Quando diventa reato divulgare le chat private

CHAT PRIVATE

La divulgazione di chat private può essere considerata un reato. La violazione della privacy e il trattamento illecito dei dati personali sono le discriminanti. Vediamo in quali casi

In un mondo ormai sempre connesso e social è utile sapere a quali reati si può andare incontro se si decide di agire in determinati modi. Sarà capitato a molti di fare qualche screenshot ad alcune chat private in modo da avere una prova, impugnabile in futuro, di ciò che ti ha scritto qualcuno con cui ora non si va più d’accordo.

Dobbiamo essere consapevoli quindi che nel caso in cui decidessimo di inviare a terzi l’immagine scattata di un messaggio ricevuto da un’altra persona, ci si potrà, in alcuni casi, trovare di fronte a un reato.

Nello specifico in questo articolo tratteremo questi argomenti:

  1. Inviare screenshot con chat private
  2. Violazione della privacy
  3. Il trattamento illecito dei dati personali
  4. Che tipo di sanzione si rischia?
  5. Cosa può fare chi è leso dopo la divulgazione di chat private?
  6. Divulgare le registrazioni vocali è reato?
  7. Quando le chat private possono essere divulgate a fini legali
  8. Chat private: quando non è reato di diffamazione
  9. Il datore di lavoro non può usare le conversazioni private per il licenziamento

Inviare screenshot con chat private

Inviare screenshot con conversazioni private avvenute sui social è una delle azioni che più comunemente si compiono on line. Troppo spesso però quest’azione è fatta con leggerezza, senza troppe preoccupazioni.

Bisogna, invece, tenere bene a mente che fare uno screenshot e inviarlo a un proprio contatto, oppure condividerlo in una chat di gruppo, può ledere la reputazione e l’onore di qualche altra persona, violando il diritto alla riservatezza e i principi tutelati a livello costituzionale.

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Conviene, quindi, informarsi di quello che potrebbe succedere se si inviano chat private a persone esterne alla conversazione di cui si sono fatti gli screenshot. Tra le conseguenze c’è sicuramente la denuncia.

Non si incorre in nessun provvedimento penale invece se si divulgano notizie di acquisti o eventi quotidiani di cui tutti possono venirne a conoscenza. Un esempio è quello dell’acquisto di un oggetto particolarmente costoso inviato all’indirizzo di residenza, oppure la nascita di un figlio.

In questo caso, chi si sente offeso, non potrà farci niente perché, in questo caso, non c’è nessun segreto di riservatezza.

Violazione della privacy

Fare uno screenshot di un messaggio presente in una chat privata di un’altra persona, diventa illegale a seconda del contenuto della chat.

Se i messaggi in questione non sono compromettenti e quindi si tratta solamente di frasi o immagini divertenti, allora non c’è il pericolo di incorrere in sanzioni. In questo caso infatti, non si si sta rivelando nulla di intimo né di privato.

Al contrario, assume la fattispecie di reato quando nella divulgazione di chat private si hanno gli estremi per la diffamazione o per l’illecito trattamento dei dati personali. In questo caso sussistono delle conseguenze penali.

Il trattamento illecito dei dati personali

Una comunicazione a terzi di una chat privata con un’altra persona è considerata illegale quando va a ledere uno dei seguenti diritti del soggetto con cui si sono scambiati i messaggi:

  • La privacy, quando si comunicano informazioni strettamente personali, come: l’orientamento sessuale, una condizione di salute, il numero di cellulare, l’indirizzo di residenza, l’indirizzo email, il nome e il cognome;
  • La reputazione, quando la chat lede l’immagine e la dignità della persona. Ad esempio ci troveremmo nell’ambito del penale se, in una conversazione, dovesse risultare visibile il volto della vittima, come una conversazione via Skype.

Pubblicare uno screenshot di una chat avvenuta in privato rappresenta una violazione della riservatezza anche quando il contenuto narra di aspetti della vita privata dell’utente, o dei suoi familiari, che non ha e non avrebbe mai voluto rendere pubblici.

In generale chi viola la privacy dovrà risarcire:

  • Il danno in conseguenza alla lesione del diritto di riservatezza;
  • Il danno patrimoniale;
  • Il danno morale ed esistenziale, come la sofferenza psico-fisica del soggetto titolare dei dati, anche a causa dei pregiudizi subiti da parte del pubblico, non valutabili in termini economici.

La vittima può denunciare al Garante della privacy la violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali.

La vittima, inoltre, può anche richiedere, oltre al risarcimento, anche la rimozione della pubblicazione dello screenshot riguardante la conversazione o la rimozione di un messaggio vocale usato a scopo diffamatorio.

Che tipo di sanzioni si rischiano?

L’ articolo 617 septies c.p. (introdotto con il decreto legislativo del 29 dicembre 2017 n.216) punisce con la reclusione fino a quattro anni qualsiasi persona che, per recare danno alla reputazione o immagine di altri, diffonde, con qualsiasi mezzo, riprese audio o video, registrazioni di conversazioni sia telefoniche che telematiche, in cui questo partecipa.

La pubblicazione di una conversazione privata, con lo scopo di deridere qualcuno, potrebbe anche essere considerata diffamazione. L’articolo 595 del codice penale indica, infatti, che chiunque ne sia colpevole, può essere punito con la reclusione fino ad un anno o con una multa fino a mille trentadue euro.

Pena, questa, che aumenta fino a due anni e con una multa fino a 2.065 euro, se nell’offendere si fa riferimento a un fatto specifico.

Se, invece, l’offesa viene fatta tramite stampa o pubblicizzando una chat privata, allora si rischiano dai sei mesi ai tre anni di reclusione o una multa non inferiore a cinquecento sedici euro.

Cosa può fare chi è leso dopo la divulgazione di chat private?

La persona la cui riservatezza è stata violata può chiedere al violatore il risarcimento dei danni e la riparazione della condotta illecita. Come? Attraverso la rimozione della pubblicazione dello screenshot della conversazione.

Divulgare le registrazioni vocali è reato?

Registrare delle chat private, senza quindi ricorrere a degli screenshot, è anch’esso un reato. Facendo così si intercetta l’altra persona e si può conservare il file vocale nella memoria del telefono o di un altro apparecchio, in modo da riascoltarlo o inoltrarlo ad altri.

Quando le chat private possono essere divulgate a fini legali

La corrispondenza in generale, come stabilisce espressamente la Costituzione all’articolo 15, è privata, per cui è inviolabile. Una corrispondenza deve pertanto rimanere libera e segreta. I limiti possono provenire solo da un provvedimento, motivato, del giudice.

In un recente caso giudiziario, all’interno di un processo penale, si è ricorsi all’utilizzo della trascrizione della registrazione di conversazioni WhatsApp solo come supporto alla registrazione stessa.

Queste trascrizioni sono state elementi indispensabili al fine di certificare l’affidabilità della prova, garantendo prima “la paternità delle registrazioni” e poi “l’attendibilità di quanto da esse documentato”.

Quando non scatta il reato di diffamazione

Per spiegare meglio, prendiamo come esempio la sentenza n. 984/2021 emessa dalla Corte d’Appello di Milano che ha affermato come reato di diffamazione può non sussistere in un caso ben specifico.

Quando il messaggio, inviato tramite chat o social, è destinato a un singolo individuo o all’interno di una chat privata che comprende un numero ristretto di persone, allora non rientra nella diffamazione pubblica.

Questa tipologia di conversazione è da considerarsi come una chat privata, incompatibile quindi con la diffamazione.

Il datore di lavoro non può usare le conversazioni private per il licenziamento

Il Tribunale del Lavoro di Firenze, con la sentenza del 16 ottobre 2019 n. 764, ha ritenuto illegittimo il licenziamento da parte del datore di lavoro, dopo che un proprio dipendente aveva scritto, in un gruppo chiuso di WhatsApp, delle frasi gravi e offensive verso colleghi e superiori.

Il dipendente licenziato non aveva negato di essere l’autore di quei messaggi, ma si era opposto considerandoli irrilevanti a scopi disciplinari, in quanto presenti in una chat privata. Le comunicazioni, secondo lui, erano considerate ammissibili in base all’articolo 15 della Costituzione in tema di libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione.

L’articolo 15 della Costituzione, infatti, dice che: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.

In sede legale si è così preso in esame la natura dei messaggi di contenuto offensivo o diffamatorio scritti o vocali, del dipendente, distinguendo tra:

  • Messaggi diffusi con strumenti come la bacheca di facebook;
  • Messaggi inviati tramite strumenti (come una chat facebook privata) idonei a un accesso limitato.

Nel primo caso, la Cassazione, essendo la bacheca di facebook considerata un luogo pubblico dove molte persone possono leggere, ha ritenuto la natura diffamatoria e quindi il licenziamento avvenuto per giusta causa.

Nella seconda ipotesi invece, la Cassazione ha escluso la rilevanza disciplinare, visto che l’invio dei messaggi era riservato ai soli partecipanti di una chat privata, senza scopi di divulgazione pubblica.

I messaggi vocali con affermazioni diffamatorie e discriminatorie non sono quindi stati presi in considerazione né come frasi ingiuriose, né come discriminatorie e minacciose verso superiori o colleghi. La comunicazione è perciò avvenuta con più persone ma in ambito privato, quindi non si parla più di diffamazione, ma anzi, in questo particolare caso, è essenziale garantire la libertà e la segretezza della comunicazione stessa.

Da qui si deduce che le chat in un gruppo chiuso di facebook o di WhatsApp sono simili alla corrispondenza privata che non può essere divulgata all’esterno.

Il comportamento dimostrato dal datore di lavoro, cioè quello di aver divulgato queste chat private all’esterno, ha trasformato il suo modo di fare in un reato. Quando una società, un’impresa, un’associazione non tratta i dati personali dei terzi regolarmente, commette un illecito punibile penalmente.