Quando preoccuparsi del sangue dal naso nei bambini

SANGUE DAL NASO BAMBINI

Il sangue dal naso nei bambini rappresenta uno degli episodi più comuni e frequenti. Mantenere la calma è la prima regola comportamentale. Ma è importante anche accorgersi quando è il caso di andare al pronto soccorso.  

 

I collaboratori scolastici lo sanno: le scorte di ghiaccio in frigo non sono mai abbastanza per tamponare il sangue dal naso nei bambini. Questo fenomeno, detto epistassi, è molto frequente nei piccoli tra i 2 e i 10 anni, che passano gran parte del loro tempo a scuola.

Ma allora cosa fare e quando preoccuparsi? La prima regola – assicurano gli esperti dell’Ospedale Bambino Gesù (Giulia Greco, Mihaela Cucuruz e Luisa Russo del Dipartimento di Chirurgia, Otorinolaringoiatria Area di Ricerca Malattie) – è non farsi prendere dal panico. I genitori in primis dovrebbero rassicurare il bambino e mostrarsi calmi.

Ecco allora come comportarsi, come agire e cosa non fare, e quando preoccuparsi.

 

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Cosa fare quando esce il sangue dal naso dei bambini

L’epistassi è una situazione diffusa. Il sangue che viene perduto in queste occasioni può sembrare molto abbondante al genitore, ma nella maggior parte dei casi la perdita è minima e solo in casi eccezionali è necessario il ricovero in ospedale.

La parte davanti del naso, nel bambino, contiene molti vasi sanguigni che sono fragili e possono facilmente rompersi. Le cause sono molteplici:

  • Traumi;
  • Mettersi le dita nel naso;
  • Soffiarsi il naso troppo energicamente;
  • Scarsa umidità dell’ambiente circostante;
  • Forti raffreddori;
  • Allergie;
  • Corpo estraneo nel naso;
  • Sforzo eccessivo durante l’utilizzo del wc, soprattutto nei bambini che soffrono di stitichezza;
  • Assunzione di alcuni farmaci (ad esempio i medicinali antinfiammatori) o spray per il naso;
  • Esposizione eccessiva al sole o al calore;
  • Secchezza della mucosa nasale;
  • Comuni infezioni come il raffreddore o altre come la rinosinusite, favorite in estate dagli sbalzi di temperatura dovuti a un uso spesso eccessivo dell’aria condizionata e in inverno dal microclima domestico troppo secco e asciugato dai riscaldamenti accesi.

Dunque, dipende da pratiche diffuse, che non generano conseguenze gravi. Eppure, la vista del sangue che fuoriesce dal naso può spaventare sia i genitori sia il bambino. La cosa più importante è mantenere la calma e rassicurare il piccolo. Se l’età lo permette, bisognerebbe spiegargli che non è niente di preoccupante e che passerà presto.

Importanti però sono i comportamenti suggeriti a insegnanti e genitori. Ecco cosa fare in ordine di sequenza:

  1. Mantenere il bambino seduto o in piedi;
  2. Inclinare la testa leggermente in avanti per evitare che il sangue venga ingoiato o inalato. Per la stessa ragione, bisogna evitare che si sdrai o che inclini la testa all’indietro;
  3. Tenere premuta tra pollice e indice la parte inferiore morbida delle narici per 10 minuti. Se il bambino è abbastanza grande, potrebbe farlo da solo. Durante questo periodo di tempo, andrebbe sempre mantenuta la presa sul naso e mai abbandonarla per valutare se sanguina ancora;
  4. Dopodiché rilasciare la pressione dopo 10 minuti e attendere, mantenendo il bambino tranquillo. Se l’epistassi non si è fermata, bisogna ripetere il passaggio precedente;
  5. A questo punto si può apporre un asciugamano fresco o del ghiaccio coperto da un panno sulla nuca o alla congiunzione tra la fronte e il naso (la radice);
  6. Se il bambino è abbastanza grande, bisogna invitarlo a soffiare il naso senza sforzo eccessivo, così da far uscire gli eventuali grumi di sangue (i coaguli);
  7. Incoraggiare il bambino a sputare il sangue che ha in bocca perché, se lo deglutisse, potrebbe provocargli il vomito;
  8. Offrire al bambino un ghiacciolo o una bevanda fredda per rinfrescarlo e togliere il gusto del sangue.

Cosa fare dopo l’epistassi

È importante non lasciare il bambino da solo nel momento del sanguinamento. Ma anche dopo il trattamento bisogna prendersene cura, adottando le seguenti misure:

  • Tenere tranquillo il bambino per almeno un paio d’ore, magari raccontandogli una storia, leggendogli un libro o aiutandolo a disegnare (metodi che aiutano a sdrammatizzare l’accaduto ma anche a incentivare stimoli e creatività);
  • Evitare di somministrargli bevande o cibi molto caldi;
  • Evitare bagni o docce con acqua calda per almeno 24 ore;
  • Fare in modo che, nelle 24 ore, il bambino eviti di soffiarsi il naso o di cacciarsi le dita nel naso.

I rimedi della nonna funzionano?

Altri comportamenti possono, al contrario, alimentare stress e ansia. Pertanto non bisogna:

  • Far sdraiare il bambino o fargli inclinare all’indietro la testa, perché potrebbe portarlo a ingoiare o inalare il sangue;
  • Proteggere con tessuti, garza o qualsiasi altro materiale nel naso per fermare il sanguinamento;
  • Bagnare il naso con acqua calda, perché il calore può aumentare il sanguinamento.

Tra gli espedienti da evitare ci sono anche quelli più classici, tramandati nelle generazioni, che non sempre risultano efficaci. Su questo punto si sono espressi diversi pediatri e medici, tra cui quelli del Gruppo San Donato. Il dottor Antonio Foresti, responsabile dell’Unità di Otorinolaringoiatria del Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro fa chiarezza rispetto a questi metodi. “Mettere i polsi sotto l’acqua, bagnare la nuca o la fronte e così via, seguono una logica di saggezza antica, ma sono troppo lenti nel raggiungere lo scopo. – sottolinea Foresti -. Dopo l’autotamponamento, invece, può essere utile posizionare sopra il naso del ghiaccio in un piccolo sacchetto di plastica”.

Insidiosa, anche se ottimale, può essere l’applicazione del cotone emostatico, poiché difficile da rimuovere, dunque sconsigliabile. Così come si raccomanda di non utilizzare qualsiasi materiale assorbente (cotone, garza, carta assorbente etc.).

 

Quando preoccuparsi

Il sanguinamento del naso è nella maggior parte dei casi un evento comune che non dovrebbe destare alcuna preoccupazione. Non mancano casi (rari) per i quali bisognerebbe contattare il pediatra o recarsi al pronto soccorso più vicino. Dunque, bisogna preoccuparsi quando:

  • Dopo due periodi di 10 minuti di pressione delle narici l’epistassi non si è ancora fermata;
  • Se gli episodi sono frequenti, potrebbe trattarsi di un’alterazione dei vasi sanguigni del naso o dell’effetto di una malattia;
  • L’emorragia proviene solo dalla bocca del bambino, oppure il bambino tossisce o vomita sangue o materiale marrone che assomiglia a fondi di caffè;
  • Il bambino è insolitamente pallido o sudato, o non risponde;
  • Il bambino ha meno di 2 – 3 anni di età.

Cosa fare se il sanguinamento non si arresta

Nella maggior parte dei casi in cui il sanguinamento non si arresta e si è già arrivati al pronto soccorso, gli operatori sanitari ricorrono a delle prime cure. Tra queste il tamponamento nasale anteriore, effettuato dall’otorino (o dal medico del pronto soccorso).

In generale, viene usato un tampone con materiale non degradabile, solitamente una spugna di polivinil acetato idrossilato che si gonfia quando bagnata. Il tampone viene rimosso dopo 48-72 ore.

L’inserzione e la rimozione può risultare fastidiosa o dolorosa, specie se il setto nasale è deviato.

Accanto a questi tamponi è disponibile una varietà di materiali assorbibili o biodegradabili, che non richiedono la rimozione e possono essere utili per pazienti con epistassi più lievi.

In caso di importante epistassi posteriore, cioè con scolo di sangue anche verso il faringe (in posizione seduta e corretta), il tamponamento nasale diventa più profondo, complesso e a volte necessita di diversi materiali (tamponamento nasale posteriore).

Il dottor Foresti raccomanda ai genitori di applicare unguenti o creme antibiotiche locali a scopo emolliente, cicatrizzante e protettivo. Questa pratica andrebbe svolta dopo la rimozione del tampone nasale.

In alternativa ai tamponi si può ricorrere alla cauterizzazione, cioè la “bruciatura” del capillare che sanguina, attraverso una elettrocoagulazione bipolare del vaso sanguigno interessato. Questo piccolo intervento avviene con apparecchiature dedicate.

L’ambiente domestico è importante

Le case e gli ambienti chiusi influenzano la salute e il benessere di chi li abita. Gli studi del ministero della Salute e del Gruppo di studio nazionale Inquinamento indoor hanno più volte lanciato l’allerta, soprattutto per i bambini, i più esposti alle malattie croniche, poiché trascorrono circa il 90% del loro tempo nell’ambiente domestico.

Oltre alle esposizioni di monossido, fumi e cattivi odori, anche il riscaldamento acceso d’inverno o il condizionatore perennemente in funzione possono costituire un pericolo. Come abbiamo visto sono tra le cause più importanti del sanguinamento del naso e di patologie come raffreddori e rinosinusiti. Per questo è importante che oltre alla regolazione degli impianti, l’ambiente domestico abbia un tasso di umidità equilibrato.

In alcune dimore gli apparecchi per deumidificare l’aria sono indispensabili, oltre che per rendere efficiente la diffusione del calore, evitando sprechi e problemi causati dall’aria troppo secca o troppo umida.

 

Qual è l’umidità ideale in casa?

Un decreto del Presidente della Repubblica del 2013 ha fissato i criteri generali anche riguardo le condizioni microclimatiche ottimali in ambienti domestici o al chiuso. La temperatura e l’umidità ideali in casa dipendono dalla stagione:

  • Inverno (19-22 gradi con 40/50% di umidità e velocità dell’aria di 0,01-0,1 m/s);
  • Estate (24-26 gradi con 50-60% di umidità e 0,1-0,2 m/s).

Il funzionamento dell’impianto di climatizzazione invernale non dovrebbe superare i 20 gradi (+ 2 gradi di tolleranza). Quello estivo non deve essere minore di 26 gradi (- 2 gradi di tolleranza).