La pizza napoletana diventa Stg: pregi e difetti del piatto simbolo del Made in Italy

pizza

Entra in vigore oggi il Regolamento Ue che riconosce e tutela la pizza napoletana come “specialità tradizionale garantita”. Chi utilizzerà nel menù la denominazione “pizza napoletana” dovrà garantire che la stessa si fatta secondo alcune regole. Insieme al professore Alberto Ritieni sfatiamo alcuni falsi miti che riguardano uno dei piatti simbolo del Made in Italy 

Il nostro sistema Italia grazie alla moda, ai motori, ma anche ai tanti vini, ai formaggi, alla pasta, al caffè e tanti altri prodotti ha creato un vero e proprio “brand” chiamato “Made in Italy” che va difeso in modo costante dalle varie forme di pirateria e dal falso sounding. Fra i prodotti che chiunque nel mondo associa all’essere italiano troviamo la pizza che è da sempre sugli scudi e rappresenta non solo un qualcosa di reale ma anche un bene immateriale da conservare sia pure evolvendosi in risposta ai nuovi tempi e accontentare i nuovi consumatori. La pizza è un piatto ricco di numerosi significati e di incredibili storie che la accompagnano e ne spiegano il suo grande successo oggi e un futuro speriamo sempre più roseo. Da oggi è anche tutelata come “specialità tradizionale garantita”: entra in vigore oggi, infatti, il Regolamento di esecuzione Ue 2022/2313 che ha approvato la richiesta dell’Italia a Bruxelles di garantire la protezione con riserva del nome per la “Pizza Napoletana” Stg. In altre parole, nessuno potrà scrivere nel menù “pizza napoletana” se non rispetta le regole previste dal disciplinare di produzione su ingredienti, metodi di preparazione e cottura.

La pizza considerata buona è solo quella fatta a Napoli

FALSO  La pizza si potrebbe paragonare a beni primari come il grano, il caffè, il succo di arancia etc. quasi da considerarla una “commodity” chiamata così perché non è facile riconoscere il luogo dove viene prodotto. La forza della pizza è quella di essere stata nel passato e di essere tuttora uno degli “emigranti” più fortunati del Made in Italy. È uno dei prodotti più rappresentati all’estero e la sua incredibile adattabilità alle varie tradizioni dei tanti paesi dovunque è stata introdotta, l’hanno resa un piatto e un simbolo internazionale dell’Italia. Storicamente la pizza nel passato era talvolta proposta da pizzaioli improvvisati, con una scarsa preparazione sugli ingredienti usati e sulle tecniche da usare. Il loro vantaggio di essere pionieri in alcuni paesi permetteva di adottare degli standard non eccellenti che erano sufficienti in questi “deserti gastronomici”. La forza che è alla base del primato della pizza è stata di disporre a breve distanza di materie prime di eccellenza ed oggi, con la globalizzazione dei mercati e la velocità dei trasporti, trovare latticini, pomodori o olio extravergine di oliva a migliaia di chilometri di distanza, questo limite non è più considerato proibitivo. In altre parole, oggi è come avere in una gara di Formula 1 tutte le auto con le medesime performances dove è il pilota/pizzaiolo a fare la reale differenza in un senso o nell’altro.

La pizza è come il caffè viene bene solo con acqua di qualità

VERO L’acqua è uno di quegli ingredienti spesso ingiustamente sottovalutato nella preparazione di tanti alimenti o anche di bevande come ad esempio il caffè. Sia la qualità che la composizione dell’acqua partecipano in maniera importante alla migliore riuscita dell’impasto per la pizza. Nel passato la pizza era un prodotto molto legato a Napoli perché probabilmente la sua acqua, considerata moderatamente dolce con un valore di residuo tra 100 e 200 mg per litro di Sali minerali, risulta ideale per fare degli ottimi impasti. Questo tipo di acqua crea impasti ideali per le pizze perché permette di avere una rete glutinica abbastanza resistente. Un tipo di acqua troppo dura, ovvero ricca di Sali minerali crea una rete troppo forte, che non da una buona crescita dell’impasto che mostra pochi alveoli e di solito occorre l’aggiunta di più lievito o di farina maltata. La farina maltata si origina con un processo fisico dove i chicchi di grano sono fatti germinare, essiccare e macinare per avere una farina integrale. Questa farina è più ricca di zuccheri semplici e rende l’impasto anche più profumato. Gli impasti industriali, dove la meccanizzazione predomina, risentono meno della durezza dell’acqua e comunque il valore ideale è compreso tra circa 7°F fino a 20°F. Laddove l’acqua risulta povera di Sali minerali occorrerà ridurre l’idratazione per evitare degli impasti troppo appiccicosi e poco efficienti per dare un buon panetto di pizza. Questo fa comprendere come la pizza non è semplicemente legata ad uno specifico territorio quanto all’esperienza del pizzaiolo, la sua capacità di scegliere farine e idratazione degli impasti. Ricordiamo che Marty McFly nel celeberrimo film “Ritorno al Futuro” recitava “Oh, accidenti, mamma, tu sì che sai idratare la pizza” pur vivendo in California.

La pizza può essere cotta solo nei forni a legna

FALSO La cottura della pizza richiede delle temperature molto alte che nel passato erano possibili con l’uso del forno a legna. Le tecniche oggi sono cambiate per cui una pizza tradizionale cotta nel forno elettrico o nel forno a gas è spesso indistinguibile da quella cotta a legna. I forni a legna sono permessi, salvo i casi in cui i Comuni non intervengano, ma la legge ne regolamenta l’utilizzo, le emissioni dei fumi in atmosfera e non è obbligatorio l’istallazione di sistemi di abbattimento. Occorre però abbattere le emissioni dei fumi e di fuliggine se si è troppo vicini alle abitazioni. I forni a gas sono considerati forni “puliti” perché è meno complesso della gestione della legna e della pulizia di un forno a legna. Il sapore di affumicato che talvolta si apprezza non deriva dal fumo, ma dalla pulizia insufficiente della platea e questo segnale è un errore da parte di chi gestisce il forno a legna e della sua preparazione. In un prodotto come la pizza, i livelli di qualità degli impasti per la scelta delle farine, la loro idratazione, i tempi di fermentazione e lievitazione hanno raggiunto uno standard molto alto. È la seconda fase della preparazione di una buona “pizza” ovvero la cottura che non è meno importante a dovere ancora essere ottimizzata. In una corsa di Formula 1 è basilare settare l’auto al meglio durante le prove, ma la vittoria finale si raggiunge alla fine della gara per cui una cottura sbagliata può rovinare tutto. Con temperature troppo alte, rispetto alla platea, si ottiene una pizza molto alta ma poco cotta alla base. Questa parte della pizza è laddove sono sistemati tutti gli ingredienti per cui se non cotta al meglio, le fette sono una delusione per i commensali. Ogni tipo di forno ha delle criticità, ad esempio quello elettrico deve raggiungere e mantenere temperature molto alte, quello a gas richiede una fiamma molto viva per surrogare la brace del forno a legna. Ricordiamo che è il piano di pietra del forno e la temperatura che riesce a raggiungere e a tenere a cuocere la pizza e non sono né il gas, né legna o l’elettricità.

La pizza è un prodotto moderno e giovane

VERO La storia ci narra di un piatto senza età, infatti non è chiaro definirne una data di nascita, si parla di pizza già nel 997 a Gaeta, ma è solo nel 1400 si sente parlare di pizza con maggiore frequenza. Per alcuni la pizza è una contaminazione della pita degli arabi cotta nel forno, per altri dobbiamo ai Longobardi e al termine “bissen” che indicava un pezzo di pane, l’origine della parola pizza. Tra il 1500 e il 1600 a Napoli la pizza sfamò i più poveri aggiungendo alla focaccia del formaggio, pepe, basilico. Per altri si ipotizza che la pizza sia la “provaccia” che il panificatore dell’epoca usava per verificare la giusta temperatura del forno. Potremmo parlare ancora per molto, ma dimostreremmo come la pizza nasce multietnica, multiculturale e transnazionale. Il suo DNA è ricco in partenza di contaminazioni dai vari paesi per cui quando è emigrata dall’Italia verso altri paesi spesso si è trattato di un ritorno a casa. La pizza è un piatto caratterialmente empatico per cui si adatta, si plasma ai gusti dei posti dove è preparata; a volte si pensa che determinati abbinamenti di ingredienti siano azzardati ma rappresentano solo il riaffiorare dell’anima popolare del piatto. È un prodotto a basso impatto ambientale per l’uso frequente di ingredienti locali; quindi, non meravigliamoci di trovare l’ananas o altro sulla base, è anche uno degli alimenti come la pita dove si può mangiare senza usare utensili e quindi non lasciare alcunché da lavare. La pizza negli ultimi anni ha trovato pizzaioli sempre più attenti agli ingredienti, alle farine, alla cottura, alla lievitazione etc. trasformandolo in un piatto spesso sorprendente e con pari dignità rispetto alle altre pietanze. Questo lavoro ha riavvicinato i giovani che non intendono la pizzeria come una volta, ma come un luogo dove testare i propri sensi e l’accoppiamento con birre, vini e anche specifiche acque minerali aiuta ad esaltarne le qualità.

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Conclusioni

Siamo a Natale, siamo pronti a cenoni e pranzi ricchi di ogni bene, uno spazio per la pizza di qualità è quasi d’obbligo, è conviviale, è un prodotto smart, apprezzato anche dai bambini ed è possibile testare tanti gusti, può essere un perfetto “appetizer” per aprire una serata in maniera originale. Lo stereotipo “pizza, spaghetti e mandolino” è stato una zavorra penalizzante, ma contiene tre dei pilastri del nostro Made in Italy come pizza, pasta e musica. L’augurio è che sempre più giovani sia che siano pizzaioli o dei consumatori apprezzino e migliorino sempre di più i livelli di eccellenza della pizza.