Crema spalmabile con ingredienti locali, l’invenzione dei ricercatori di Napoli per combattere la malnutrizione in Africa

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Vincenzo Armini è un ricercatore dell’Università Federico II di Napoli, insieme al suo team ha sviluppato una crema spalmabile equilibrata dal punto di vista nutrizionale, pensata per essere facilmente replicabile con prodotti locali in vaste aree dell’Africa in cui è forte la malnutrizione dei bambini.

 

Vincenzo Armini è un ricercatore dell’Università Federico II di Napoli, insieme al suo team ha sviluppato una crema spalmabile equilibrata dal punto di vista nutrizionale, pensata per essere facilmente replicabile con prodotti locali in vaste aree dell’Africa in cui è forte la malnutrizione dei bambini.

Armini, ci racconti cosa avete messo a punto.
Attualmente, la nostra è un’organizzazione di volontariato che si chiama Nutriafrica Odv. Ci sarà una conversione da organizzazione di volontariato a startup, Africa for Community Transformation. Attualmente la startup non è ancora nata, quando nascerà si chiameranno in Tria, Africa for Community Transformation. Questa realtà nasce a partire da il mio percorso universitario già dai tempi della triennale, per poi passare alla magistrale e poi successivamente anche attraverso il primo dottorato di ricerca che ho conseguito presso il dipartimento di agraria dell’Università Federico II, e ha avuto come riferimento il professor Alberto Ritieni.

Cosa avete sviluppato?
Si tratta di una crema alimentare, quindi un po come il burro d’arachidi. È una crema anidra quindi senza acqua, pronta all’uso che non necessita di preparazione. Contiene al suo interno degli ingredienti che sono facilmente reperibili in loco, in Africa.

Quale parte?
È stata fatta una valutazione su quelli che potevano essere degli ingredienti facilmente reperibili un po’ in tutta l’Africa e non in un zona specifica. Noi comunque abbiamo intenzione di realizzare l’impianto pilota per la produzione di questo alimento in Uganda.

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Perché?
Perché abbiamo una collaborazione con l’università di Gulu che già sussisteva con la Federico II. L’organizzazione NutriAfrica ha siglato un accordo specifico con l’università di per realizzare questi impianti.

Parliamo degli ingredienti della crema.
Si tratta, appunto di ingredienti che, bene o male in media sono reperibili in un po tutta l’Africa, in particolare, sono reperibili in Uganda e si tratta intanto di soia e sorgo. La soia è un legume, il sorgo un cereale, e insieme diciamo hanno lo scopo di rendere completa la formula dal punto di vista proteico. Poi c’è anche polvere di Spirolina Maxima.

Il famoso superfood.
La spirolina è una microalga. In realtà scientificamente è un sano batterio, però volgarmente, viene chiamata microalga. Serve per il supplemento in termini di minerali e di vitamine.

E i carboidrati?
La parte di carboidrati è costituita comunque in parte dalla soia e dal sorgo, ma anche anche dallo zucchero di canna che serve sia per raggiungere la coda di carboidrati completa, ma in realtà anche per renderlo più gradevole dal punto di vista  del gusto.

Tornando alla domanda iniziale… perché avete pensato di fare una crema spalmabile per l’Africa?
Allora fondamentalmente è una crema che non contiene acqua o comunque contiene un quantitativo di acqua molto basso. Infatti la soia e il sorgo vengono tostati e in generale. Il prodotto ha un’umidità bassissima, inferiore al 2%. Questi parametri impediscono che qualsiasi tipo di microrganismo patogeno possa crescere. Questo ci consente di poterla utilizzare in degli ambienti molto ostili dal punto di vista climatico, dove purtroppo le contaminazioni dell’acqua e degli alimenti sono molto frequenti e possono provocare dissenterie e altri tipi di problemi igienico-sanitari.

È di facile uso?
Sì, perché la crema così com’è pronta all’uso non ha bisogno di essere preparata, cotta, ricostituita, trattata e già pronta. Mentre altri prodotti richiedono l’acqua per poter essere ricostituiti, come per esempio anche i latti terapeutici oppure anche altri tipi di formulazioni che servono da integratori rispetto a determinati nutrienti e che necessitano di acqua.

È pensata per chi in particolare?
Per i bambini, nello specifico per i bambini da 6 mesi a 5 anni. Però una cosa molto importante è che, al di là della ricetta specifica sulla quale noi ci stiamo continuando a concentrare, che abbiamo intenzione di portare avanti, noi di fatto stiamo lavorando su un trasferimento tecnologico, cioè guardando oltre il prodotto specifico.

In altre parole?
Il nostro obiettivo è quello di portare lì una tecnologia che è assolutamente scalabile e che può essere poi ricalibrata per altri scopi, per altre esigenze. Per esempio ci sono anche molte necessità relative alle donne gravide che magari hanno problemi di alimentazione, hanno problemi di insufficiente alimentazione e quindi necessitano eventualmente anche loro di una crema diversa basata sulla stessa tecnologia, ma con ingredienti e proporzioni diverse.

Qual è il vantaggio rispetto al semplice portare cibo in quelle zone?
Attualmente, in genere, questi prodotti vengono ottenuti in altri posti per poi portarli per fare fronte a queste esigenze. Nel nostro caso l’idea è quella di sfruttare le derrate locali, valorizzarle, usare ingredienti locali, dare lavoro anche alle persone che si trovano lì attraverso la trasformazione dei loro stessi prodotti per fare fronte poi alle loro necessità.

Il vostro è un supporto ma non un sostituto del cibo, se ho ben capito. Esattamente. Questo prodotto serve per fronteggiare problematiche relative alla malnutrizione acuta severa, che è una patologia che colpisce i bambini dai 6 mesi ai 5 anni, principalmente nei paesi in via di sviluppo. In via generale, sicuramente non possiamo dire che questo tipo di prodotto possa essere utilizzato vita natural durante o come sostituto in generale dell’alimentazione.

Parliamo della tecnologia necessaria.
Grazie alla scalabilità è una tecnologia che può essere ampliata o contratta a seconda, poi delle caratteristiche del territorio. Nel senso che in realtà idealmente il nostro scopo è quello di creare tante piccole unità produttive che siano in grado di aiutare magari dei singoli villaggi o degli agglomerati di villaggi. Però, ovviamente, a seconda del territorio, magari se stiamo immaginando una baraccopoli faccio un esempio, di una grande capitale africana dove c’è una un’alta concentrazione di persone può pensare un impianto più grande.

Quanto costa produrre la vostra crema spalmabile. È caro?
No, e questo perché si sfruttano le derrate locali che quindi sono facilmente reperibili anche dal punto di vista del costo, in loco, a differenza magari di altri ingredienti che in loco non si trovano. Faccio un esempio: se uno deve comprare il latte scremato in polvere in Africa, dove scarseggia, costa tantissimo, e invece tu utilizzi soia e sorgo. Ovviamente i costi sono molto, molto più bassi.

Facciamo un esempio.

Così, su due piedi, consideriamo il costo di alimenti simili che già vengono prodotti ma che però vengono ottenuti con altri tipi di ingredienti che noi definiamo solitamente prodotti commerciali. Si chiamano ready to use therapetic, e una cifra relativamente al mercato africano, magari per una scatola che pesa 13,8 kg e che serve per il trattamento di un bambino, per circa 6-8 settimane (un’unità di misura che viene usata a livello internazionale, perché, bene o male la quantità che serve per aiutare un bambino malnutrito) ci troviamo intorno ai 19-20 dollari. Dal punto di vista dei costi, se consideriamo il nostro, ci troviamo intorno agli 11-12, quindi è una differenza di circa il 40 per cento.

Ha un nome, la vostra crema?
Non ancora.

Parliamo di tempistiche.
Da qui a un anno, noi prevediamo di fare degli ulteriori test per specificare ancora meglio alcune caratteristiche del prodotto. Diciamo che le tempistiche di implementazione dell’impianto in Uganda sono di circa un anno, quindi per settembre-ottobre 2024 abbiamo intenzione di trasferire le macchine in Uganda e poi avviare la produzione