Fino a quando è obbligatorio il mantenimento dei figli?

MANTENIMENTO DEI FIGLI

Il mantenimento dei figli è un obbligo per i genitori, anche se separati e divorziati. Il mancato rispetto non apre le porte del carcere, ma può costituire reato. Ecco in quali casi. Ma come si possono recuperare gli alimenti negati?

 

Alla base del diritto di famiglia e del matrimonio tra due persone con figli vi è l’articolo 147 del Codice civile italiano.

“Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315 bis.

Il 315 bis entra ancora più in profondità, stabilendo gli obblighi dei genitori, ma stabilisce anche i dovere di un figlio rispetto al ruolo dei coniugi.

 

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I diritti e doveri di un figlio

L’articolo 315 bis li stabilisce tutti:

“Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.

Il figlio minore che abbia compiuto gli anni 12, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”.

 

Il mantenimento dei figli è sancito anche dalla Costituzione italiana

In questi due articoli diritti e doveri sono strettamente interconnessi e trovano pieno fondamento nei princìpi stabiliti dall’articolo 30 della Costituzione italiana, che così recita:

“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”.

 

Quando la legge interviene e quando è una questione sociale

Questa legge rientra nella Parte I dei Diritti e doveri dei cittadini, all’interno del Titolo II della Costituzione, quello sui rapporti etico-sociali. Significa che la legge può intervenire nei casi di mancato rispetto dei diritti e dei doveri, ad esempio in caso di mancato mantenimento dei figli come scelta consapevole e attiva, che presupponga un reato. Al contrario della palese incapacità di mantenimento dei figli sulla quale dovrebbero intervenire stato sociale e tribunale dei minori.

 

Cos’è il mantenimento di un figlio

Per mantenimento si intende il fornire loro quanto necessario per la vita di relazione nel contesto sociale in cui sono inseriti, in relazione alla disponibilità dei genitori. Più concretamente, questo mantenimento non ha natura alimentare. Nel mantenimento rientrano tutte quelle attività utili allo sviluppo psico-fisico di un figlio. Ad esempio, il sostegno economico per le ordinarie spese quotidiane.

Ci sono anche gli obblighi di istruzione e di educazione della prole, sui quali i genitori sono liberi di adottare tutte le scelte che ritengono utili affinché il figlio possa nutrire il proprio senso civico e la coscienza sociale nell’ambito degli aspetti affettivi e relazionali, ma anche il grado culturale, che rientra negli aspetti cognitivi e formativi dei figli.

 

Quando diventa reato

Il mancato rispetto delle norme previste dall’articolo 147 del Codice civile prevede sanzioni di tipo penale. Quando un illecito sconfina nell’ambito penale allora siamo di fronte a un reato. Di conseguenza, il mancato mantenimento dei figli da parte di un coniuge o di entrambi può costituire reato penale.

Quando ciò diventa reato interviene l’articolo 570 del Codice penale, che punisce le violazioni degli obblighi di assistenza familiare. E questo vale anche quando il reato si consuma fuori dal matrimonio, quindi a seguito di un divorzio, uno dei casi più diffusi nella società.

Sia che i coniugi si separino, che procedano col divorzio, i loro rapporti non sono definitivamente interrotti; significa che le loro responsabilità rispetto ai figli non cessano.

 

Genitori divorziati e intervento del giudice

Ipotizziamo che uno dei due coniugi non abbia mezzi adeguati a sostenere uno o più figli, o che per motivi oggettivi non possa garantire questo diritto. In questo caso interviene l’articolo 5 della legge numero 898 del 1970. La norma stabilisce che sia il giudice a disporre, a carico di uno dei coniugi, l’obbligo di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno per il mantenimento dei figli.

Già venire meno a quest’obbligo può comportare gravi conseguenze per il genitore obbligato; conseguenze che da civili diventano penali, quindi reato.

Il concetto è stato ribadito dai giudici della Corte di Cassazione tramite recente sentenza (la numero 22398 dell’8 giugno 2022). La Suprema Corte ha stabilito che non pagare il mantenimento o l’assegno di divorzio è reato, che può essere comunque depenalizzato, nel senso che non necessariamente si ricorre al carcere.

 

Cosa succede in caso di licenziamento

La sentenza della Corte è importante perché non sempre chi non paga il mantenimento o l’assegno commette reato. Si pensi al caso in cui il coniuge obbligato venga improvvisamente licenziato o gli venga diagnosticata una malattia che lo costringe a dover rinunciare al lavoro. La valutazione è flessibile, a seconda dei casi.

In questi e altri casi, non si configura alcun reato.

Denuncia penale per mancati alimenti

La legge consente di poter fare denuncia penale per mancato mantenimento di uno o più figli minorenni. La denuncia è ammissibile quando il coniuge non versa l’assegno divorzile stabilito e imposto da un giudice. In questo caso il genitore inadempiente rischia di essere denunciato per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. Questo reato è sancito dall’articolo 570-bis del Codice penale.

Una volta presentata denuncia viene avviato il procedimento che potrebbe portare alla pena della reclusione sino a 1 anno (naturalmente non andrà mai in carcere, ma comunque sarà penalmente condannato) o della multa sino 1.032 euro.

 

Le pene

In caso di condanna al carcere il giudice dovrà sempre e comunque motivare la scelta tra reclusione (che sarà condonata perché di durata massima 1 anno) e pena alternativa. Per pena alternativa si intende la possibilità, prevista dalla legge, di punire il condannato con l’ammenda, anziché procedere all’arresto. Oppure si può procedere con la semilibertà, le diverse forme di detenzione domiciliare e di affidamento in prova al servizio sociale.

Naturalmente la condizione perché diventi reato è che si tratti di un atto doloso; significa che il delitto scatta esclusivamente se l’obbligato si è sottratto in modo volontario al versamento dell’assegno. Pur essendo nelle condizioni di poter pagare il mantenimento, ha deciso dolosamente, quindi volontariamente e coscientemente, di non farlo.

Se invece non è nelle condizioni di pagare gli alimenti, non scatta il reato.

Le conseguenze della denuncia

Una denuncia per assegno divorzile non versato non ha come conseguenza il recupero materiale del dovuto pagamento degli alimenti, ma come da ordinamento italiano ha per conseguenza l’inizio di un processo penale in tribunale.

Per il recupero delle somme del mantenimento bisognerà invece avviare un’azione civile, chiedendo eventuali risarcimenti.

Il giudice potrà emettere il provvedimento a titolo esecutivo, per procedere esecutivamente al recupero delle somme non versate.

Il coniuge che intentato l’azione civile può chiedere al tribunale l’ottenimento delle somme dovute a titolo di mantenimento anche dal datore di lavoro del coniuge obbligato, nel caso.

 

Quando deve essere versato l’assegno di mantenimento

La legge ha stabilito che quando due coniugi si separano, quello economicamente più debole ha diritto a ricevere un mantenimento periodico. Una specie di ammortizzatore per sostenere la famiglia e i figli che possono risentire delle conseguenze di una fine della relazione.

Questo principio vale anche in caso di divorzio.

Nonostante lo scioglimento definitivo del matrimonio, il tribunale deve disporre l’obbligo, a carico di uno dei coniugi, di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno, quando lo stesso non ha mezzi adeguati o non se li può procurare.

Il giudice stabilisce l’assegno, tempi e modalità di corresponsione, tenendo conto dei seguenti fattori:

  • I redditi dei coniugi
  • Le ragioni della sentenza di divorzio
  • Il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla famiglia
  • La durata del matrimonio.

 

Quanto dura il mantenimento?

L’obbligo di corrispondere l’assegno cessa quando il coniuge beneficiario dell’assegno contrae nuovamente matrimonio.

In generale, l’obbligo di sostenere economicamente i figli permane a carico del genitore obbligato anche dopo la maggiore età del figlio, almeno fino a quando questo non abbia raggiunto una comprovata indipendenza economica.

Il mantenimento dei figli minorenni, o non ancora indipendenti se maggiorenni, è un obbligo anche quando il matrimonio è solido.