Quando si può (e quando è vietato) registrare una conversazione. Incide il luogo e il consenso e se la cosa ricade nella sfera domestica oppure professionale. Cosa prevede la legge sulla privacy
L’ingresso nell’era degli smartphone ha segnato uno spartiacque tra il consueto utilizzo del telefono, dedicato esclusivamente alle chiamate e agli sms, e l’attuale uso del cellulare.
Basta un touch o un comando vocale per avviare una registrazione durante una conversazione. Un prima e un dopo dunque, che ha portato ad una maggiore diffusione dell’abitudine di registrare.
Per evitare multe o sanzioni inaspettate, è necessario sapere che occorre conoscere la normativa di riferimento in vigore nel nostro Paese. Per prima cosa, un elemento che non deve mai mancare è la buona fede della persona che intende procedere con la registrazione.
Ciò sia per prevenire eventuali utilizzi impropri, che per ricordare la responsabilità del singolo nelle relazioni colletive e pertanto sociali. Parliamo dunque della normativa in materia di protezione dei dati personali e del Regolamento Ue 2016/679, art. 2.2, lett. c).
In questo passaggio viene specificato che la normativa in materia del trattamento dei dati personali, non viene applicata a tutti quei trattamenti di dati personali effettuati o da una persona fisica, o, al contrario, durante l’esercizio di attività, intesa quale attività personale e domestica.
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Apparentemente chiaro, tuttavia questo articolo necessita di alcune specifiche e approfondimenti, in particolare quando si parla di persona fisica o di esercizio di attività personale o domestico. Con questa espressione si fa riferimento a una distinzione che non appare del tutto scontata
Per comprendere meglio occorre passare in rassegna l’articolo 18 della normativa sulla protezione dei dati personali, nel quale si legge che le attività a carattere personale o domestico sono ad esempio la corrispondenza, la gestione degli indirizzari, l’utilizzo dei social e le attività on line purché rientranti tra le attività personali o domestiche.
Ma cosa determina precisamente il significato di questa espressione ritenuta tanto controversa? È presto detto: se parliamo di esercizio di attività personale o domestica, non intenderemo mai il loro opposto, ossia le attività di natura professionale o commerciale.
Per essere ancora più precisi, si può fare riferimento al limite tra sfera personale e sfera lavorativa, fermo restando che, per poter registrare una conversazione in ambito domestico occorre che la persona si limiti solo ed esclusivamente alla conservazione della registrazione, senza farla ascoltare a terzi.
Ciò significa che risulterà vietata, sempre per le eccezioni sopra descritte, la diffusione del materiale al di fuori dell’ambito domestico/famigliare. Qualora si verificasse quest’ultima ipotesi, si tratterebbe di una violazione da gestire nelle sedi dedicate. Lo stesso non vale se le regole di conservazione della registrazione vengono violate per errore dimostrabile, o inavveritamente.
Registrazioni senza consenso, norme e limiti
Restando nell’ambito personale e domestico della persona fisica e del medesimo esercizio delle attività, è possibile registrare una conversazione in ambito professionale?
La risposta non arriva da una legge di riferimento ben precisa, bensì da una sentenza della Suprema Corte, coerente e decisa sul fatto che la registrazione senza consenso è consentita solo ed esclusivamente con delle precisazioni.
Pur non vigendo un divieto universale e stringente, la registrazione non può riguardare la sfera abitativa della persona registrata, nè quella condominiale, quali le parti in comune, il giardino, il cortile o parti similari.
La situazione si complica quando si parla di luoghi di lavoro. In questo caso, la registrazione di una conversazione sul posto di lavoro non è consentita, nè dalla parte di un dipendente o di una dipendente, nè dalla parte del datore di lavoro (fatte salvo specifiche e sporadiche eccezioni).
Vero è infatti che, se ci si trova in un luogo dove avviene l’interscambio con il pubblico (basti pensare all’ingresso di un negozio, al supermercato etc…), la registrazione può essere consentita laddove sussistano specifiche motivazioni del datore di lavoro che abbiano portato a una condizione di diffidenza, necessitante di verifiche previa registrazione. Il tutto naturalmente deve essere dimostrabile e misurabile, soprattutto se si è accusati di aver violato la privacy di una persona e si necessiti di prove certe da presentare in tribunale.
Le risposte arrivano ancora una volta da una sentenza della Cassazione, secondo la quale viene stabilito che non si può parlare di violazione della privacy quando si tratta di una chiacchierata tra colleghi di lavoro.
Ciò a cui occorre prestare attenzione è sempre l’utilizzo a cui è destinata la registrazione: vietata ad esempio la diffusione sui social per farlo diventare occasione di pettegolezzo.
Come si può notare, anche in questo caso la sentenza non prevede che venga chiesto il consenso dei presenti per portare la registrazione in tribunale ai fini di una difesa processuale.
In sostanza, per usare quella registrazione in tribunale a scopo di difesa non c’è bisogno di chiedere il consenso dei presenti. Nel caso specifico, la sentenza è legata a una dipendente di un’azienda che, al fine di poter vedere riprirstinato il proprio rapporto di lavoro con conseguente risarcimento, fornì delle registrazioni a sua difesa a sostegno di quanto affermato in sede di procedimento.
Per quanto le registrazioni, da un punto di vista oggettivo, siano state ritenute abusive, altrettanto non è stato rientuto per quanto concerne l’utilizzo in Tribunale.
Telefonate registrate e configurazione del reato
Riepilogando quanto fino ad ora esplicitato, la registrazione con consenso è lecita, seppur con alcune attenzioni. In particolare il proprietario del mezzo utilizzato per la registrazione deve permanere per tutto il tempo davanti alla persona registrata e al proprio mezzo utilizzato. Questo per evitare che la persona registrata possa in qualche modo essere indotta a proferire frasi o parole che, davanti a una registrazione in corso, potrebbe optare di omettere.
Diventa pertanto contestabile quella registrazione avvenuta esclusivamente in maniera tecnica, per mezzo dello strumento, ma senza la persona fisica presente durante la registrazione stessa. Altro elemento non trascurabile è quello al consenso e al luogo. I due fattori sono strettamente collegati, tano che si configura una violazione della privacy ogni qualvolta che la persona, nei suoi luoghi privati come la casa, l’automobile, l’ufficio, viene registrata senza consenso.
A stabilirlo in maniera inequivocabile è l’articolo 615 bis del codice penale, che delinea il reato di violazione della privacy con interferenza illecita – pertanto priva di autorizzazione – nella vita altrui. Il dove assume una importanza fondamentale, ossia luogo pubblico uguale luogo lecito.
Da precisare che rientrano, tra i luoghi privati, anche le parti come il garage dell’abitazione, o comunque tutti quegli spazi annessi riservati alla sola persona che vi abita. Sì alle registrazioni effettuate per raccogliere elementi che possano essere utili al cittadino per un qualsivoglia motivo dimostrabile, mentre la situazione entra in una sfera completamente differente quando si parla di intercettazioni ambientali.
In questo caso si tratta di una attività finalizzata a uno scopo ben preciso e avviata dall’autorità giudiziaria di competenza. Ecco che scatta l’eccezione: solo nel caso di un procedimento di questo tipo è possibile oltrepassare la sfera privata dell’individuo, naturalmente sempre e soltanto previa autorizzazione del magistrato.
Negli altri casi, occorre stabilire il principio della presenza, secondo il quale la persona che avvia la registraizone non deve mai allontanarsi dalla persona registrata così che quest’ultima percepisca di non essere sola e manifesti una serie di comportamenti maggiormente liberi che altrimenti non avrebbe adottato.
Per capire l’importanza di questo dettaglio che può apparire trascurabile, occorre pensare che tutte le prove addotte in un processo procurate con registrazioni carpite alla persona senza consenso e a sua insaputa, tanto più se nel suo ambiente personale, sono da ritenersi nulle e non utlizzabili a sostegno dell’accusa o, viceversa, della difesa.
Prendiamo uno dei casi più conclamati: uno dei coniugi fa installare o installa in autonomia un registratore nell’auto della moglie o del marito per capire se si sta consumando un tradimento. Anche in questo caso, qualunque siano le motivazioni, si tratta di interferenza nella vita privata, pertanto, il materiale ottenuto dagli audio o, indifferentemente, dai video, non è utilizzabile in sede processuale.
E una conversazione telefonica, può essere registrata? La risposta varia a seconda di alcuni fattori: se a registrarla è l’autorità giudiziaria dovrà sempre essere richiesta la relativa autorizzazione, mentre nel caso di registrazione di una conversazione tra più persone non è necessaria alcuna autorizzazione, poiché si procede a rigor di logica.
La persona non avrebbe tenuto la conversazione davanti ad altre persone se non avesse voluto farne conoscere il contenuto, pertanto, in virtù di una “fuga di informazioni” che già di per sè si sarebbe potuta verificare, la registrazione è ritenuta lecita.