La trichinellosi è un’infezione causata dal parassita appartenente al genere trichinella. Causa disturbi gastrointestinali ed infiammazioni muscolari. Come avviene la trasmissione all’essere umano
Cos’è la trichinellosi
La trichinellosi (detta anche trichinosi) è una zoonosi causata da vermi cilindrici (nematodi) appartenenti al genere trichinella, un parassita che inizialmente si localizza a livello intestinale per poi dare origine a una nuova generazione di larve che migrano nei muscoli, per creare poi delle cisti.
Il parassita è in grado di infettare i mammiferi, gli uccelli e i rettili, soprattutto quelli carnivori e onnivori, maiale, volpe, cinghiale, cane, gatto e anche l’uomo.
La specie di trichinella più patogena per l’uomo è trichinella spiralis. Questa specie è anche quella meglio adattata ai suini domestici e selvatici e quindi più facilmente riscontrata nell’essere umano.
La trasmissione all’uomo avviene esclusivamente per via alimentare, attraverso il consumo di carne cruda o poco cotta contenente le larve del parassita. In Italia, il veicolo di maggiore di trasmissione è la carne suina, quella di cinghiale, quella equina e più raramente arriva da carnivori selvatici.
La trichinellosi non si trasmette da persona a persona ed ha un periodo di incubazione di circa 8-15 giorni, ma può variare da 5 a 45 giorni a seconda del numero di parassiti ingeriti.
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Come avviene l’infezione
La trichinellosi è causata dal parassita, “trichinella spiralis” o da altre specie di nematodi appartenenti al genere trichinella. I parassiti si trovano nelle acque dolci, marine o nel terreno umido e l’infezione si contrae mangiando carne contaminata cruda o poco cotta.
Il maggior rischio viene dalla carne di maiale soprattutto quelli provenienti da regioni in cui i maiali vengono alimentati con scarti di carne e rifiuti crudi. Altre carni che potrebbero trasmettere l’infezione sono quella di cinghiale, di orso o di tricheco.
Le larve dei nematodi trichinella vivono nei muscoli degli animali, in genere maiali, ed animali selvatici come i cinghiali, le volpi e molti altri animali carnivori. Quando la carne viene consumata cruda o poco cotta, le larve riescono a sopravvivere ed a infettare l’organismo di chi le consuma.
Mangiando carne infettata dal parassita della trichinella, la parete delle cisti che contiene le larve, viene digerita rilasciandole quest’ultime, nell’intestino. Le larve riescono a maturare velocemente, ad accoppiarsi ed a riprodursi, nel corpo di chi ha ingerito la carne infestata dai parassiti.
Dopo l’accoppiamento, i vermi maschi muoiono e non svolgono alcun ruolo nell’infezione. Le femmine si annidano nella parete intestinale e, dopo diversi giorni, iniziano a produrre le larve.
Questa riproduzione continua per circa 4-6 settimane, dopo questo periodo il verme femmina muore oppure viene espulso dal corpo umano.
Prima di questo processo, però, può avvenire che le larve trasportate nell’organismo attraverso i vasi linfatici e il sangue, penetrano nei muscoli e causano uno stato infiammatorio formando delle cisti capaci di sopravvivere anche per anni.
I muscoli più colpiti dall’infezione sono quelli della lingua, quelli perioculari e intercostali, più rari, invece, i casi di infezioni nel muscolo cardiaco.
Le larve morte, invece, vengono assorbite o si calcificano e possono essere espulse dall’organismo.
I sintomi della trichinellosi
Nella maggior parte delle persone, abbiamo accennato che le infezioni sono dovute al consumo di carne di maiale.
Si stima che a livello mondiale ogni anno si verifichino 10.000 casi di trichinellosi, conosciuta anche con il nome di trichinosi.
Una volta contratta, l’infezione dà luogo ad una sintomatologia specifica che include diarrea, crampi addominali, dolore muscolare e febbre
Il decorso dell’infezione può essere anche molto lungo. Una volta insediatosi le larve si spostano verso i muscoli dove si annidano dando origine ad alcune infiammazioni.
Inizialmente si manifestano nausea, diarrea e crampi addominali, in seguito si sviluppano dolore muscolare, debolezza, febbre, cefalea e talvolta infiammazione agli organi.
Solo dopo alcune settimane, l’analisi del sangue è in grado di rilevare gli anticorpi contro il nematode trichinella ed a confermare la diagnosi di infezione da trichinella.
I sintomi della trichinosi variano in rapporto allo stadio dell’infezione, al numero di larve infestanti, ai tessuti invasi e alle condizioni di salute generali della persona.
Alcune persone possono restare asintomatiche e debellare i vermi senza alcuna terapia.
Le larve infettanti sono lunghe circa 1 mm e dopo essere state ingerite si liberano dai tessuti dell’ospite nello stomaco, passano all’intestino tenue dove penetrano attivamente nell’epitelio intestinale e si sviluppano fino allo stadio di adulto.
Una volta raggiunta la maturità sessuale (al 4° giorno dopo l’infezione) e dopo la successiva fecondazione, la femmina produce larve definite “newborn” (neonate) che migrano attraverso il sistema linfatico prima e sanguineo dopo, alle cellule dei muscoli dove penetrano attivamente.
Le larve all’interno delle cellule nutrici possono sopravvivere per anni sia nell’uomo che negli animali, restando in attesa di essere ingerite da un nuovo ospite.
La gravità dell’infezione è dovuta principalmente alla dose di larve infettanti ingerite e può variare da forme benigne a forme gravi che, in seguito a complicazioni cardiocircolatorie, respiratorie e/o neurologiche, possono portare al decesso del paziente.
Nelle persone infette, la malattia segue un iter specifico che presenta due fasi.
In un primo momento si manifesta un’infezione intestinale dopo 24-48 ore dall’assunzione di carne contaminata, causando disturbi gastrointestinali come nausea, diarrea, crampi addominali.
Nella fase successiva, invece, si cominciano a manifestare i sintomi legati all’infiammazione muscolare e la malattia passa allo stadio successivo.
La fase acuta della trichinellosi presume che ci sia stata una vera e propria invasione delle larve, che attraverso le vie linfatiche dell’organismo umano si spostano verso i muscoli.
Il passaggio delle larve fino alle fasce muscolari può durare anche due settimane e produce stati infiammatori e disturbi generici come dolori muscolari, debolezza, febbre, cefalea e gonfiore del viso, in particolare intorno agli occhi. In alcune persone si manifestano anche episodi di ipersensibilità alla luce diretta.
Lo stato doloroso colpisce soprattutto quei muscoli che l’essere umano utilizza per determinate funzioni vitali, come respirare, parlare, masticare e deglutire.
Se sono presenti molte larve, l’infiammazione può arrivare fino al cuore, ai polmoni ed attraversare la corteccia cerebrale arrivando fino al cervello.
Un organismo attaccato dal parassita della trichinellosi, può sviluppare anche un’insufficienza cardiaca, alterazioni del ritmo cardiaco, convulsioni e gravi problemi respiratori.
Raramente questa infezione ha conseguenze fatali.
Come accennato in precedenza, alcuni organismi contraggono l’infezione non manifestando mai i sintomi.
Generalmente la malattia ha un carattere epidemico in quanto è più probabile che molti soggetti, in un arco temporale definito, consumano le carni infette. I casi singoli, invece, sono rari.
Come si diagnostica la trichinellosi
I sintomi sono i primi a permettere di fare una diagnosi sebbene sono simili ad altri disturbi gastrointestinali, nel momento in cui il medico sospetta l’infezione da trichinellosi, indicherà al paziente di sottoporsi ad un’analisi del sangue per rilevare la presenza degli anticorpi contro il parassita, ma se la malattia è all’esordio, difficilmente questi, si sono sviluppati.
Per avere i primi risultati positivi, potrebbero passare anche 5 settimane dall’esordio dell’infezione.
La diagnosi viene suggerita dalla presenza di marcata eosinofilia (fino al 70%), leucocitosi, aumento degli enzimi muscolari (Cpk) e confermata attraverso esami sierologici o biopsia muscolare positiva per trichinella.
Per confermare la diagnosi, il test anticorpale viene ripetuto a intervalli settimanali per diverse settimane.
In casi nascosti dove le analisi non presentano gli anticorpi della trichinella ma i sintomi persistono se non addirittura peggiorano, potrebbe essere utile ricorrere ad una biopsia di tessuto muscolare da esaminare al microscopio e che è in grado di evidenziare la presenza di larve o di cisti.
Nell’uomo il quadro clinico varia dalle infezioni asintomatiche a casi particolarmente gravi, con alcuni decessi.
Come prevenire l’infezione
Infettarsi con le larve di trichinella non è così semplice, i rischi aumentano se si consuma carne cruda, poco cotta o non lavorata.
La maggior parte delle infezioni vengono acquisite nel periodo invernale che coincide con l’attività venatoria, con la macellazione dei suini provenienti da allevamenti a carattere familiare e quindi non controllati e con le epidemie di influenza.
Nei paesi dell’Unione Europea la prevalenza dell’infezione nell’uomo si è fortemente ridotta nell’ultimo decennio grazie ad un incremento dei controlli veterinari e all’educazione dei cacciatori e consumatori. Infatti, in Italia, nell’ultimo decennio le carni e i prodotti derivati di cinghiali provenienti dall’attività venatoria e non sottoposti al controllo veterinario hanno rappresentato la principale fonte di infezione.
Ci sono alcuni suggerimenti che possono aiutare nella prevenzione delle trichinellosi. Sul sito dell’Istituto Superiore della Sanità sono riportate le misure igienico – sanitarie da osservare per poter prevenire il contagio.
La carne va consumata ben cotta, in modo che le eventuali larve presenti vengano inattivate o distrutte dal calore. Il colore della carne deve virare dal rosa al bruno. La cottura completa delle carni ad alte temperature, infatti, può determinare la morte delle larve dei nematodi del genere trichinella.
Lo stesso avviene con il congelamento. Questo metodo però è efficace sulla carne suina ma non su quella di animali selvatici per i quali le basse temperature non sono sufficienti ad uccidere le larve.
La selvaggina e i maiali macellati a domicilio devono essere esaminati sempre da un veterinario per determinare l’eventuale presenza delle larve del parassita nelle carni.
Nel caso si allevino maiali, si deve impedire che mangino la carne cruda di altri animali e di topi che potrebbero essere stati infestati dal parassita. Se si macella la propria carne in casa, pulire bene gli strumenti.
La salatura, l’essiccamento, l’affumicamento e la cottura nel forno a microonde della carne non assicurano l’uccisione del parassita.
Inoltre, è buona norma lavare accuratamente tutti gli utensili adoperati per tagliare la carne o per fare le preparazioni, come coltelli, taglieri e tritacarne. Come molto importante è lavare le mani dopo aver toccato la carne cruda.
I trattamenti da seguire in caso di infezione
In assenza di trattamento, la maggior parte dei sintomi della trichinosi scompare al terzo mese di infezione, sebbene dolori muscolari e affaticamento possano persistere più a lungo.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda il trattamento con un antielmintico associato ad un antinfiammatorio da iniziare al più presto dopo la diagnosi.
Come antielmintici si usano l’albendazolo o mebendazolo, che sono farmaci antiparassitari che eliminano i vermi adulti.
A questo trattamento va associato una terapia mirata a curare i sintomi che possono manifestarsi, ad esempio l’uso di analgesici per i dolori muscolari oppure di cortisonici per le infezioni gravi.
La maggior parte dei malati di trichinosi, comunque, guarisce completamente.
Alcuni dati epidemiologici in Europa e nel mondo
Dalle ultime stime, come è possibile vedere sul sito del Ministero della Salute, nel 2017, in Europa sono stati segnalati 224 casi di trichinellosi nell’uomo.
I casi di trichinellosi umana sono correlati a epidemie causate generalmente dal consumo di carne e prodotti derivati (salsicce fresche) di suini o cinghiali allevati allo stato brado o di carne di cinghiali oggetto di attività venatoria.
Nel resto del mondo la situazione epidemiologica della trichinellosi varia molto a secondo delle abitudini alimentari della popolazione e ai controlli veterinari.
Le infezioni umane si stanno fortemente riducendo non solo a livello dell’Unione Europea ma anche negli Stati Uniti e in Canada. Tuttavia permangono ancora alcune zone ad alta endemia per il consumo di carne suina non controllata, come ad esempio in Argentina.
Nei paesi industrializzati sono invece in aumento le infezioni umane causate dal consumo di carni provenienti dall’attività venatoria spesso illegale e quindi non controllata dai servizi veterinari.
In Italia, dagli anni cinquanta fino al 2018, sono state documentate 1.525 infezioni da trichinella nell’uomo per lo più causati da carni infette consumate all’estero con conseguente sviluppo della malattia in Italia. Ma non sono stati documentati decessi.