Quando il nostro organismo smette all’improvviso di produrre urina si parla di un fenomeno piuttosto pericoloso chiamato anuria: causata da problemi ai reni, può avere conseguenze anche molto serie.
L’anuria è un particolare tipo di condizione fisica che si presenta quando il nostro organismo cessa di produrre regolarmente urina. Il termine deriva dalla lingua greca antico, dove il prefisso an- sta a indicare la mancanza, e -ouron fa riferimento proprio all’urina. In una simile condizione, la diuresi risulta estremamente limitata, con una produzione del prodotto di escrezione renale che di norma è inferiore ai 100 ml al giorno.
Inizialmente la condizione può persino essere ben tollerata dall’organismo, ma con il passare del tempo la situazione si può aggravare, portando addirittura il paziente alla morte. Ecco dunque tutto quello che c’è da sapere a riguardo, con l’indicazione nel dettaglio dei sintomi e delle modalità con cui è possibile curarla.
Cos’è l’anuria: le tipologie
Questa patologia può essere essenzialmente di due tipi, secretoria o escretoria.
Nel caso della sua versione secretoria si produce un arresto improvviso della produzione dell’urina da parte dei nefroni (le unità funzionali dei reni) e degli strati superficiali (la corteccia) e più profondi (la parte midollare) dei reni.
Quando al contrario la condizione si manifesta in forma escretoria significa che la mancata produzione di urina è essenzialmente causata da un’occlusione a livello dell’uretere (il canale che collega i reni alla vescica) o della pelvi renale: gli elementi in grado di ostruire queste vie urinare possono per esempio essere dei calcoli urinari, oppure dei tumori della prostata e della vescica.
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Non è raro che a questa condizione si associ in parallelo anche la cosiddetta oliguria, cioè una produzione di urine molto limitata si attesta al di sotto dei 500 ml al giorno. Di questo tema se ne riparlerà in maniera più approfondita in un secondo momento.
I sintomi più comuni
La sintomatologia può facilmente manifestarsi in modo molto graduale, a tal punto che il paziente potrebbe in un primo momento sottovalutare quello che gli sta accadendo. Con il passare delle ore o dei giorni, tuttavia, la situazione può peggiorare, costituendo un serio pericolo per chi ne è affetto: nella primissima fase acuta si possono di solito presentare i segni classici del coma uremico, come ad esempio la nausea, il vomito, la cefalea, l’inappetenza o ancora la sindrome emorragica e le crisi convulsive.
Nel giro di circa 48/72 ore possono in aggiunta presentarsi sintomi ancor più gravi legati all’insufficienza renale vera e propria, con l’aumento evidente della creatinina e dell’urea nel sangue e l’acidosi metabolica con relativo incremento del tasso di potassio nel sangue.
In questi giorni così delicati, il paziente potrebbe aver continuato a bere come se niente fosse accaduto: il problema è che in questi casi può incorrere nel rischio dell’intossicazione idrica, che può compromettere seriamente le normali funzioni del cervello causando fra le altre cose ipotonia, cioè un abbassamento anomalo del tono muscolare.
Da cosa è generata questa condizione: ecco quali sono le cause profonde
In linea generale è possibile affermare che dietro all’anuria si nascondano cause prerenali, renali e infine postrenali.
Nel primo caso, emerge un evidente problema a livello delle strutture fisiche che si trovano prima dei reni, ovvero i vasi sanguigni che li alimentano. Se si dovesse manifestare un apporto ridotto di sangue ai reni, vorrebbe dire che in parallelo altri organi ne starebbero richiedendo una quantità maggiore. Poiché i reni sono un organo di scarto, tendono in generale a ricevere meno sangue rispetto ad altre zone dell’organismo. Sia negli adulti sia nei bambini l’ipovolemia (cioè la riduzione del volume del sangue in circolo), l’insufficienza cardiaca o la resistenza sistemica vascolare basse possono essere causa prerenale di anuria.
Nel secondo caso, la problematica fa riferimento ad un malfunzionamento interno allo stesso rene. Sovente, la scarsa o assente diuresi dipende essenzialmente da patologie del glomerulo (un gruppo di capillari in grado di filtrare l’urina dal sangue) o dei tubuli renali (le parti più estese dei nefroni). Ecco che in uno scenario simile il tessuto specifico del rene non è più in grado di filtrare l’urina nella maniera corretta. A causare problemi simili possono per esempio essere alcune malattie autoimmuni, malattie sistemiche, malattie vascolari, trauma muscolare o malattie congenite degli stessi reni.
Nel terzo caso, infine, la mancata produzione di urina avviene nel tratto successivo rispetto ai reni e come già anticipato può essere cagionata da un elemento di disturbo che impedisce all’urina di essere espulsa correttamente.
Come si diagnostica: tutti i passaggi
Vale prima di tutto la pena sottolineare come non si tratti di una condizione da prendere sotto gamba, ma bensì di una patologia che può avere conseguenze gravissime sul nostro organismo, poiché è in grado di portare ad un’intossicazione causata dall’accumulo di sostanze tossiche all’interno dell’organismo (le stesse che generalmente vengono espulse urinando). Non è dunque da escludere, purtroppo, lo scenario in cui il paziente che ha sottovalutato la sua condizione possa trovare la morte.
Nel momento in cui si dovessero manifestare dei sintomi strani legati alla minzione è necessario affidarsi nel più breve tempo possibile all’aiuto di un medico, che saprà certamente identificare la radice del problema consigliando il percorso di cura più adeguato.
Nella prima fase della visita si procederà dunque a effettuare la classica anamnesi del paziente, ponendogli una serie di domande utili a capire quali sono le sue condizioni iniziali di partenza. Un esperto dovrà quindi indagare quali sono le sue abitudini quotidiane, qual è la sua storia clinica familiare, quali sono gli eventuali farmaci di cui fa uso quotidianamente e quali sono state le patologie più recenti. Qualunque altra informazione in questa fase può essere molto preziosa.
A questo punto, dopo aver effettuato l’esame oggettivo con palpazione (per comprendere, ad esempio, se sono presenti dolori a livello della vescica o dei reni, o qual è lo stato di idratazione generale del soggetto) si potrà passare alla fase successiva, ovvero l’esame differenziale, che servirà a comprendere con maggior precisione qual è la causa scatenante di anuria e quale può dunque essere il trattamento giusto.
Il nefrologo o il medico neurologo, soprattutto nel caso in cui avesse notato la presenza di masse anomale o ostruzioni nel paziente, potrà consigliare al suo assistito di sottoporsi a diversi tipi di esami di laboratorio.
Il primo esame, nonché quello più comune, è quello del sangue, che servirà a valutare nel soggetto in modo particolare il dosaggio della creatinina, dell’azoto ureico, dell’urea e degli elettroliti. Si potrà successivamente passare al classico esame microscopico e chimico-fisico delle urine, fondamentale per comprendere se nel liquido di scarto possano essere presenti alte quantità di sodio e quale sia il suo peso specifico (oltre all’osmolalità, cioè il numero di particelle disciolte al suo interno). C’è inoltre la possibilità, in questi casi, di doversi sottoporre all’esame degli Anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (Anca) e degli Anticorpi anti-nucleo (Ana): si tratta di un test utile per evidenziare la presenza di eventuali patologie autoimmuni.
Si passerà poi, a seconda dei vari scenari, a una serie di esami strumentali, fondamentali per comprendere meglio quali sono le possibili ostruzioni a livello renale che causano la mancata produzione dell’urina e che, in parallelo, sono cruciali per valutare lo stato di perfusione dell’arteria renale.
In questo caso si richiede con una certa frequenza di sottoporsi ad un’ecografia renale con doppler (che utilizza il sistema degli ultrasuoni, e non è dunque invasiva), all’ecografia delle vie urinarie, alla tac addomino-pelvica e infine ad una valutazione della pressione venosa centrale.
Come si cura: tutti gli strumenti a nostra disposizione
Come anticipato in precedenza, questa patologia non andrebbe in alcun modo sottovalutata, poiché potenzialmente letale. Ad ogni modo, è anche importante ricordare come gli elementi di disturbo del flusso urinario non siano necessariamente gravi di per sé e possano essere eliminati in modo piuttosto semplice. Si pensi, ad esempio, al caso in cui un paziente non riesca a emettere urina a causa di un catetere vescicale inserito nella maniera scorretta o infettato.
Quest’ultimo caso, comunque, rappresenta un’eccezione. I passaggi per la risoluzione della mancata produzione di urina nel paziente per il resto dovrebbero essere i seguenti:
- Una stabilizzazione della pressione arteriosa del soggetto, utilizzando farmaci cristalloidi
- Una terapia diuretica
- Un’interruzione dell’assunzione da parte del paziente di determinati farmaci con effetto nefrotossico
- Una dieta bilanciata e corretta, con tutti i macronutrienti ma soprattutto con un preciso dosaggio dei liquidi, degli elettroliti e del fabbisogno proteico
Con la rianimazione cardiopolmonare si dovrebbe riuscire a ristabilire la regolare diuresi (l’obiettivo è la produzione di circa 0,5 ml all’ora) stabilizzando il battito cardiaco e dunque la pressione sanguigna. La normale produzione di urina potrà dunque essere stimolata anche attraverso la riduzione dei livelli di potassio nel sangue (quando sono eccessivi si parla di ipercaliemia) o eventualmente anche tramite l’intervento chirurgico, che andrà a asportare manualmente la causa dell’ostruzione originaria (come una massa tumorale).
Quali sono le complicanze
Senza una cura adeguata, la mancata produzione di urine è in grado di generare complicanze molto importanti. Si è già visto in precedenza come la stessa morte del paziente non sia uno scenario da escludere, seppur (fortunatamente) piuttosto raro.
Comunque sia, è necessario essere consapevoli che l’impossibilità ad urinare può generare, con maggior frequenza, importanti problemi al sistema nervoso come la sonnolenza o addirittura il coma; inoltre, può essere la causa scatenante di edema polmonare, aritmie e ipertensione; ancora, può rappresentare un fattore scatenante di gastrite uremica, di nausea o di vomito, oltre a problemi all’apparato respiratorio e accumulo di acidi nell’organismo (acidosi metabolica).
Oliguria: quali sono le differenze e quando è necessario preoccuparsi
Il tratto urinario, sia negli uomini sia nelle donne, può essere facilmente oggetto di infezioni e problematiche di vario tipo che sono la principale causa di un’emissione delle urine diversa dal solito, irregolare, troppo abbondante o (per l’appunto) nulla.
Gli scenari che si possono presentare sono quindi vari e, in certi casi, possono essere fonte di confusione da parte dei soggetti interessati. Questo è l’esatto motivo per cui è necessario affidarsi a esperti del settore, capaci di individuare la radice del problema proponendo un percorso di cura adatto.
Esiste ad esempio un’altra condizione che, per molti versi, potrebbe essere considerata simile all’anuria: si tratta dell’oliguria. In questo caso la produzione giornaliera dell’urina non è nulla, ma è estremamente ridotta. Si parla di oliguria, più nel dettaglio, quando il soggetto colpito non riesce a espellere i 500 ml quotidiani (e “canonici”) di urina, ma molti di meno.
In questo caso, dunque, il paziente riesce effettivamente ad urinare, ma in quantità decisamente ridotta rispetto al solito. Spesso la causa profonda può essere uno shock settico dal paziente o una setticemia in corso. Non è da escludere che il problema alla base possa essere un elemento in grado di disturbare il regolare flusso delle urine, come il già citato catetere posizionato nella maniera sbagliata.
Diverso, infine, è il discorso che riguarda altre condizioni che colpiscono le vie urinarie causando un’irregolarità del flusso delle urine, come per esempio la disuria, ovvero i dolori e i bruciori percepiti dal paziente al momento della minzione. Per quanto è possibile che anch’essi, a loro volta, dipendano da masse che impediscono il corretto passaggio del liquido di scarto, tendenzialmente sono legati alla presenza di infezioni batteriche diffuse, molto comuni soprattutto nel genere femminile, dove il passaggio dei batteri dall’ano all’uretra è molto più comune. In presenza di una sintomatologia simile, di conseguenza, si predilige di norma l’utilizzo di una terapia antibiotica, da seguire per diversi giorni (anche per due settimane) fino a completa guarigione (che, va ricordato, spesso avviene in modo naturale senza che sia necessario ricorrere a farmaci).