Formaggi spalmabili: latte panna e…

FORMAGGIO SPALMABILE

Sono pratici e versatili, ma i formaggi spalmabili non sono tutti uguali. Nel nostro viaggio sugli scaffali abbiamo trovato prodotti con più o meno grassi, zuccheri e additivi. E, a sorpresa, cambiando “taglia” variano anche i valori nutrizionali

 

Che sia per farcire un panino, mantecare un risotto, preparare una cheesecake o semplicemente per la voglia di assaporarli al cucchiaio, i formaggi spalmabili sono una pratica e gustosa soluzione; un ingrediente versatile e sempre disponibile per la loro relativamente lunga scadenza.

Scadenza lunga

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto la vita di un formaggio spalmabile dipende innanzitutto dalla sua natura commerciale, ossia se si tratta di un preconfezionato o di un preincartato. Un formaggio preincartato è quello che nel banco gastronomia del

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supermercato viene porzionato dall’operatore e posto poi nell’incarto o nel contenitore di plastica. In questo caso il prodotto va consumato fino a un massimo 2-3 settimane a secondo del tipo. Nel caso invece di un preconfezionato la scadenza è molto più lunga; per il famoso Philadelphia, ad esempio, la Mondelez nella scheda tecnica dichiara 104 giorni (più di 3 mesi). Sulla confezione è riportata peraltro la dicitura “consumarsi preferibilmente entro”, quindi questo tempo può essere anche leggermente maggiore. Una volta aperto, però, lo spalmabile confezionato, ha una vita di una settimana, continuando sempre a tenerlo in frigo.

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Come è prodotto uno spalmabile?

Come è prodotto tecnologicamente un formaggio spalmabile? A differenza di un formaggio a pasta filata o di uno stagionato, la cagliata drenata dal siero viene addizionata di panna che conferisce la consistenza cremosa e untuosa, quindi spalmabile. Questa particolare consistenza è ottenuta anche da processi fermentativi derivanti dall’attività dei fermenti lattici aggiunti.
Quindi per sintetizzare abbiamo, latte, panna e fermenti lattici; ma bastano soltanto questi ingredienti per produrre un formaggio spalmabile?
In alcune referenze sì, come nel caso del Quick della Prealpi, ma per la maggior parte dei prodotti famosi è necessario l’utilizzo di additivi per ottenere una consistenza gradita al consumatore e una buona spalmabilità.

I rischi degli addensanti

Nello spalmabile Exquisa Classico troviamo la farina di semi di guar come addensante; nel formaggio fresco Alpina, la farina di semi di carrube e la carragenina; nell’Alimentum a marchio Conad, l’alginato di sodio e la farina di semi di carrube e infine nel famoso Philadelphia troviamo la farina di semi di carrube, l’alginato di sodio e la carragenina.
Tutti questi addensanti, ritrovabili in etichetta anche con i loro codici (E412, E410, E407, E401) sono sostanze consentite dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ma se assunte quotidianamente e in discrete quantità possono creare fastidi al tratto intestinale, causando disbiosi del microbiota, meteorismo e alterazione del transito. Senza contare che sulla carragenina si sono appuntati sospetti un po’ più seri nel recente studio dell’Università della Sorbona che ha ipotizzato un rischio cancro. Non mancano le versioni senza lattosio: praticamente uguali alle convenzionali, con la differenza che il latte in ingresso viene pretrattato con enzimi che tagliano il lattosio, dividendolo in glucosio e galattosio.

E gli spalmabili light?

Molto diffuse, come avviene per tanti alimenti, le versioni “light”. Facciamo sempre attenzione perché non sono sempre varianti più dietetiche: “light” si riferisce al grasso e capita spesso che tali referenze abbiano più zuccheri.
Il Philadelphia classico ad esempio a fronte di 25 grammi di grassi per 100 di prodotto contiene 2,9 grammi di zuccheri; il corrispondente Philadelphia light invece a fronte di 13 grammi di grasso arriva a 4 grammi di zuccheri.
Il quantitativo di zuccheri aumenta a 4,2 grammi nella versione “con Yogurt alla Greca” (dove lo spalmabile classico è addizionato di proteine del latte), fino a 4,9 grammi nella versione “protein” dove però i grassi scendono a 2,5 grammi; in questa versione sicuramente è presente più addensante per ottenere la cremosità vista la ridotta presenza di materia grassa.

Dal proteico al vegano

A proposito di versioni proteiche, notiamo che nell’Exquisa HighPro c’è proprio il saccarosio tra gli ingredienti, non si tratta quindi solo dello zucchero naturalmente presente nel latte. Attenzione al formato commerciale, perché a parità di versione variano i valori nutrizionali: il quantitativo massimo di zuccheri che troviamo è 5,1 grammi per 100 g di prodotto classico nella versione Philadelphia Mini (rispetto ai 2,9 grammi per 100 g della vaschetta normale).
La variante vegana del Philadelphia invece sembra davvero più “light”: gli zuccheri si attestano a 0,8 grammi rispetto ai 2,9 della convenzionale; il tenore in grassi è pressoché simile (25 g di cui 16 g saturi nel classico contro 21 g di cui 17 g saturi nel vegetale). I grassi del Philadelphia vegetale pur non essendo di origine animale sono comunque prevalentemente saturi poiché tra gli ingredienti c’è l’olio di cocco.
Infine non mancano le versioni caprine dei formaggi spalmabili. Ne esistono con solo latte di capra, come lo spalmabile di Stella Bianca o di Primia, ma ce ne sono altre in cui il latte di capra costituisce solo il 5% della materia prima, come il caso dell’Exquisa “alla Capra”; stiano attenti quindi gli allergici alle proteine del latte vaccino perché sul frontespizio della confezione c’è scritto solo “Exquisa, il Fresco C0remoso alla Capra”.