Anticorpi monoclonali: come funziona la nuova arma contro il Covid

ANTICORPI MONOCLONALI

Nel 2023 sono attesi anticorpi monoclonali di seconda generazione. È una corsa contro il tempo e contro le continue e veloci mutazioni del virus, con nuove varianti che minacciano i paesi europei. Ecco cosa sono e come intervengono nella cura

Per il 2023 si attende l’arrivo di nuovi anticorpi monoclonali anticovid. Ema (Agenzia europea del farmaco) lascia intendere che sarebbero pronti anticorpi monoclonali di seconda generazione da approvare durante l’anno. È una corsa contro il tempo e contro le continue mutazioni del virus Sars-CoV-2. Ai vertici dell’Emergency task force europea (Etf) serpeggiano dubbi circa l’efficacia di questi nuovi anticorpi monoclonali contro i ceppi emergenti e in continuo mutamento del virus. Le sottovarianti Omicron hanno già fatto ingresso nei paesi Ue.

Ma cosa sono gli anticorpi monoclonali? Qual è il loro impiego nella lotta contro il Covid-19?

Cosa sono gli anticorpi monoclonali

Per comprendere il meccanismo di funzionamento degli anticorpi monoclonali occorre rispolverare alcune semplici definizioni.

Cominciamo dagli anticorpi. L’Istituto superiore di sanità (Iss) ci ricorda che gli anticorpi (detti anche immunoglobuline) sono molecole complesse prodotte dai linfociti B, cellule che fanno parte del sistema di difesa del corpo umano, al servizio del cosiddetto sistema immunitario.

Gli anticorpi ci difendono da qualsiasi tipo di minaccia esterna per l’organismo (ad esempio: batteri, virus, ecc.). Sono i “soldati” del nostro sistema di difesa immunitario.

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Le malattie autoimmuni sono come un “fuoco amico”

Può accadere che il sistema immunitario identifichi, erroneamente, come estranei i propri organi o tessuti normali, producendo anticorpi contro di essi (autoanticorpi), quindi aggredendoli. Una specie di “fuoco amico”. Questo processo è la causa delle malattie autoimmuni quali, ad esempio, l’artrite reumatoide e la sclerosi multipla.

Gli anticorpi riconoscono in modo specifico la sostanza estranea da combattere (antigene) grazie alla sua conformazione e hanno il compito di neutralizzarne l’effetto.

Gli anticorpi monoclonali

A questo punto subentra la scienza. Gli anticorpi monoclonali (Mab) sono molecole prodotte in laboratorio, a partire dai linfociti B estratti dalla milza del topo o anche dall’organismo umano. Queste cellule fuse, chiamate ibridoma, sono coltivate singolarmente, in altre parole sono clonate (una cellula in un pozzetto). La singola cellula divenuta immortale successivamente si divide formando un clone di cellule identiche capaci di produrre quantità illimitate dello stesso anticorpo chiamato, appunto, monoclonale che può essere purificato. Gli anticorpi monoclonali sono progettati per riconoscere specificamente un unico, determinato antigene e si legano ad esso neutralizzandolo.

Esistono 4 tipi di anticorpi monoclonali:

  • Murini (-omab), interamente derivati da cellule di topo. Possono portare a una reazione allergica negli esseri umani;
  • Chimerici (-ximab), ottenuti mediante tecniche di biologia molecolare che consentono di sostituire alcune parti dell’anticorpo monoclonale derivato da cellule di topo (la regione costante) con la corrispondente parte di proteina di origine umana. Possono causare allergia;
  • Umanizzati (-zumab), derivati principalmente da cellule umane ad eccezione della parte dell’anticorpo che si lega all’antigene bersaglio;
  • Umani (-umab), interamente derivati da cellule umane.

Gli anticorpi monoclonali possono essere prodotti in grandi quantità contro gli antigeni derivanti da una serie di malattie infiammatorie, di infezioni e di tumori e sono utilizzati sia per scopi diagnostici, sia per scopi terapeutici. Inoltre, sono impiegati anche per potenziare le difese naturali del corpo.

Gli anticorpi monoclonali vengono impiegati anche nella lotta al Covid.

Come si assumono gli anticorpi monoclonali

Possono essere legati (o coniugati) a farmaci o a molecole radioattive (nel caso della radioimmunoterapia) per veicolare e indirizzare con estrema precisione il principio attivo verso il suo bersaglio. In questo modo si evita di coinvolgere altre parti dell’organismo riducendo gli effetti indesiderati e aumentando le probabilità di efficacia della terapia. La radioimmunoterapia è una tecnica che viene applicata soprattutto nella cura dei tumori.

A cosa servono gli anticorpi monoclonali?

Nella cura contro il Covid gli anticorpi monoclonali possono essere impiegati per neutralizzare il virus in modo da non permettergli l’ingresso nelle cellule dell’organismo al cui interno si riprodurrebbe. Questi anticorpi possono rendere il virus facilmente individuabile da altre cellule e difese del sistema immunitario, per inglobarlo e distruggerlo.

Quando si possono somministrare gli anticorpi monoclonali?

Nella lotta al Covid, gli anticorpi monoclonali possono essere utilizzati per le persone risultate positive ad un test del coronavirus, che manifestano sintomi lievi e moderati ma che rischiano di sviluppare una forma severa della malattia. Vengono così sottoposti a cura farmacologica a base di anticorpi monoclonali.

Da che età si possono prescrive gli anticorpi monoclonali?

La somministrazione di anticorpi monoclonali è stata autorizzata in soggetti di oltre 12 anni, positivi al Covid, non ospedalizzati e non in ossigenoterapia per Covid, con sintomi di grado lieve-moderato di recente insorgenza, e comunque da non oltre 10 giorni. Possono essere prescritti anche in presenza di almeno un fattore di rischio o se l’età del paziente supera i 65 anni.

Sono considerate a rischio anche le persone positive con le seguenti patologie o condizioni mediche:

  • Indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) ≥30, oppure >95° percentile per età e per genere;
  • Insufficienza renale cronica, incluse dialisi peritoneale o emodialisi;
  • Diabete mellito non controllato (HbA1c>9,0% 75 mmol/L) o con complicanze croniche;
  • Situazione di immunocompromissione (anche secondaria a trattamenti immunosoppressivi);
  • Malattia cardio-cerebrovascolare (inclusa ipertensione con concomitante danno d’organo);
  • Broncopneumopatia cronica ostruttiva e/o altra malattia respiratoria cronica (ad es. soggetti affetti da asma, fibrosi polmonare o che necessitano di ossigenoterapia per ragioni differenti da SARS-CoV-2);
  • Epatopatia cronica;
  • Emoglobinopatie;
  • Patologie del neurosviluppo e patologie neurodegenerative.

Quanto durano gli anticorpi monoclonali?

In molti casi gli anticorpi monoclonali riescono a persistere nei pazienti sintomatici fino a 8 mesi dopo la diagnosi di Covid-19. Questo indipendentemente dalla gravità della malattia, dall’età dei pazienti o dalla presenza di altre patologie.

Quali sono gli anticorpi monoclonali autorizzati?

La Commissione europea, su parere di Ema, ha autorizzato i seguenti medicinali contenenti anticorpi monoclonali, da soli o in associazione, contro la proteina spike del virus SARS-CoV-2:

  • Associazione casirivimab-imdevimab denominata Ronapreve (dell’azienda farmaceutica Regeneron/Roche) per il trattamento e la prevenzione di COVID-19;
  • Regdanvimab denominato Regkirona (dell’azienda farmaceutica Celltrion Healthcare Hungary Kft) per il trattamento di COVID-19;
  • Sotrovimab denominato Xevudy (dell’azienda GSK) per il trattamento di COVID-19;
  • Associazione tixagevimab-cilgavimab denominata Evusheld (dell’azienda farmaceutica AstraZeneca) per la profilassi pre-esposizione di Covid-19 e nel trattamento precoce di soggetti con infezione da SARS-CoV-2 a rischio di una forma grave di COVID-19.

Gli anticorpi monoclonali contro il Covid funzionano?

Nonostante lo scetticismo iniziale, nel 2022 sul New England Journal of Medicine sono stati pubblicati i risultati dello studio internazionale di fase III Provent che ha coinvolto 5.200 persone. Dalle analisi è emerso che la combinazione di anticorpi monoclonali a lunga durata d’azione (tixagevimab e cilgavimab) protegge la popolazione ad alto rischio per almeno 6 mesi dall’iniezione. Il rischio si riduce dell’83%. Una analisi più recente della Washington University School of Medicine ha dimostrato che questa combinazione è in grado di ridurre i rischi anche contro la variante Omicron.

Nel frattempo ci sono stati altri mutamenti e la comunità scientifica è in allerta rispetto alle sottovarianti. Marco Cavaleri, responsabile vaccini e prodotti terapeutici Covid dell’Ema, ha espresso preoccupazione nel vedere come “queste potenti terapie perdano attività in maniera significativa contro le varianti emergenti”. Per questo auspica un confronto sugli anticorpi monoclonali di nuova generazione al fine di renderli disponibili “il più rapidamente possibile”.

Il dirigente Ema invita a “semplificare la sperimentazione clinica incentrata sulla neutralizzazione delle varianti emergenti”. “Il virus – ha osservato a fine 2022 – muta a velocità pazzesca e continua. Tutti i nuovi vaccini adattati sono efficaci contro Omicron 5”.

Dallo studio Provent è comunque chiaro che nei rari casi in cui l’infezione si è verificata nonostante la somministrazione dei due anticorpi monoclonali, in nessun caso si è presentata in modo severo o critico.

Gli anticorpi monoclonali sono una potente arma per i pazienti fragili

Malgrado i dubbi e i mutamenti del virus, gli anticorpi monoclonali rappresentano la migliore soluzione per la profilassi pre-esposizione per molti pazienti immunocompromessi.

Gli anticorpi monoclonali possono funzionare nei pazienti fragili soprattutto se dati subito.

In particolare nei pazienti più fragili e a rischio in cui non si riscontra un’adeguata risposta immunitaria alla vaccinazione contro il Covid-19. La combinazione dei due anticorpi tixagevimab+cilgavimab ha rappresentato per loro una forte innovazione scientifica.

“Nonostante i vaccini contro il Covid-19 siano stati altamente efficaci nel ridurre l’ospedalizzazione e la morte – osserva Giovanni Di Perri, professore ordinario di Malattie infettive all’Università di Torino – rimangono ancora numerose persone le cui condizioni individuali non permettono una valida risposta protettiva alla vaccinazione. Si tratta in particolare di individui immunodepressi e di coloro per i quali la vaccinazione è controindicata”.

La Fondazione Umberto Veronesi ricorda che nella lotta al Covid-19 gli anticorpi monoclonali giocano un ruolo cruciale. Sin dai primi mesi della pandemia l’isolamento dei più efficaci anticorpi al plasma dei pazienti, e la successiva produzione su larga scala, è parsa essere una delle principali soluzioni per neutralizzare il coronavirus. Rappresentano un concentrato delle migliori armi del sistema immunitario per colpire il virus.

In linea generale il vaccino è oggi l’arma protettiva globale per il futuro postpandemico, in cui si prospetta un progresso nella ricerca e nello sviluppo dei farmaci antivirali e degli anticorpi monoclonali in pre-esposizione e in post-esposizione al virus.

Chi prescrive gli anticorpi monoclonali?

La selezione del paziente viene affidata ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta, ai medici delle Unità speciali di continuità assistenziale regionale (Uscar) e, in generale, ai medici che abbiano l’opportunità di entrare in contatto con pazienti affetti da Covid e con sintomi lievi-moderati e di indirizzarli rapidamente presso le strutture identificate a livello locale per la prescrizione e la somministrazione degli anticorpi monoclonali.

Su questa pagina dell’Aifa sono disponibili le informazioni aggiornate in merito alla prescrizione e all’utilizzo degli anticorpi monoclonali.

Come ottenere gli anticorpi monoclonali

L’accesso ai farmaci a base di anticorpi monoclonali avviene dopo una valutazione medica, a cura dei medici di famiglia oppure dei medici delle Uscar. Quindi bisogna contattare il proprio medico.

La prescrizione ed il trattamento devono garantire la somministrazione del prodotto il più precocemente possibile rispetto all’insorgenza dei sintomi, e comunque non oltre i 10 giorni dall’inizio degli stessi.

Sul sito dell’Aifa sono riportati i centri abilitati in ogni regione alla prescrizione degli anticorpi monoclonali.

Come avviene l’iniezione di anticorpi monoclonali?

La somministrazione più efficace avviene attraverso una singola dose della combinazione di anticorpi monoclonali tixagevimab e cilgavimab, facilmente somministrabile per via intramuscolare.

Dove si usano più anticorpi monoclonali contro il Covid?

L’ultimo monitoraggio “Anticorpi Monoclonali per Covid-19” conferma la tendenza che si delinea già dall’inizio dell’impiego di questi farmaci. Lazio, Veneto e Lombardia continuano a essere le regioni a ricorrere di più agli anticorpi monoclonali. Numeri che a fine 2022 sono raddoppiati rispetto all’inizio dell’anno. In totale sono stati prescritti quasi 90mila trattamenti con anticorpi monoclonali.

Gli altri usi degli anticorpi monoclonali

Gli anticorpi monoclonali vengono utilizzati già da tempo in terapie antinfiammatorie, immunosoppressive e antitumorale.

“Al di là dell’uso terapeutico – evidenzia la Fondazione Airc – gli anticorpi monoclonali sono diventati strumenti indispensabili in medicina. Si utilizzano infatti in moltissimi test diagnostici, dai comuni test di gravidanza da fare a casa ai test sierologici per il Covid-19. Anche la ricerca sul cancro, così come quella per altre malattie, non può fare a meno degli anticorpi monoclonali, che in tanti casi incidono non poco sul budget del laboratorio”.

Gli effetti collaterali degli anticorpi monoclonali

Nel trattamento antitumorale la terapia con anticorpi monoclonali comporta meno effetti collaterali rispetto ai trattamenti chemioterapici tradizionali, “sebbene – specifica l’Iss – alcuni possano essere anche gravi”. Spetta al medico illustrare quali effetti collaterali siano associati a quel particolare farmaco.

In generale, gli anticorpi monoclonali possono generare effetti indesiderati comuni, come reazioni allergiche, orticaria o prurito, segni e sintomi simili all’influenza, nausea, diarrea, eruzioni cutanee, bassa pressione sanguigna.

Gli effetti collaterali gravi sono molto rari. Le reazioni allergiche serie di solito si possono presentare durante la somministrazione della terapia o subito dopo, quindi mentre la persona è ancora sotto il controllo del medico. Tra gli effetti gravi ci sono anche anemia, problemi cardiaci, rischio di ipertensione, insufficienza cardiaca e attacchi cardiaci, problemi polmonari, problemi alla pelle, ferite e eruzioni cutanee, ferite sul tessuto che riveste le guance e le gengive, emorragie.

Il rapporto rischi-benefici di ciascuna terapia e l’opportunità di sottoporvisi deve essere discussa con il proprio medico.