Gli stupri di guerra in Ucraina e la sentenza Usa contro l’aborto riaprono vecchie questioni sui diritti delle donne negati mondo. Ma non sarà una lettera schwa (ə) a mettere il punto sulla narrazione delle reali disuguaglianze tra uomo e donna.
Il 24 giugno scorso la Corte suprema statunitense ha abolito la storica sentenza Roe v. Wade con cui nel 1973 la stessa assise aveva legalizzato l’aborto negli Usa. I singoli Stati americani saranno liberi di applicare le loro leggi rispetto a questo delicato tema sui diritti delle donne. Il Missouri ha annunciato di essere il “primo” stato a vietare l’aborto, che ora è illegale anche in Texas con effetto immediato. A distanza di quasi un mese, continuano a montare le proteste, con presidi, anche spontanei e non autorizzati, davanti al palazzo della più alta corte della magistratura federale degli Stati Uniti d’America.
Martedì 19 luglio sono stati arrestati diversi parlamentari americani. Tra questi anche Alexandria Ocasio-Cortez, alle cronache nel 2018 per essere stata la più giovane deputata eletta della storia americana. Il suo spot elettorale divenne virale: “Donne come me non è previsto che corrano”. E invece la corsa di Alexandria era solo all’inizio della sua carriera di attivista di origini portoricane, sensibile ai diritti delle donne, alla sanità pubblica e alle politiche migratorie.
Nel video dell’arresto condiviso su Twitter si mostra con le manette ai polsi che alza i pugni al cielo verso le manifestanti. La lotta continua.
Gli stupri dei soldati russi in Ucraina
Dall’altra parte del mondo, sul fronte di guerra in Ucraina, l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) continua a verificare i casi di stupro e violenze sessuali commessi dai soldati russi e negati spudoratamente dal regime di Putin e dalla propaganda informativa a suo uso e consumo. Uno strumento utilizzato come arma di guerra che ci riporta ai tempi cupi della martoriata Sarajevo e della guerra nella ex Jugoslavia. L’Onu ha già accertato numerosi stupri contro donne e bambine ucraine, tanto che tra gli aiuti umanitari arrivati dall’estero ci sono anche migliaia di confezioni di pillole del giorno dopo. Nel 2021 l’organizzazione intergovernativa ha diffuso un rapporto con dati che rilevano un aumento del 70% rispetto al 2022 delle violenze sessuali contro bambini nei conflitti armati.
I diritti delle donne negati nel mondo
Non solo corpi violati. Nel mondo occidentale, invece, si registrano soprattutto umiliazioni e sottomissioni a causa di una cultura maschilista. Le disuguaglianze nell’accesso al mercato del lavoro non consentono ancora il raggiungimento di un equilibrio armonico tra carriera e vita privata. La parità di retribuzione è spesso prevista dalle leggi, ma non si applica nei casi concreti. La rappresentanza femminile in importanti posizioni aziendali e manageriali è ancora uno slogan, più che una realtà. Il gender gap in Europa è un problema che si sta tentando di arginare. Ma, come evidenziato dal Global Gender Gap Report 2021 si stima che ci vorranno ancora 135 anni per raggiungere una reale parità di genere.
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La mercificazione forzata o indotta del corpo femminile non è meno importante dei giudizi che il mondo occidentale attribuisce alle donne musulmane che scelgono (o sono costrette) a indossare il velo.
Il bodyshaming e il giudizio sul corpo femminile sono fenomeni ancora diffusi. Corpi di celebrità o comuni mortali violati verbalmente e costantemente sui social network.
Per non parlare poi dei femminicidi. Il femminicidio è l’epilogo di tanti fenomeni ancora presenti nella società. Nel mondo occidentale le donne sono spesso vittime di uomini violenti, narcisisti, immaturi. In India si registrano 8 mila femminicidi all’anno e spesso sono legati a delitti d’onore, soprattutto in Medio Oriente e Asia meridionale.
La violenza domestica colpisce nel mondo 137 donne ogni giorno.
In 20 Paesi nel mondo, soprattutto Russia, Venezuela e Thailandia (dove le donne e le bambine sono prede del turismo sessuale alimentato da molti maschi occidentali) sono ancora in vigore i matrimoni forzati o matrirmoni riparatori, con leggi che consentono agli stupratori di sposare la propria vittima per evitare procedimenti penali.
L’ultimo rapporto annuo sullo stato della popolazione mondiale stilato dal Fondo Onu per la popolazione (Unfpa) è intitolato “Il corpo è mio. Diritto a autonomia e autodeterminazione”. I dati sono stati diffusi, in Italia, dall’Associazione italiana donne per lo sviluppo e ci dicono che a livello mondiale, in media le donne hanno il 75% dei diritti in meno rispetto a quelli di cui godono gli uomini. Sono circa 40 milioni le vittime di forme di schiavitù moderna, quali lavoro e matrimonio forzato e traffico di esseri umani. Di queste, più di 7 su 10 sono donne. Più di 200 milioni di ragazze e donne hanno subito mutilazioni genitali.
Ma come e da quando comincia la lotta in favore dei diritti delle donne?
Il tema dei diritti delle donne si è sviluppato giuridicamente sul finire del XVIII secolo grazie alla Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne, 1791) di Olympe de Gouges, la quale si ispirò al modello della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 e della Rivendicazione dei diritti della donna (A Vindication of the Rights of Woman, 1792) di Mary Wollstonecraft.
La rivendicazione per le donne dei diritti civili, della condizione economica femminile e dei diritti politici (suffragio femminile) nonché di un miglioramento della condizione femminile costituiscono la base del femminismo a partire dal XIX secolo attraverso la prima ondata femminista che si svilupperà nel corso del Novecento.
I diritti delle donne non sempre riconosciuti
In alcuni paesi questi diritti sono istituzionalizzati o supportati dalla legge, dall’abitudine locale e dal comportamento, mentre in altri vengono ignorati e soppressi. Essi si differenziano dalle nozioni più ampie dei diritti umani attraverso le pretese di un giudizio storico e tradizionale inerente all’esercizio di tali diritti a favore della controparte maschile.
I problemi comunemente associati alla nozione di diritti femminili includono:
- Il diritto all’integrità e all’autonomia corporea, di essere liberi dalla paura di violenza sessuale (più in genere violenza contro le donne);
- Il diritto di votare e reggere pubblici uffici;
- Di stipulare contratti legali;
- L’accesso paritario al diritto familiare;
- L’accesso paritario al diritto di lavorare ed ottenere una retribuzione equa o uguale a quella maschile;
- I diritti riproduttivi;
- Il diritto di possedere proprietà;
- Il diritto di pari accesso all’istruzione.
La lotta per i diritti delle donne in Europa
L’atteggiamento verso l’uguaglianza sta evolvendo, ma nemmeno la generazione più giovane attuale è immune dagli stereotipi e dalle disparità di genere. Oggi permangono disuguaglianze tra donne e uomini, in particolare nel mercato del lavoro.
L’Italia deve ancora faticare molto ma segue il cammino della parità tra donne e uomini come principio fondante dell’Unione europea. Negli ultimi decenni l’Ue ha compiuto notevoli progressi per quanto riguarda la parità di genere.
La Commissione europea ha posto la parità di genere in cima alla sua agenda politica e ha recentemente adottato un’ambiziosa strategia per la parità di genere (2020-2025) volta a raggiungere un’Europa in cui la parità di genere sia la regola. Ecco alcune delle sfide che le donne si trovano ad affrontare, ma ovviamente ne esistono ancora altre. I numeri ci dicono che il 33% delle donne nell’Ue ha subito violenze fisiche o sessuali.
La disparità retributiva
Nell’Unione europea attualmente le donne guadagnano in media il 16% in meno rispetto agli uomini, con differenze significative tra i vari Stati membri. Bruxelles fa opera di sensibilizzazione sulla situazione con la campagna annuale della Commissione europea Giornata europea della parità retributiva, che si celebra il 4 novembre, e adotta varie leggi, come quella sul diritto nell’Ue all’equilibrio tra vita professionale e vita privata.
Senza contare che le donne europee sono meno rappresentate nelle posizioni direttive in diversi settori: politica, economia, scienza e ricerca. Solo il 7,5% dei presidenti dei consigli di amministrazione e il 7,7% degli amministratori delegati sono donne.
Istruzione e ricerca
Le disuguaglianze di genere nell’istruzione persistono, ad esempio in termini di preferenze di studio. Le donne hanno maggiori probabilità di avere un diploma di istruzione superiore, ma continuano a essere sovrarappresentate in settori di studio legati a ruoli femminili tradizionali, come quelli connessi all’assistenza, e sottorappresentate in quelli della scienza e dell’ingegneria. Per questo, l’Ue ha istituito il premio per le donne innovatrici e sostiene la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza. Quello del genere è anche un tema trasversale nell’ambito di Orizzonte 2020, il programma di finanziamento dell’Ue per la ricerca e l’innovazione. La prima donna presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è impegnata in prima linea su questi fronti.
Dal femminismo allo schwa (ə)
Dal movimento delle suffragette che lottavano nelle fabbriche d’Inghilterra ai movimenti femministi del Novecento, secondo gli storici oggi siamo nella quarta ondata femminista che convenzionalmente comincia negli anni ’10 del Duemila. Secondo la studiosa femminista Elizabeth Evans, la “confusione che circonda ciò che costituisce il femminismo della terza ondata è per alcuni aspetti la sua caratteristica distintiva”. Da questa confusione si vuole oggi ripartire, magari nella consapevolezza che non saranno un accento o una schwa (ə) a mettere il punto definitivo su questa sacrosanta battaglia.