Un produttore di miele di Gorizia scrive al Salvagente: “Ho fatto analizzare il mio prodotto e vi ho trovato il doppio di glifosato consentito per legge. Qui vicino producono vini di alto livello e temo che l’utilizzo del pesticida sia eccessivo”.
“Sono un apicoltore hobbysta del Friuli, provincia di Gorizia, per la precisione. Ne producono una cinquantina di chili l’anno, per uso familiare, non lo vendo” scrive così al Salvagente Antonio (nome di fantasia perché preferisce rimanere anonimo), che racconta la sua storia: “Dopo dieci anni ho deciso di togliermi questo aspetto e di far analizzare il miele, trovando 0.095 mg/kg di glifosato, analisi da laboratorio certificato alla mano. Quasi il doppio del consentito”.
La quantità di glifosato rilevata: quasi il doppio della soglia massima consentita
E infatti, secondo la normativa Ue, i residui massimi rilevabili consentiti di glifosato sul miele corrispondono a 0,05 mg/kg, non proprio la metà dei residui ritrovati nel miele di Antonio, ma quasi. “Se uno dovesse vendere questo miele non potrebbe assolutamente perché siamo oltre i limiti abbondantemente – ragiona Antonio – io oltre a non usare sostanze chimiche sulle arnie non ne uso sulle piante del mio terreno” .
I vicini campi coltivati per produrre vini di pregio
Antonio ha infatti un terreno di circa 3mila metri, con olivi, alberi da frutto, e appunto quattro alveari. “Le arnie sono confinanti a una decina di metri con altri terreni agricoli. Però il problema è che in provincia di Gorizia, in particolare dove ho io gli alveari, la cultura prevalente è il vigneto. e io noto che viene fatto uso e abuso del glifosato soprattutto nel sottofilare. I filari sono tutti gialli di erba bruciata. Io penso che le buttino in primavera”. Il miele portato ad analizzare l’altro anno era un miele millefiori che quindi è stato bottinato (termine con cui si intende l’attività di raccolta di nettare) dalle api da aprile a giugno. “Attorno ci sono le vigne di aziende vitivinicole che producono vini che vengono venduti nei migliori ristoranti del mondo”.
“Sono sconvolto, il mio miele lo do da anni al mio nipotino”
“Una cosa che mi ha smosso per fare questa analisi è stato il fatto che Io ho sempre dato questo miele a mio nipote che adesso ha 7 anni. Dai primi anni, da sua nascita, ne andava ghiotto e gliel’ho sempre dato con grandissima soddisfazione. Scoprire questa cosa mi ha sconvolto, devo dire la verità ”.
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Le risposte del Consorzio apicultori e dell’Arpa
Antonio preferisce non affrontare direttamente i produttori vicini di casa: “avevo timore di inimicarmeli. Il nostro è un paesino piccolo, ci si conosce in tutti”. Dunque si è rivolto al consorzio di apicultori a cui è iscritto, all’Arpa e alla Asl. “I primi mi hanno risposto un po’ minimizzando, sostenendo che probabilmente qualche vicino di casa aveva ecceduto in maniera casuale con il glifosato magari per le erbacce della sua casa. Ma le api si muovono in un area di 3 km per la bottinatura, mi sembra improbabile uno scenario del genere”, spiega Antonio, “Invece dall’Arpa, mi hanno risposto dicendo che purtroppo erano consapevoli del problema perché anni fa sono stati fatti anche delle analisi in provincia di Udine e hanno trovato tanti campioni inquinati dal glifosato. Praticamente, poi, mi hanno consigliato di spostare le arnie oppure cercare di produrre quando ci sono le fioriture di acacia o di tiglio che sono fiori che si trovano sugli alberi e che quindi dovrebbero essere più in alto rispetto al glifosate”.
La visita dell’Asl
La Asl, dal canto suo, ha mandato del personale nel terreno di Antonio a fare dei rilievi fotografici sulle arnie, e misurando le distanze dalle coltivazioni vicine.
Il problema a monte
“Ho avuto anche timore a denunciare, a spargere troppo la voce, anche perché ho paura di danneggiare gli apicoltori della zona, perché se ci viene fuori che il miele prodotto in questa zona è contaminato….” dice Antonio che però si è deciso a rivolgersi anche al Salvagente perché è consapevole che il problema è a monte: “il glifosato non dovrebbe finire nel miele”.