La moda sostenibile sfonda le barriere del fashion e prende piede in sempre più armadi. Ecco una guida a tutto quello che devi sapere in materia.
Va sempre più di moda… la moda sostenibile! Una vera e sana tendenza, che pervade i gusti e le vetrine del mondo.
Chi paga il prezzo più alto? I lavoratori sfruttati, e non solo.
Per anni siamo stati abituati ad acquistare capi dell’abbigliamento a prezzi stracciati, spesso ridicoli, senza mai domandarci su chi ricadesse realmente il reale costo del prodotto acquistato. Non sempre dipende dalle leggi del mercato: più produzione, più consumo e meno costo al dettaglio. Ciò che paghiamo poco, spesso è perché lo stanno pagando altri al posto nostro: in primis i lavoratori sfruttati (in alcuni Stati, anche i bambini), la corruzione e il mancato rispetto dei trattati internazionali, il basso costo della manodopera in Paesi dove non sono ancora sanciti i diritti basilari dei lavoratori, ma anche la qualità scadente dei materiali, in alcuni casi nocivi per la salute e l’ambiente.
Un settore da 1.500 miliardi!
Senza contare che l’industria tessile è una delle più redditizie e, allo stesso tempo, inquinanti della Terra. Produce un fatturato annuo di 1.500 miliardi di euro e oltre un miliardo di vestiti all’anno. La produzione e la manutenzione degli abiti costano enormi quantità di acqua, energia e risorse non rinnovabili.
Le cause che rendono il ciclo di vita dei vestiti insostenibile sono dovute a diversi fattori:
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- Elevato utilizzo di energia e scelta di materiali non biodegradabili in fase di produzione;
- Impiego di enormi quantità di carburante per il trasporto di materie prime e prodotti;
- Produzione di grandi quantità di rifiuti solidi.
Il maggior uso di sostanze chimiche nella produzione tessile avviene durante il “processo ad umido”, nella tintura, nel lavaggio, nella stampa e nei fissaggi. I macchinari adibiti a queste procedure consumano molta acqua. L’insostenibilità ambientale dell’industria della moda non è limitata alla sola fase di produzione dei vestiti, ma si protrae anche durante il loro utilizzo e la fase di smaltimento.
Moda sostenibile: un nuovo paradigma, più giusto
Invece, con la moda sostenibile (o ecosostenibile), dall’inglese sustainable fashion (o eco fashion), si sta diffondendo un nuovo paradigma nei costumi e nei consumi. Più responsabile e sostenibile, che non comprende solo le leggi del mercato, ma entra in un meccanismo di economia circolare.
La moda sostenibile è un movimento e un processo di promozione del cambiamento del sistema moda verso una maggiore integrità ecologica e giustizia sociale (meno sfruttamento nel sistema produttivo, per esempio). Il cambiamento auspicato non è indirizzato esclusivamente alla filiera tessile o del prodotto di moda, bensì comprende un cambiamento di paradigma per l’intero sistema.
Ciò significa occuparsi di sistemi tra loro interdipendenti, come quello economico-finanziario, sociale, culturale ed ecologico, considerando la moda dal punto di vista di diversi stakeholder, sia a livello sociale (utenti e produttori), sia a livello ambientale, considerando l’ecosistema terrestre presente e futuro.
Le definizioni “moda sostenibile” o “moda per la sostenibilità” indicano dunque la consapevolezza delle influenze sistemiche ed interconnessioni complesse e di lungo periodo tra contesti materiali, sociali e culturali nella moda. La moda sostenibile è responsabilità dei cittadini, del settore pubblico e privato.
I materiali della moda sostenibile
La moda sostenibile, o ecosostenibile, utilizza principalmente i seguenti materiali:
- Canapa, setta, lana, lino;
- Cashmere;
- Bambù;
- Tencel (Lyocell);
- Cotone.
Utilizzando questi materiali si abbassa il consumo dell’acqua per la produzione. Inoltre, i pesticidi e i fertilizzanti non vengono utilizzati e si emette meno anidride carbonica nell’atmosfera visto che ogni anno poi, circa 73 milioni di tonnellate di abiti vengono buttati.
Quali sono i marchi sostenibili?
Questo sistema industriale è in forte crescita. I marchi spesso aderiscono anche per immagine e comunicazione, con ricadute benefiche per tutti gli attori del sistema. Soprattutto dopo lo scandalo Moncler denunciato dalla trasmissione Report di Rai3.
Facciamo alcuni esempi. La Reebok ha prodotto le scarpe biodegradabili fatte di cotone e mais. Molte altre marche come Zara, Puma, Adidas, Valentino e Levi’s si sono uniti a questa visione rivoluzionaria grazie al contributo di Greenpeace con la sua campagna Detox. Stella McCartney ha abbracciato quattro principi: rispetto per la natura, rispetto per le persone, rispetto per gli animali e nessuno spreco di materiale.