Verdure coltivate verticalmente: sono buone come quelle bio?

VERTICAL FARMING VERDURE COLTIVATE VERTICALMENTE

Uno studio di ricercatori danesi e neozelandesi dimostra che le verdure coltivate verticalmente non hanno differenze di gusto rispetto a quelle bio cresciute in campi aperti. La ricerca ha coinvolto 190 consumatori danesi in degustazioni alla cieca

Le verdure coltivate verticalmente hanno lo stesso sapore delle loro concorrenti biologiche cresciute in campi aperti. È il risultato di uno studio scientifico condotto da ricercatori danesi e neozelandesi. Per sfatare lo scetticismo dei consumatori riguardo al gusto delle verdure coltivate in ambienti controllati, i ricercatori hanno chiesto a 190 consumatori danesi di degustare alla cieca e valutare verdure come rucola, spinaci baby, germogli di piselli, basilico e prezzemolo, coltivate sia verticalmente che organicamente.

Biologico vs vertical farm

I risultati, considerati i primi del genere, hanno dimostrato che le verdure biologiche hanno ottenuto una striminzita vittoria, suggerendo che i consumatori gradiscano quasi altrettanto le varietà coltivate verticalmente. La rucola, gli spinaci baby e il basilico hanno mostrato così poche differenze tra le due coltivazioni che è stato difficile determinare un vincitore. I germogli di piselli sono stati testati due volte, e in una delle prove la variante coltivata verticalmente è risultata superiore, mentre nell’altra è stata la variante biologica a primeggiare. L’unico vincitore inequivocabile è stato il prezzemolo biologico.

Bom Frøst: “Gusto eccezionale delle verdure coltivate verticalmente”

“Per quanto riguarda il gusto, certamente non abbiamo motivo di essere scettici. I partecipanti ritengono che le piante cresciute verticalmente abbiano lo stesso ottimo sapore di quelle che consideriamo le migliori, ovvero le biologiche,” ha dichiarato il professore associato Michael Bom Frøst, uno degli autori dello studio.

Verdure coltivate verticalmente e pregiudizi

Questo studio sfata i pregiudizi dei consumatori e suggerisce che, una volta assaggiate, le differenze di gusto sono trascurabili. Una scoperta che potrebbe rivoluzionare l’industria delle coltivazioni verticali, affrontando sfide come la redditività e la sostenibilità ambientale.

Sara Jaeger: una prospettiva per il futuro sostenibile

La ricercatrice Sara Jaeger, autrice principale dello studio, ha indicato che questi risultati aprono la strada a una più ampia adozione della coltivazione verticale. “La sicurezza alimentare, l’azione contro il cambiamento climatico e la protezione della biodiversità stanno prendendo una direzione sbagliata. Il nostro sistema alimentare è incredibilmente centrale per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile,” ha aggiunto Jaeger.

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Sfide e opportunità per la coltivazione verticale

Nonostante le promesse di una nutrizione sostenibile, il settore della coltivazione verticale affronta ancora ostacoli significativi, come l’aumento dei costi energetici, che ha portato diverse aziende a chiudere o ristrutturare le proprie operazioni. Tuttavia, con i risultati di questo studio, potrebbe esserci un cambiamento nelle percezioni dei consumatori, aprendo la strada a un futuro più verde e sostenibile per l’agricoltura. Scopri di più su come le verdure coltivate verticalmente possono trasformare il nostro approccio all’alimentazione sana e sostenibile!

Cos’è il vertical farming

Ma cos’è? Il termine vertical farming fa riferimento al concetto di agricoltura o coltivazione verticale che, rispetto alle modalità agricole tradizionali, prevede la realizzazione di colture su strutture a strati sovrapposti. Ciò riduce l’estensione delle coltivazioni attraverso l’utilizzo dello spazio verticale. Questa rientra nell’ambito delle agricolture hi-tech, dato che non si consuma suolo e vengono impiegate tecniche come l’agricoltura idroponica. L’approccio è lo stesso dell’agricoltura biologica, che punta all’eliminazione degli inquinanti nocivi per la salute e l’ambiente, utilizzando al loro posto nutrienti naturali.

Un po’ di storia

La vertical farming nasce nel 1999 ad opera di un professore della Columbia University, Dickson Despommier. L’uomo aveva progettato, in collaborazione con i suoi studenti, una coltura che potesse soddisfare il fabbisogno alimentare di circa 50mila persone. Il progetto non venne mai realizzato ma fece emergere l’idea di vertical farming, successivamente ampliata grazie all’avvento delle nuove tecnologie. Il primo progetto fu realizzato nel 2009 nel Regno Unito: si trattava di una coltura urbana che mirava alla produzione di cibo per animali, al contempo sensibilizzando rispetto alla possibilità di risparmiare suolo e realizzare un’agricoltura attenta al mantenimento della biodiversità. Il paese in cui attualmente il modello è più sviluppato è l’Olanda, probabilmente anche in ragione del fatto che il clima è poco favorevole alle coltivazioni agricole tradizionali e che sono presenti diverse specie autoctone.

Il primo tentativo in Italia

In quanto all’Italia, la prima azienda nasce a Milano in occasione di Expo 2015, con il nome di “Skyland”. Secondo quanto stimato, la produzione di questa coltura riuscirebbe a soddisfare il fabbisogno di circa 25mila persone. Secondo il progetto, l’azienda dovrebbe riutilizzare un vecchio centro commerciale all’interno del quale verrà adibita un’area per la vendita dei prodotti, e un’altra per le colture in vertical farming. Quest’ultima dovrebbe occupare la porzione superiore dell’edificio, essere suddivisa in 30 piani e raggiungere una superficie totale di 10 ettari. Una vertical farm attualmente presente in Italia e simbolo di questo modello si trova a Sfera di Gavorrano, nei dintorni di Grosseto. Si tratta di una serra idroponica di 13 ettari che garantisce una riduzione del consumo idrico dell’80-90%, nonché una produttività 15 volte superiore rispetto alle coltivazioni convenzionali. Anche in Puglia si è iniziato a produrre pomodori tramite coltivazioni verticali: l’azienda Lapietra di Monopoli ha ottenuto, dopo 5 anni di lavoro, una produzione agricola a residui zero e senza nichel.

Le diverse tipologie

Esistono due categorie principali di vertical farming: quelli più diffusi sono realizzati su più livelli, mentre i secondi prevedono che le piante siano coltivate su una superficie verticale senza sviluppo orizzontale. Parliamo di:

  • sistemi orizzontali sovrapposti, riferendoci a coltivazioni realizzate all’interno di strutture ad ambiente controllato, in cui parametri come umidità e temperatura sono costantemente monitorati. Spesso la luce viene fornita tramite fonti rinnovabili; molte di queste colture utilizzano sistemi di coltivazione idroponica, che fornisce una matrice per le radici delle piante alternativa al suolo;
  • le pareti verdi sono piattaforme in crescita verticale o inclinate, situate in luoghi come le facciate degli edifici. I limiti principali riguardano il mantenimento di un costante e omogeneo approvvigionamento di acqua lungo tutta la parete, oltre che un’adeguata esposizione alla luce solare;
  • deep farm, cioè strutture create all’interno di tunnel abbandonati sotterranei, in cui l’umidità è costante e adeguata alle colture. Sono utili per il risparmio dell’approvvigionamento di acqua, dato che spesso vengono costruite vicino a falde acquifere.

Tecniche

In quanto alle tecniche, queste sono invece principalmente tre: metodo aeroponico, idroponico e acquaponico:

  • l’aeroponica è un approccio alternativo al vertical farming, in cui le radici sono annaffiate con una soluzione nutritiva; spesso vengono utilizzate luci Led a basso consumo energetico per rendere possibile il processo di fotosintesi. Il vantaggio principale di questa tecnica è il ridotto consumo di acqua, accompagnato ad una crescita efficiente e veloce delle piante;
  • il metodo idroponico: la terra viene sostituita con substrati di diverso genere, come fibra di cocco, lana di roccia o argilla. I nutrienti vengono forniti attraverso le radici, in cui viene somministrato vapore acqueo misto a minerali. Nel caso del vertical farming, probabilmente questo è il metodo più utilizzato per via dei bassi costi iniziali;
  • il metodo acquaponico prevede che l’allevamento ittico si combini con la vertical farming. In particolare, per le colture viene utilizzata l’acqua di scarico degli allevamenti di pesci e crostacei.