Contratto di lavoro a chiamata: come funziona e quali sono le garanzie

lavoro a chiamata

Che cos’è un contratto di lavoro a chiamata e quali sono le garanzie previste per il lavoratore: le modalità di assunzione e tutte le specifiche previste dalla legge. 

Nell’odierno mercato del lavoro italiano ed internazionale sono molte le forme contrattuali che possono essere scelte da chi assume, alcune molto vantaggiose per il lavoratore, altre meno. Tra le modalità di impiego cosiddette flessibili, rientra anche il lavoro a chiamata o intermittente. Con tale modalità di assunzione, il dipendente si presta a svolgere l’attività richiesta secondo le esigenze del datore di lavoro, con quest’ultimo che può impiegarlo in modo discontinuo nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. Il contratto di lavoro a chiamata viene solitamente utilizzato maggiormente in alcuni settori specifici, come quello turistico, della ristorazione o dello spettacolo.

Il contratto di lavoro a chiamata

Nell’ordinamento italiano a disciplinare il contratto di lavoro intermittente è il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 che definisce tale rapporto di lavoro come quel contratto, a tempo determinato o indeterminato, con il quale un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro che può richiederne le prestazioni in maniera discontinua. Le modalità con cui è possibile utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente vengono individuate nei contratti collettivi e, qualora questi non dovessero esserci, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali.

Quando si può stipulare un contratto di lavoro a chiamata

In base a quanto previsto dall’art. 13, comma 2, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, il contratto di lavoro a chiamata può essere concluso solo con determinate tipologie di lavoratori. Si tratta, nello specifico:

  • di soggetti di età inferiore ai 24 anni di età, purché però le prestazioni lavorative siano esercitate entro il 25° anno di età, per lo svolgimento di qualsiasi tipo di attività;
  • dei soggetti di età superiore ai 55 anni, per lo svolgimento di qualsiasi tipo di attività;
  • di soggetti di età compresa tra i 24 ed i 55 anni, con alcune restrizioni legate però al tipo di attività che viene svolta.

A tali principi generali corrispondono delle eccezioni applicate nei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. In questi casi, infatti, il contratto di lavoro intermittente viene consentito a tutti i lavoratori. L’unico limite è rappresentato dal fatto che un rapporto di lavoro a chiamata con il medesimo datore di lavoro non deve eccedere complessivamente nella durata le 400 giornate di lavoro effettivo nell’arco di 3 anni solari. Qualora tale periodo dovesse essere superato, il rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

La struttura del contratto di lavoro a chiamata

Come detto, il contratto di lavoro a chiamata può essere concluso sia a tempo determinato che indeterminato a seconda delle necessità espresse del datore. Quando si sottoscrive questo tipo di accordo tra le parti, il lavoratore ha diritto a ricevere – a parità delle prestazioni svolte e per i periodi lavorati – un trattamento economico e normativo non inferiore a quello degli altri lavoratori di pari livello. Quanto alla struttura e alla forma del contratto di lavoro a chiamata, questo deve essere redatto in forma scritta (art. 15) ai fini della prova di una serie di elementi. Si tratta:

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  • delle durata del contratto e delle ipotesi, siano esse oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto di lavoro intermittente;
  • del luogo e della modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
  • del trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, sempre se prevista;
  • delle forme e delle modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro nonché le modalità di rilevazione della stessa;
  • dei tempi e delle modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità;
  • delle misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

È opportuno sottolineare che, nel momento in cui non viene utilizzata la prestazione, ovvero il lavoratore non è chiamato a svolgere mansioni, questo non ha diritto a nessun tipo di trattamento economico e normativo. Tale principio decade nel momento in cui il contratto con il lavoratore prevede la disponibilità a rispondere alle chiamate, così come previsto dall’art. 13, comma 4. In questi casi, infatti, al lavoratore a chiamata deve essere corrisposta l’indennità di disponibilità determinata nell’importo dai contratti collettivi. Si ricorda, inoltre, che l’ammontare di quest’ultima non potrà mai essere inferiore all’importo stabilito con decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Se il lavoratore non risponde alla chiamata e non giustifica il fatto può essere licenziato, oltre che essere chiamato alla restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.

Quando non si può stipulare un contratto di lavoro a chiamata

Nel decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 viene fatto espresso riferimento ai casi in cui non è possibile per il datore di lavoro stipulare un contratto di lavoro a chiamata. Più nello specifico, l’art. 14 indica tale impossibilità nei casi in cui:

  • si intenda sostituire dei lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • nei 6 mesi precedenti, la realtà economica proponente del contratto abbia provveduto a licenziamenti collettivi che hanno interessato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
  • la realtà economica proponente abbia operato, nei sei mesi precedenti, una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni riguardante lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
  • i datori di lavoro non abbiano svolto la valutazione dei rischi in applicazione della normativa a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Contratto a chiamata: gli obblighi del datore di lavoro

In tema di contratti di lavoro a chiamata è opportuno sottolineare anche che il datore di lavoro è tenuto per legge al rispetto di alcuni obblighi e adempimenti. Più nello specifico, ai sensi della normativa vigente, il datore di lavoro deve provvedere:

  • alla comunicazione obbligatoria di assunzione al centro dell’impiego;
  • alla comunicazione prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni.

A stabilirlo è l’art. 15, comma 3 del suddetto decreto legislativo, mentre le modalità operative per dare atto alla comunicazione sono state definite dal decreto interministeriale del 27 marzo 2013 e dalla circolare Mlps n. 27/2013.

Come detto, il datore di lavoro è tenuto a comunicare all’Ispettorato nazionale del lavoro in via telematica ogni chiamata del lavoratore o un ciclo integrato di chiamate non superiori a 30 giorni. Si tratta di una comunicazione che deve essere necessariamente fatta in maniera preventiva rispetto alla prestazione lavorativa, ma che tuttavia si può inviare anche il giorno stesso. Se tale adempimento non dovesse essere eseguito, il datore di lavoro può incorrere in una sanzione amministrativa che va dai 400 ai 2400 euro per ciascun lavoratore.

Alcuni esempi pratici dei contratti di lavoro a chiamata

Dopo averne compreso il funzionamento e le caratteristiche specifiche, proviamo ora a fare alcuni esempi concreti delle professioni per le quali, statisticamente, si fa maggiore ricorso ai contratti di lavoro a chiamata. Si tratta:

  • degli operatori addetti alla pulizia negli stabilimenti industriali;
  • degli operatori dei servizi di live streaming, webcasting o servizi prestati su Internet, di natura discontinua ed intermittente;
  • degli addetti al servizi di salvataggio presso gli stabilimenti balneari;
  • di operatori per l’inventario presso aziende e negozi;
  • di addetti del settore turistico, come custodi, guardiani diurni e notturni, portinai, uscieri e inservienti, camerieri, personale di servizio e di cucina, personale addetto ai trasporti di persone e di merci, addetti ai centralini telefonici privati, commessi nelle città con meno di 50.000 abitanti, personale addetto agli stabilimenti di bagni e acque minerali (escluso il personale addetto all’imbottigliamento, imballaggio e spedizione), impiegati di albergo le cui mansioni comportino rapporti con la clientela e purché abbiano carattere discontinuo, interpreti alle dipendenze di alberghi o di agenzie di viaggio e turismo;
  • di necrofori e portantini addetti ai servizi funebri;
  • di operatori del settore edile, come manovali, muratori, asfaltisti, autisti e conducenti di macchine operatrici nell’ambito di appalti per lavori di manutenzione stradale ordinaria/straordinaria;
  • di addetti al servizio in pizzerie al taglio o rosticcerie che operano nel settore dei pubblici esercizi in genere;
  • degli addetti all’attività di carico e scarico merci nel settore dell’autotrasporto.