La galattosemia è una malattia rara che deve essere diagnosticata con lo screening natale. Oggi la diagnosi è gratuita. Associazioni e sanitari operano in questo settore per una società più inclusiva, consentendo a malati e intolleranti una vita più serena
Quando ci troviamo sul terreno impervio delle malattie rare le statistiche passano in secondo piano, mentre quei sporadici casi rischiano di scivolare nell’anonimato. Uno degli obiettivi della medicina personalizzata e dello screening neonatale esteso è proprio quello di riportare luce e restituire una normale quotidianità a chi soffre di queste patologie.
Una malattia si definisce rara quando colpisce non più di 5 individui ogni 10mila abitanti. La Commissione europea stima che nel territorio comunitario siano presenti da 27 a 36 milioni di pazienti con malattie rare. Dietro questi numeri ci sono persone, e molto spesso bambini. In questo universo di patimenti ci sono ricercatori che lottano contro malattie che spesso si possono prevenire o tenere sotto controllo, se diagnosticate in tempo. Una di queste è la galattosemia, una forma di patologia rara, metabolica e genetica potenzialmente mortale che può manifestarsi fin dalla nascita.
Cos’è la galattosemia
La dottoressa Elsa Bevivino dell’Unità Operativa di Patologia Metabolica dell’Ospedale Bambino Gesù, ricorda che questa malattia ha una frequenza rara di 1 su 40mila persone e 1 nascituro su 60mila nati. I soggetti che ne sono colpiti nascono incapaci di convertire il galattosio, lo zucchero contenuto nel latte, in glucosio, lo zucchero utilizzato dall’organismo come fonte di energia.
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La galattosemia non è l’intolleranza al lattosio
Per galattosemia in campo medico si intende una malattia a carattere ereditario, autosomica recessiva, dei nascituri, dovuta ad un malfunzionamento di un enzima capace di metabolizzare il galattosio. Se non diagnosticata in tempo può risultare mortale.
Gli esperti del Bambino Gesù ricordano che spesso, erroneamente, la galattosemia viene confusa con l’intolleranza al lattosio.
L’Associazione italiana a tutela degli intolleranti al lattosio (Aili) si occupa di sensibilizzazione e conoscenza del mondo “lactose free”, al fine di permettere alle persone intolleranti di vivere la propria vita in modo sereno e consapevole, senza il bisogno di sentirsi “diversi”.
I volontari Aili spiegano che la galattosemia è una condizione ben più complessa della latto-intolleranza che viene definita una vera e propria malattia metabolica rara e con conseguenze che possano aggravare le condizioni dei pazienti.
C’è anche una differenza tra lattosio e galattosio. Il galattosio è uno zucchero che si può trovare anche da solo negli alimenti. Molto più comunemente il galattosio si trova come parte di un altro zucchero, appunto il lattosio, che è parte del latte ed è una combinazione di glucosio e galattosio.
Dunque, il galattosio è presente nel lattosio. La galattosemia è pericolosa perché negli organismi delle persone affette da questa patologia manca l’enzima necessario per abbattere il galattosio (Qui l’approfondimento sull’importanza degli enzimi nella digestione).
Anche l’intolleranza al lattosio è una intolleranza enzimatica, la più comune. È definita ipolattasia e si verifica in caso di mancanza parziale o totale dell’enzima lattasi, in grado di scindere il lattosio nei suoi due zuccheri semplici: glucosio e galattosio. Come spiegano i medici di Humanitas, non si tratta di un disturbo pericoloso, ma è associato a sintomi fastidiosi come dolori addominali, gonfiore, meteorismo, diarrea e stitichezza, che possono essere evitati solo limitando il lattosio introdotto con l’alimentazione.
Invece, i soggetti con galattosemia vanno incontro a conseguenze ben più gravi, a seconda delle forme di deficit. Senza alcun trattamento, la mortalità nei neonati affetti da galattosemia è circa del 75%.
Quante forme di galattosemia esistono?
Esistono 3 forme più comuni di deficit da galattosemia:
- Tipologia 1 – Deficit galattosio-1-fosfato uridiltransferasi, detta anche galattosemia classica (colpisce 1 bambino su 62mila nati vivi)
- Tipologia 2 – Deficit di galattochinasi, anche detta deficienza di galattochinasi (con frequenza 1 su 40.000 bambini nati vivi)
- Tipologia 3 – Deficit dell’uridina difosfato galattosio 4-epimerasi, viene anche nominata deficienza di galattosio epimerasi (ha una cadenza di 1 caso ogni 23.000 bambini nati vivi).
In un soggetto sano il galattosio viene convertito in glucosio dall’azione di tre enzimi, attraverso un processo noto come la via di Leloir, che consente la normale via metabolica del galattosio negli esseri umani. I tre tipi di galattosemia sono associati ad una deficienza di ciascuno di questi tre enzimi. Nella tipologia 1 l’enzima responsabile del deficit è il galattosio-1-fosfato uridiltransferasi. Nel tipo 2 è l’enzima galattochinasi. Nella tipologia 3 è un caso di deficit da enzima UDP galattosio epimerasi.
Esiste anche una quarta tipologia, di recente acquisizione:
- Tipologia 4 – Deficit di galattosio-mutarotase (GALM).
Infine, è stata scoperta anche una variante Duarte in cui, a causa di una particolare alterazione genetica del gene GALT, l’attività enzimatica è ridotta ma superiore a quella della Tipologia 1 di galattosemia.
Qual è la causa della galattosemia
La galattosemia viene definita una malattia genetica ereditaria che si trasmette con modalità autosomica recessiva. Questo significa che il figlio eredita il gene malato da entrambi i genitori. I genitori sono portatori sani, non manifestano segni e sintomi ma, ad ogni concepimento hanno un rischio del 25% di avere un bambino malato.
Quindi la causa è ereditaria, ed è una patologia caratterizzate da difetti a carico dei quattro enzimi sopra elencati. Una conseguenza importante è l’accumulo di galattosio e dei suoi metaboliti nei tessuti e nei fluidi corporei.
Quali sono i sintomi della galattosemia
Le tipologie 1 e 3 di galattosemia classica si manifestano generalmente in età neonatale con insufficienza epatica caratterizzata da basse concentrazioni di glucosio nel sangue (ipoglicemia), aumento delle transaminasi, ittero, vale a dire colorazione giallastra della pelle e delle sclere (la parte bianca degli occhi), disturbi della coagulazione.
A questi sintomi, possono associarsi anche problemi renali (tubulopatia renale) e cataratta.
Si possono inoltre osservare ritardo dello sviluppo psicomotorio e del linguaggio. Mentre nelle femmine con galattosemia di tipo 1, può manifestarsi un ritardo della pubertà con disfunzione ovarica.
La galattosemia di tipo 2 si manifesta con cataratta bilaterale neonatale o nei primi mesi di vita.
La variante Duarte non genera sintomi.
Invece, la galattosemia del tipo 4 presenta frequentemente cataratta bilaterale, occasionalmente sintomi gastrointestinali ed epatopatia.
Come si scopre di avere la galattosemia
In assenza di sintomi la galattosemia può essere diagnosticata alla nascita con lo screening neonatale che determina il livello di galattosio e dell’attività enzimatica GALT che consente di individuare la galattosemia tipo I e la variante Duarte.
Con il progredire della malattia compariranno sintomi a carico del fegato, del rene, problemi oculari e cerebrali. Essenziale per la determinazione del tipo di galattosemia è lo studio genetico.
Lo screening per diagnosticare la galattosemia oggi è gratuito
In Italia lo screening neonatale è gratuito e obbligatorio sin dal 1992. Tuttavia, all’inizio era effettuato per sole tre malattie: ipotiroidismo congenito, fibrosi cistica e fenilchetonuria. Negli anni Novanta lo sviluppo delle tecnologie di laboratorio ha semplificato le analisi di screening ed è stato possibile estendere lo screening neonatale ad un ampio spettro di malattie congenite, definito Screening Neonatale Esteso – Sne. Ma, l’estensione dello screening neonatale è stato un percorso a ostacoli, lungo e complesso.
È solo con la legge numero 147 del 2013 (Legge di stabilità 2014) che comincia il percorso normativo di attuazione dello Sne. La 147 ha stabilito “anche in via sperimentale di effettuare, nel limite di 5 milioni di euro, lo screening neonatale per la diagnosi precoce di patologie metaboliche ereditarie per la cui terapia, farmacologica o dietetica, esistano evidenze scientifiche di efficacia terapeutica o per le quali vi siano evidenze scientifiche che una diagnosi precoce, in età neonatale”.
Inizialmente lo Sne era attivo solo in alcune aree regionali d’Italia. Questo aveva creato, però, disuguaglianze nelle opportunità di salute offerte dagli enti regionali ai nuovi nati.
Con la legge numero 167 del 19 agosto 2016, recante “Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle malattie metaboliche ereditarie” è stato fatto un importante passo avanti, stabilendo l’inserimento dello Sne per le malattie metaboliche rare nei nuovi livelli essenziali di assistenza così da poter garantire lo screening a tutti i nuovi nati.
Oggi, lo Sne rappresenta uno degli strumenti più efficaci per la diagnosi precoce di un ampio spettro di malattie congenite rare, per le quali sono, ad oggi, disponibili trattamenti specifici che, se iniziati tempestivamente, possono migliorare la prognosi e gli esiti della malattia. Tra queste malattie rare diagnosticate gratuitamente rientra anche la galattosemia.
Il ministero della Salute sostiene che l’Italia sia “il paese europeo con la politica di screening neonatale più avanzata, come definito ai sensi della Legge 167/2016 e ai successivi aggiornamenti e decreti attuativi”. Lo Sne attualmente ha esteso lo screening neonatale alle malattie neuromuscolari genetiche, alle immunodeficienze congenite severe e alle malattie da accumulo lisosomiale e ha stabilito l’aggiornamento periodico dell’elenco delle malattie da sottoporre a screening.
Come si fa lo screening per la galattosemia
Lo screening neonatale per la diagnosi precoce delle malattie metaboliche ereditarie è costituito da una serie di test non invasivi che misurano la concentrazione nel sangue di specifiche sostanze (metaboliti), la cui alterazione è indicativa di specifiche malattie. Lo screening si effettua prelevando poche gocce di sangue dal tallone del neonato. Il prelievo viene eseguito presso il centro nascita prima della dimissione del neonato, fra le 48 e le 72 ore di vita.
In presenza di un’alterazione al test di screening neonatale sono necessari ulteriori esami diagnostici che confermino la diagnosi della malattia. Nel caso di conferma della diagnosi, il neonato viene preso in carico presso il centro clinico di riferimento per iniziare tempestivamente il trattamento specifico e seguire il follow-up previsto per la malattia.
Il ministero della Salute sostiene che sia fondamentale riservare alla diagnosi un’adeguata attenzione e promozione anche attraverso la necessaria formazione dedicata agli operatori.
Di particolare importanza è anche l’offerta di informazioni corrette nei confronti dei futuri genitori, sin dalla fase preconcezionale, nei Punti Nascita e nei Consultori Familiari e, successivamente, durante la gravidanza e nel periodo perinatale.
Come si cura la galattosemia
La terapia delle quattro forme di galattosemia è rappresentata dalla dieta con un’alimentazione a ridotto contenuto di galattosio e lattosio che dovrà essere proseguita per tutta la vita.
L’apporto di calcio e vitamina D sarà assicurato con la somministrazione di integratori. Nei casi di cataratta è necessario ricorrere ad intervento chirurgico per l’asportazione.
In presenza di ritardo psicomotorio è utile la terapia di riabilitazione. In caso di disfunzione ovarica può rendersi necessario il trattamento ormonale sostitutivo. La variante Duarte di solito non richiede trattamento dietetico.
La diagnosi precoce e il tempestivo inizio della terapia con diete opportune consentono di migliorare notevolmente la prognosi a lungo termine.
Per i quattro tipi di galattosemia, anche quando i pazienti sono curati fin dalla nascita, possono verificarsi complicazioni a lungo termine che portano ritardo psicomotorio, formazione di cataratta e, nelle femmine, disfunzione ovarica e la diminuzione della densità ossea.
Help line telefonica per malattie rare
Nell’ambito del progetto “NS2 – Nuove Sfide, Nuovi Servizi” realizzato dalla Federazione italiana malattie rare (Uniamo), Mitocon e Aismme, tra il 2018 e il 2020 sono state realizzate indagini conoscitive specifiche ed effettuati incontri e dibattiti, sia per sensibilizzare sull’importanza della presenza di servizi di help-line telefonica sia per far meglio conoscere le realtà esistenti. Su questo link (https://uniamo.org/help-line-istituzionali/ ) sono disponibili tutti i numeri istituzionali di contatti telefonici e di email delle help line regionali dedicate alle malattie rare.
Nel 2022 la Rivista italiana delle malattie rare (https://www.malattierare.eu/pages/rivista/Screening-neonatale-la-situazione-attuale-in-51-Paesi-della-regione-Europea-idA172 ) ha rilevato un quadro positivo della situazione in Europa, e delle condizioni dei neonati, grazie allo sviluppo di sempre maggiori attività di screening che coinvolgono sempre più condizioni patologiche. Tuttavia, occorre uno sforzo comune da parte dei paesi membri Ue per quanto riguarda l’analisi dei risultati e la presa di decisioni di salute pubblica.
La galattosemia oggi ha un’incidenza media di 2 casi ogni 100mila.
Le ricetta adatte per gli affetti da galattosemia
Sul sito dell’Osservatorio malattie rare (Omar) sono state pubblicate alcune ricette e indicazioni alimentari per intolleranti o per i soggetti affetti da malattie rare come la galattosemia (Qui per consultare la pagina e gli aggiornamenti: https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare/malattie-metaboliche/18946-malattie-metaboliche-al-via-il-progetto-aismme-cosa-mangera-da-grande) .
Il neonato con galattosemia non va allattato al seno
I bambini con galattosemia non devono essere allattati al seno, per questo occorre anche diagnosticare in tempo la carenza degli enzimi. La galattosemia viene trattata eliminando completamente dalla dieta del bambino malato il latte e i latticini, che sono la principale fonte di galattosio. Bisogna seguire le indicazioni mediche anche riguardo l’acquisto di prodotti e alimenti adeguati a chi soffre di questa patologia.
Come per le intolleranze alimentari, anche chi soffre di malattie rare dovrebbe vivere in condizioni tali da non sentirsi un “diverso”: dalla quotidianità al lavoro. Ma è una questione culturale.