e tanti altri vengono ricoverati in condizioni gravi. Gli esperti dell’Ospedale Bambino Gesù forniscono le indicazioni per ridurre al minimo i rischi legati al fenomeno

Ogni anno in Italia circa 40 bambini muoiono per annegamento e tanti altri vengono ricoverati in condizioni gravi per lo stesso motivo. Presso i pronto soccorso del Bambino Gesù negli ultimi 10 anni sono arrivati circa 80 bambini e ragazzi vittime di incidenti di balneazione. In vista della giornata mondiale per la prevenzione dell’annegamento istituita dalle Nazioni Unite il 25 luglio, gli esperti dell’Ospedale forniscono le indicazioni per ridurre al minimo i rischi legati a questo fenomeno.  “Sorveglianza, prevenzione e rispetto delle regole sono i 3 fattori più importanti per evitare pericolosi incidenti” spiega il dottor Sebastian Cristaldi, responsabile del DEA II Livello del nosocomio romano.

I numeri dell’annegamento

Secondo i dati sulle cause di mortalità pubblicati dall’Istat, in 10 anni in Italia sono morte 3.760 persone per annegamento, e di questi 429 erano bambini e ragazzi. Secondo il rapporto pubblicato dall’Osservatorio dell’Istituto Superiore di Sanità, ogni anno in Italia si registrano 800 ospedalizzazioni per annegamento, circa 60.000 salvataggi (solo sulle spiagge) e più di 600.000 interventi di prevenzione da parte dei bagnini.

Presso i pronto soccorso delle sedi del Gianicolo e di Palidoro dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù negli ultimi 10 anni (2014-2023) ci sono stati 76 accessi per annegamento non fatale. Di questi, 69 hanno poi richiesto un ricovero urgente. Quasi la metà degli accessi (36 su 76) sono avvenuti negli ultimi 3 anni.

I tre fattori chiave sono prevenzione, sorveglianza e rispetto delle regole

La prevenzione rappresenta la prima regola a cui attenersi per ridurre drasticamente il rischio di annegamento di bambini e ragazzi. Attenzione dunque agli accessi in acqua non controllati, che si possono ridurre attraverso il corretto utilizzo di barriere fisiche e chiudendo porte e cancelli che portano direttamente al mare o in piscina. Controllare la temperatura dell’acqua è un altro aspetto della di prevenzione: l’acqua del mare e della piscina non deve essere troppo fredda poiché può causare episodi di vasocostrizione e aumentare il rischio di malori o mancamenti. Importante poi è l’uso di braccioli e ciambelle che aiutino i bambini a restare a galla. Ancora più importante è far prendere familiarità con l’acqua ai bambini fin dai 6 mesi di vita.

Cristaldi ricorda che “la forma di prevenzione più efficace quando si parla di bambini resta la sorveglianza che non vuol dire solo non perdere mai d’occhio i bambini quando sono vicini o dentro l’acqua, ma anche stargli vicini in modo da poter intervenire tempestivamente in caso di imprevisti – spiega Cristaldi – Basta un minuto di distrazione, come una breve telefonata al cellulare, per perdere di vista il bambino che, immergendosi, non riesce a chiedere aiuto”.

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Nei primi 3 anni di vita un bambino può trovarsi in difficoltà anche in pochi cm d’acqua, come quelli di una vasca da bagno o di una piccola piscina gonfiabile. Almeno fino a 5-6 anni di vita, al mare o in piscina, deve esserci sempre la presenza del genitore in acqua. Anche i bambini più grandi non debbono comunque essere persi di vista perché possono essere trascinati sott’acqua da un’onda o da una risacca.

Un altro elemento molto importante è il rispetto delle regole, che comincia proprio dagli adulti. Tutti, infatti, dobbiamo ricordare che non si può fare il bagno ovunque ci sia l’acqua, ma ci sono delle regole indicate da apposite segnaletiche che vietano la balneazione in determinati posti. Il rispetto della segnaletica è fondamentale e sarebbe importante che la cartellonistica sia immediatamente comprensibile anche i bambini più piccoli e anche da un punto di vista stilistico e cromatico.

Cosa fare in caso di annegamento

Se si verifica un episodio di annegamento, è fondamentale intervenire con prontezza, lanciando in acqua qualsiasi oggetto galleggiante a cui il bambino possa aggrapparsi. Il soccorso in acqua va fatto da abili nuotatori, perché diversamente si metterebbe in pericolo anche la stessa vita del soccorritore.
Una volta che si è riusciti a portare il bambino a riva, se le condizioni generali sono buone può essere messo in posizione seduta e invitato a tossire. Se invece ha segni di asfissia, bisogna chiedere aiuto a qualcuno in grado di liberargli prontamente le vie respiratorie da qualunque cosa possa ostruirle (vomito, sabbia o alghe), effettuando anche, se necessario, la respirazione bocca a bocca.
Se il bambino non si riprende, è privo di coscienza, non respira o non si riesce a sentirne il polso, bisogna immediatamente chiedere l’intervento di persone professionalmente qualificate e in grado di praticare le necessarie manovre di rianimazione cardiopolmonare.