Pfas in Piemonte, il report di Greenpeace: contaminazione acque potabili non solo a Spinetta Marengo ma anche a Torino

pfas

Un nuovo rapporto pubblicato da Greenpeace Italia, basato su dati ufficiali degli enti pubblici dimostra come la contaminazione da Pfas nelle acque potabili del Piemonte non interessi solo l’alessandrino, dove si trova il polo chimico di Spinetta Marengo, ma anche Torino e provincia.

Dopo la Lombardia, un nuovo rapporto pubblicato da Greenpeace Italia, basato su dati ufficiali degli enti pubblici dimostra come la contaminazione da Pfas nelle acque potabili del Piemonte non interessi solo l’alessandrino, dove si trova il polo chimico di Spinetta Marengo, ma anche Torino e provincia.

Secondo una stima realizzata da Greenpeace Italia, nella regione Piemonte circa 125 mila persone potrebbero aver bevuto acqua contaminata da Pfoa, una molecola del gruppo dei Pfas classificata come cancerogena per gli esseri umani. In Piemonte ha sede l’unica produzione ancora attiva di questi composti in Italia, il polo chimico di Solvay Specialty Polymers a Spinetta Marengo, nel comune di Alessandria. “Si tratta di uno stabilimento che, secondo lo studio Perforce del 2007, coordinato dall’Università di Stoccolma, già allora era ritenuto la principale fonte di Pfoa nel bacino del Po” spiega Greenpeace Italia, “L’azienda rilascia da decenni nell’ambiente ingenti quantità di sostanze pericolose, non solo attraverso le acque reflue, ma, come rivelano dati recenti di Arpa Piemonte, anche in atmosfera”.

“Situazione grave”

Oltre ai dati ottenuti dagli enti pubblici, Greenpeace Italia ha effettuato dei campionamenti indipendenti che hanno evidenziato la presenza di Pfas anche in aree non ancora monitorate. In particolare, nel comune di Galliate, nel novarese, l’organizzazione ambientalista ha trovato concentrazioni di Pfos (una molecola del gruppo dei Pfas classificata come possibile cancerogeno per gli esseri umani) che in altre nazioni non sono ritenute sicure per la salute umana. A ciò si aggiunge l’inquinamento diffuso non solo nell’alessandrino ma anche nell’acqua potabile di decine di comuni della città metropolitana di Torino. Secondo l’associazione ambientalista, “una situazione grave” che denota come in alcune zone del Piemonte questo tipo di inquinamento non sia ancora riconosciuto né tantomeno possa essere considerato sotto controllo.

Leggi il rapporto

Consulta la mappa con i dati relativi al Piemonte

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Solo 10 enti hanno risposto positivamente alla richiesta di accesso agli atti

A fine luglio 2023 sono state inviate 43 richieste alle otto ASL regionali, alla direzione generale di Regione Piemonte, ai 29 gestori del servizio idrico integrato e a cinque comuni che gestiscono autonomamente la propria rete potabile. Solo 10 enti – pari al 23% del totale – hanno risposto positivamente al Foia di Greenpeace Italia inoltrando copia delle analisi effettuate; 10 tra comuni ed enti non hanno risposto (23,2%); 11 tra Asl e gestori (25,5%) hanno giustificato l’assenza di dati col fatto che la direttiva europea entrerà in vigore solo nei prossimi anni; 8 tra Asl e gestori (18,6%) hanno spiegato che non sono già in vigore leggi che impongono dei limiti alla presenza di PFAS nelle acque potabili; due gestori (4,6%) hanno infine comunicato come la ragione dei mancati controlli fosse riconducibile a una specifica richiesta di Arpa Piemonte di non ricercare i PFAS nell’acqua potabile (per ulteriori dettagli si veda l’appendice).

Pfas nella metà dei campioni

Dei 671 campioni di acqua a uso potabile di cui gli enti locali piemontesi hanno condiviso i dati con Greenpeace Italia – analizzati tra il 2019 e il 2023 – nel 51% è stata riscontrata la presenza di PFAS, con le maggiori positività riscontrate nella provincia di Alessandria.

L’area dove il Pfoa è sempre presente

In questa area cinque comuni, ubicati lungo il fiume Scrivia, hanno evidenziato la presenza degli inquinanti in tutti i prelievi effettuati in questi anni: Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Tortona. Infatti, nei 24 campioni raccolti in queste località è sempre stato trovato il Pfoa, il Pfas noto per essere cancerogeno, in concentrazioni variabili e comprese tra 19 e 190 nanogrammi per litro. Sempre nell’alessandrino le concentrazioni maggiori sono state rilevate a Montecastello nel maggio del 2020, con 470 nanogrammi per litro per la somma di Pfas. In questo comune il sindaco, dopo aver ricevuto un’allerta sia da Arpa Alessandria che dal gestore idrico Amag, è intervenuto chiudendo il pozzo contaminato e tutelando così la salute pubblica. Non risulta che nei comuni di Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Tortona, dove pure sono stati rilevati elevati valori di contaminazione da Pfas, siano stati assunti provvedimenti per fermare l’erogazione di acqua contaminata e tutelare così la salute pubblica.

Solvay e Spinetta Marengo

In Piemonte ha sede l’unica produzione ancora attiva di questi composti in Italia, il polo chimico di Solvay Specialty Polymers a Spinetta Marengo, nel comune di Alessandria. Si tratta di uno stabilimento che è noto da tempo per essere la principale fonte di contaminazione del bacino del Po. Nel marzo 2007, il Michael MacLachlan, firmatario dello studio Perforce mirato a ricercare la presenza di Pfoa (acido perfluoroottanoico) nei principali fiumi europei, scriveva infatti a Giuseppe Malinverno, allora dirigente Solvay: “Basandoci sulla nostra conoscenza del Pfoa come produzione e utilizzo, riteniamo Solvay Solexis la principale fonte di emissione di Pfoa nel fiume Po. Vi esortiamo ad indagare”. Ipotesi poi confermate da numerosi studi e ricerche successive. l’azienda rilascia da decenni nell’ambiente ingenti quantità di sostanze pericolose. Non solo attraverso le acque reflue, ma anche in atmosfera come rivelano i dati recenti di ARPA Piemonte[1]: l’autorità regionale ha rilevato una deposizione al suolo fino a migliaia di nanogrammi per metro quadrato al giorno di C6O4 o cC6O4, una molecola di nuova generazione, nella strada principale del quartiere di Spinetta Marengo.

Torino e provincia

Dall’analisi dei dati condivisi dal gruppo Società Metropolitana Acque Torino (SMAT) che gestisce la rete idrica di 291 comuni della città metropolitana di Torino, emerge la presenza di PFAS in 77 comuni, il 26,5% del totale. Nello specifico, per la città metropolitana di Torino il 45% dei campioni è risultato positivo alla presenza di PFAS. Per le altre province piemontesi, invece, la situazione non è ricostruibile poiché gli enti pubblici, inclusi i gestori, non hanno effettuato analisi. Per il gestore SMAT, che gestisce il 95% della rete idrica della provincia di Torino, i dati
consegnati a Greenpeace Italia indicano la presenza di un Pfas specifico, il cC6O4 o
C6O4 brevettato e prodotto unicamente da Solvay Specialty Polymers di Alessandria in Italia (si veda l’appendice per ulteriori dettagli). Quattordici comuni (Agliè, Avigliana, Baldissero Canavese, Bardonecchia, Bruino, Caprie, Cintano, Pavone Canavese, Pinerolo, San Maurizio Canavese, Susa, Torino, Venaus, Villar Focchiardo) presentano valori del solo Pfas prodotto dalla multinazionale belga, con un picco di 66 nanogrammi per litro a
Cintano, a pochi chilometri da Ivrea. Colpisce la presenza non irrilevante di cC604 a Bardonecchia, comune situato a circa 1.300 metri d’altezza. Per quanto riguarda il Pfoa, noto cancerogeno, la presenza è stata accertata in decine di comuni. Il valore più elevato è stato riscontrato da Smat il 29 marzo 2023: 96 nanogrammi per litro nella rete potabile della frazione Madonna della Losa nel comune di Gravere, a oltre mille metri di altitudine.

I prelievi alle fontanelle

Parallelamente alla richiesta dei dati agli enti pubblici, Greenpeace Italia ha raccolto 15 campioni di acqua potabile nelle otto province piemontesi (per ulteriori dettagli si veda l’appendice), per la maggior parte da fontane pubbliche di parchi giochi, “punti sensibili” considerato che i minori potenzialmente esposti alla contaminazione sono soggetti particolarmente a rischio. Le analisi – eseguite da un laboratorio indipendente accreditato – hanno evidenziato la presenza di PFAS in 5 campioni su 15, ovvero 1 ogni 3. Per i tre comuni che insistono sul fiume Scrivia gli esiti hanno confermato i dati degli enti pubblici per quanto concerne la presenza di Pfoa: 120 nanogrammi per litro ad Alzano Scrivia (AL), 73 nanogrammi per litro a Castelnuovo Scrivia (AL), 70 nanogrammi per litro a Guazzora (AL). Anche a Tortona (AL), sono stati misurati 19 nanogrammi per litro di PFOA in un rubinetto destinato ai clienti in una stazione di servizio. Nel quinto campione positivo, prelevato nel comune di Galliate in provincia di Novara, sono stati trovati 12 nanogrammi per litro di Pfos.

Ungherese (Greenpeace): Inquinamento più esteso di quanto pensassimo

Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, spiega: “Per anni si è ritenuto che la contaminazione da Pfas in Italia interessasse solo il Veneto o la zona dell’alessandrino in Piemonte, aree che hanno ospitato od ospitano tuttora stabilimenti industriali dedicati alla produzione di queste pericolose molecole. Purtroppo, però, l’inquinamento da Pfas è molto più esteso. Già nei mesi scorsi abbiamo dimostrato come il problema riguardi anche molte aree della Lombardia. Oggi siamo costretti a denunciare che anche in Piemonte ci sono altre zone in cui il problema è rilevante e interessa decine di migliaia di persone”.

L’appello alle istituzioni

Il responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia chiede “alle istituzioni locali un’operazione di trasparenza per mettere al corrente la cittadinanza di tutti i dati in proprio possesso sulla contaminazione da Pfas e, parallelamente, di intervenire con urgenza sulle fonti inquinanti. Viste le numerose evidenze scientifiche sulla pericolosità per la salute umana di queste sostanze anche a basse concentrazioni, chiediamo al governo, ai ministeri e al parlamento un bando dell’uso e della produzione dei Pfas. Abbiamo tutte e tutti diritto di bere acqua pulita e priva di Pfas. È compito delle istituzioni fare in modo che ciò accada”.

Le scelte discutibili del Piemonte

Peraltro la Regione Piemonte pur avendo limitato, ma non azzerato, la presenza di Pfas negli scarichi industriali con la legge 25/2021, secondo Greenpeace, “si è resa protagonista di scelte molto discutibili: tramite il suo braccio operativo (Arpa) ha, almeno in un caso, indicato agli altri enti pubblici di non eseguire analisi per ricercare la presenza dei temuti inquinanti nelle acque potabili”.

Il cambio di fonte di approvvigionamento dopo la richiesta di Greenpeace

Inoltre, i dati degli esiti analitici consegnati dall’Asl di Alessandria a Greenpeace Italia per i quattro comuni sul fiume Scrivia (Alzano Scrivia, Guazzora, Isola Sant’Antonio e Molino dei Torti) sono peraltro corredati da una nota che spiega come “dal 7 agosto 2023 la rete idrica è stata posta sotto alimentazione proveniente dalla galleria filtrante di Tortona” un comune in cui, seppur con valori inferiori, i Pfas (e nello specifico il Pfoa) vengono abitualmente rinvenuti. “Sembra una coincidenza incredibile che il cambio di fonte di approvvigionamento sia stato messo in atto solo 9 giorni dopo la richiesta di Greenpeace Italia di prendere visione delle indagini effettuate sulle acque potabili. Perché la Asl è intervenuta così tardi e con tempi differenti rispetto a Montecastello visto che la contaminazione, anche nei comuni dello Scrivia, era nota da almeno tre anni? Inoltre per quale ragione si continua a non intervenire a Castelnuovo Scrivia, comune le cui acque potabili presentavano, lo scorso aprile 2023, una contaminazione pari a 60 nanogrammi per litro di Pfoa?” scrive Greenpeace.

Dove si trovano i Pfas

I Pfas sono un ampio gruppo di migliaia di sostanze chimiche di sintesi prodotte dalle industrie, ancora oggi ampiamente usate perché in Italia non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo. Introdotti sul mercato globale nel secolo scorso, hanno trovato ampia applicazione perché idrorepellenti, stabili e resistenti alle alte temperature. Una volta dispersi in natura, possono rimanere nell’ambiente per tantissimo tempo, al punto da essere chiamati “inquinanti eterni”.