Il mughetto nei neonati si può fermare subito e curare, evitando complicazione. Si possono notare delle macchiette bianche sulla lingua del piccolo, facilmente asportabili con una garzina. Ma attenzione: non si cura con l’antibiotico
Si stima che quasi un terzo della popolazione infantile abbia contratto un’infezione ben nota ai pediatri: il mughetto del neonato. Occorre però distinguere tra popolazione infetta (20-30%) e manifestazione della malattia associata alla stomatite causata da Candida albicans. Si tratta dunque di una comune e frequente micosi che colpisce i lattanti (fino anche a un’età di 9 anni), e si manifesta a carico della mucosa orale, per questo detta anche candidosi orale. Si può curare ma anche prevenire, conoscendone a monte almeno le cause più note.
Come si cura il mughetto nei neonati
L’entità dell’infezione è importante per la definizione del trattamento adeguato al bambino. Occorre pertanto riconoscere le modalità con cui si manifesta. In genere, fanno sapere gli esperti dell’Ospedale Bambino Gesù, si può notare attraverso dei sintomi comuni, quali:
- Comparsa di una patina bianca sulla lingua e sulle mucose della bocca;
- Placche biancastre, lattescenti, puntiformi, a forma di lenticchia che possono fondersi tra loro o che si fondono tra loro (è il caso della candidosi acuta pseudomembranosa);
- Colpisce più frequentemente il dorso della lingua e raramente il palato.
Tra i sintomi più diffusi, può manifestarsi con:
- Intenso bruciore e conseguente difficoltà ad alimentarsi e a percepire i sapori;
- Difficoltà di deglutizione nel caso l’infezione si estenda anche alla gola e all’esofago;
- Crisi di pianto e irritabilità (quando colpisce il lattante);
- Sintomi di malessere durante la poppata;
- Arrossamenti e sanguinamenti quando le placche vengono rimosse.
Da non sottovalutare anche i sintomi sovrapponibili, che possono generare confusione, portare all’assunzione di farmaci inappropriati come gli antibiotici, e scambiare per mughetto la presenza di latte residuo sulla lingua. In questi casi facilmente confondibili il piccolo può manifestare inappetenza e irritazione del cavo orale, pertanto bisognerà approfondire.
Quando preoccuparsi
Quando le macchiette bianche si uniscono fino a formare chiazze più grandi, significa che il problema è stato trascurato, con il rischio che il mughetto possa diffondersi in altre parti del corpo. Potrebbe apparire macchie rosse nella zona del pannolino, fino a desquamazione e lesioni. A questo punto non c’è altro tempo da perdere.
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I primi segnali da cogliere subito
Le complicazioni sono rare, perché le prime reazioni del mughetto si possono arrestare. Di solito si manifestano tramite arrossamento diffuso della mucosa. I genitori potranno notare la trasformazione. Le mucose diventano lisce, brillanti e dolenti (il neonato piange spesso ed è irritabile).
Trascorsi alcuni giorni, appaiono le prime placche o formazioni biancastre. Di solito sono aderenti al fondo eritematoso, si presentano con aspetto che gli esperti definiscono “latte cagliato”. Questi corpi estranei sono facilmente asportabili con una garzina.
Queste macchiette possono essere accompagnate con sensazione di bruciore e spesso difficoltà ad alimentarsi.
Le chiazze biancastre possono confluire tra loro e ricoprire la lingua. Tuttavia potrebbero anche apparire sulla mucosa delle guance e sul palato.
Cosa fare per non confonderle con il latte
Nei lattanti e nei primi mesi di vita, una strategia utile per non confondere queste chiazze con i residui del latte consiste nel provare ad asportarle con una garza. Se vengono via facilmente allora potrebbe essere mughetto.
A questo punto si passa alle cure
Il trattamento e la cura dipenderanno dunque dalla diagnosi e dal riconoscimento dei sintomi.
Per i casi più lievi di solito si ricorre all’utilizzo di appositi collutori o risciacqui con soluzioni alcaline.
Per i bambini allattati al seno bisogna estendere le applicazioni anche al capezzolo e all’areola della madre, sterilizzando adeguatamente tettarelle e ciucci prima dell’allattamento. Nelle situazioni meno complicate vengono anche raccomandati lavaggi di acqua e bicarbonato con garze sterili.
Nei casi più seri e di necessità, il pediatra prescrive degli specifici farmaci antimicotici capaci di contrastare la moltiplicazione dei funghi, quindi della Candida albicans. Ce ne sono diversi e adeguati al tipo di infezione e della sua gravità. Il più diffuso è il miconazolo in forma di gel orale per i neonati. L’importante è intervenire e trattare la patologia affinché non evolva verso infezioni più invasive e gravi.
Quando l’infezione presenta una certa resistenza al farmaco, soprattutto nei casi più gravi, si ricorre alla somministrazione di farmaci antimicotici in forma di sciroppo.
Non è contagioso e non sempre si previene
Il mughetto nei neonati non è contagioso ed è difficile da prevenire. Tuttavia si possono adottare comportamenti utili attraverso un’accurata igiene, quali:
- Sterilizzare regolarmente tettarelle e succhiotti;
- Lavarsi bene le mani dopo il cambio del pannolino, perché aderisce a una delle parti del corpo più ad alto rischio di infezione da candida.
Quali sono le cause
Questo fungo saprofita si trova anche negli individui sani, ed è un lievito appartenente alla famiglia dei Saccaromiceti. Svolge un ruolo rilevante nella digestione degli zuccheri mediante un processo di fermentazione ed è localizzato nel cavo orale, nel tratto gastrointestinale e nella vagina. Le Candide, osservano gli esperti del Bambin Gesù, proliferano anche in distretti del corpo, quali orecchie, occhi, pelle e feci.
Dunque una presenza normale. Il problema si manifesta quando l’organismo va incontro a indebolimento del sistema immunitario, nella nostra società dovuto soprattutto all’assunzione di farmaci quali antibiotici e cortisonici. Queste, e altre cause, possono scatenare una candidosi, ossia un’eccessiva moltiplicazione dei funghi che può trasformarsi in una vera e propria infezione. Nel caso dei neonati, questa tendenza al mughetto viene principalmente attribuita a un sistema di difese immunitarie ancora immaturo.
Le cause che espongono i neonati a rischio candidosi o mughetto sono:
- Sistema immunitario debole;
- Nascita pretermine;
- Ricorso a una terapia antibiotica ad ampio spettro con conseguente riduzione della flora batterica della bocca. Questa condizione espone al rischio proliferazione dei funghi presenti, in particolare della candida;
- L’allattamento al seno. Infatti, il mughetto si può trovare a livello del capezzolo materno o al livello del ciuccio o della tettarella.
Anche una mamma affetta da candidosi al momento del parto potrebbe trasmettere questa patologia al piccolo. (Qui un focus sulla candida e i rischi)
Attenzione agli antibiotici: non servono
Sappiamo che una delle cause del mughetto e delle infezioni che provocano candidosi nei bambini è determinata dall’utilizzo di antibiotici. L’abuso dei farmaci, in particolare degli antibiotici, ha fatto salire l’allarme negli ultimi anni per il fenomeno dell’antibiotico resistenza (Amr), che si sta aggravando di anno in anno, al punto da costituire una delle maggiori minacce mondiali (si stimano oltre 200mila neonati deceduti nel mondo nel 2022). Patogeni e microrganismi diventano più resistenti agli antibiotici.
In Europa, l’Italia, la Grecia e il Portogallo sono i paesi con i più alti tassi di mortalità causata da Amr, stando al rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) diffuso nel 2022. In quello stesso anno la Società Italiana di Neonatologia (Sin) ha lanciato l’allarme, evidenziando come il fenomeno dell’antibiotico resistenza nei neonati, con conseguente adattamento dei microrganismi all’ambiente, riduca drasticamente l’efficacia di un agente antimicrobico. Sicuramente è una tendenza incentivata dall’uomo, dovuta in particolare all’uso inappropriato ed eccessivo degli antibiotici, anche negli allevamenti intensivi per la produzione di carni.
Una sfida pericolosa tra uomo e microrganismi
In Italia si sta assistendo a una inarrestabile crescita delle infezioni neonatali dovute a patogeni resistenti agli antibiotici. Lo dicono i numeri ufficiali delle autorità sanitarie: candidosi e sepsi.
La Sin definisce il fenomeno “una silente pandemia”. Il quadro che emerge è quello di una realtà in cui l’arsenale per combattere i microrganismi è sempre più povero di mezzi. “I nuovi antibiotici – ha sottolineato nel 2022 il presidente Sin, Luigi Orfeo – non risolveranno definitivamente il problema, perché perderanno la loro efficacia, dopo un certo periodo di utilizzo, a causa di batteri resistenti. Lo strumento più importante per la limitazione del problema è la prevenzione nell’ambito ospedaliero, attraverso il corretto uso degli antibiotici e strategie di prevenzione e controllo delle infezioni, prima fra tutte l’igiene delle mani, che dovrebbe continuare ad essere fortemente incentivata. Ogni ospedale dovrebbe adottare un “Antibiotic Stewardship Program”, con la formazione di un gruppo multidisciplinare che guidi i medici nell’uso consapevole degli antibiotici”.
Il rischio sarebbe quello di sprofondare in un’era pre-antibiotica, ossia il ritorno a un secolo fa, agli anni ’30 del Novecento, un mondo senza antibiotici.
Quando si possono dare gli antibiotici ai bambini?
Esperti, medici e pediatri ricordano che gli antibiotici vanno somministrati esclusivamente per la cura di infezioni batteriche, quindi da escludere nel caso del mughetto. Il problema è che a oggi spesso se ne fa largo abuso anche laddove non servono, come nel caso di influenze virali e raffreddori.
L’Ospedale Bambino Gesù mette in guardia dai sintomi sovrapponibili, facilmente confondibili, come nel caso di infezioni fungine e candidosi, ricordando che i batteri sono causa di moltissime malattie come faringotonsilliti, otiti, infezioni urinarie sia complesse e gravi come polmoniti, meningiti e sepsi, che sono infezioni generalizzate del sangue.
Gli ospedali e i sanitari offrono la possibilità di effettuare test rapidi e diagnostici per individuare eventuali infezioni batteriche nelle faringotonsilliti, nelle meningiti e nelle sepsi. Sono molto utili per evitare l’assunzione di farmaci inappropriati.
Un tampone rapido può aiutarci a diagnosticare eventuali infezioni come quella causata da Streptococco Beta Emolitico di gruppo A, che costituisce circa il 20-30% delle faringotonsilliti. Questi attacchi batterici possono essere con gli antibiotici, soprattutto allo scopo di prevenire la malattia reumatica e possibili complicanze.
Quando non servono gli antibiotici
I farmaci antibiotici e cortisonici non devono essere assunti in caso di infezioni respiratorie delle vie aeree superiori, in particolare per un raffreddore, nel caso di influenza, per alcune tipologie di otiti, nella maggior parte delle faringotonsilliti. La maggior parte di queste patologie o malanni sono causate da virus, che non vanno debellati con l’antibiotico. Oltretutto, questo farmaco non cura l’infezione e non previene eventuali associazioni a altre infezioni di tipo batterico.
Non sono necessari neppure la cura delle gastroenteriti, anche queste causate in gran parte dai virus. Ma nemmeno le gastroenteriti di origine batterica necessitano sempre di terapia antibiotica.
Come andrebbero assunti
Solo il medico e pediatra deve raccomandarli e prescriverli, interpretando segnali clinici, la storia del paziente, i dati degli esami di laboratorio, valutando anche l’esperienza e la frequenza delle malattie nelle varie fasce di età. Sulla base di questi fattori (e della storia del neonato, magari scrivendo su un diario i sintomi e la loro frequenza) potrà valutare la possibile origine batterica dell’infezione e la necessità di terapia antibiotica.
Non tutti gli antibiotici sono uguali, infatti il medico di solito valuta quale sia il più appropriato per il tipo di infezione. L’utilizzo improprio di questi può scombinare gli effetti di una terapia, esponendo il paziente anche al rischio di effetti collaterali.
Inoltre, può favorire la comparsa di batteri sempre più resistenti; un’asticella che rischia di alzarsi ripetutamente, fino a raggiungere un punto di non ritorno. In questa sfida tra l’uomo e i patogeni, questi ultimi diventano sempre più resistenti all’azione dei farmaci, imparando a difendersi e modificando il proprio metabolismo.
Infine, assumendo sempre lo stesso antibiotico i batteri più sensibili vengono eliminati, ma quelli più resistenti sopravvivono, rendendo inutile l’effetto del farmaco.
Dunque, bisogna:
- Assumerli soltanto su prescrizione medica;
- Utilizzarli solo per curare le infezioni causate da batteri;
- Evitare di iniziare autonomamente una cura antibiotica, soprattutto in caso di malattie infettive ricorrenti;
- Non utilizzare antibiotici somministrati in precedenza o avanzati che ritroviamo spesso nelle dispense di casa;
- Rispettare sempre il dosaggio e la durata della terapia con l’antibiotico prescritto dal medico, anche perché i tempi e le dosi efficaci sono stabiliti con precisione scientifica;
- Consultare sempre il medico o pediatra in caso di errori nell’assunzione o di sovradosaggio;
- Non interrompere spontaneamente il trattamento nel caso l’antibiotico prescritto provochi dei disturbi;
- Conservare gli antibiotici in luogo fresco e asciutto e lontano dalla portata dei bambini.