Caro Briatore, una pizza Marinara può emozionare come e più di una Pata negra da 65 euro

BRIATORE PIZZA

Ha fatto discutere la polemica di Briatore su chi vende una pizza a 5 euro e le affermazioni che non è un alimento napoletano. La risposta ironica del professor Alberto Ritieni

La polemica che è “lievitata” in questi giorni sul valore della pizza napoletana e tutto ciò che concerne la qualità, il gusto etc, è più che sorprendente per molti e merita una risposta puntuale.
L’affermazione di Flavio Briatore –  nel cercare di replicxare a chi considerava eccessivi i prezzi praticati nella sua catena Crazy Pizza – che la pizza “non è napoletana” colpisce ma, citando Filumena Marturano del grande Eduardo, è più giusto dire che i figli sono di chi li cresce. Se potessimo fare una foto della prima pizza magari, ma ne dubito, il “genitore biologico” è tutt’altro che napoletano, ma senza nessun dubbio chi ha fatto crescere la pizza nel mondo e l’ha diffusa è di Napoli perché solo qui ci sono tutti i presupposti storici, gastronomici e popolari perché avvenga.
L’aspetto sensoriale che viene citato è del tutto personale, c’è a chi piace alla pala, chi romana o napoletana, non è questo il cuore della discussione.
“Mutatis mutandis” ovvero tutto evolve e la pizza è fra i piatti che meglio si è adattata al tempo, ai luoghi e alle tradizioni per cui non è migliorata da altri, ma semplicemente è stata adattata al mercato in cui viene offerta.
Mangiare una pizza passeggiando per San Gregorio Armeno non è meno appagante che in un resort caraibico, usare l’ananas o della semplice provola non rende le due pizze fra di loro concorrenziali, sono semplicemente diverse.
Pizza, ambiente, persone con cui ci si intrattiene creano l’emozione che rende indimenticabile una marinara da pochi euro come lo può fare una Pata Negra da 65 euro.

Un imprenditore come Briatore che presuppone che 5-6 euro non siano sufficienti per una pizza, buona, di qualità e soprattutto sicura, dovrebbe evidenziare chi mette offre un prodotto rischioso, nutrizionalmente scadente o preparato male senza generalizzare un comparto che co-traina la fase post-covid della ristorazione e che ha talvolta permesso di superare crisi economiche e sociali.
Aspetto molto importante, ma altrettanto errato, è quello di considerare il prezzo di un prodotto come la misura diretta della sua qualità.
Se così fosse l’assist di aumentare il prezzo al consumatore per rendere la pizza nell’immaginario più di qualità aprirebbe le porte ai pochi che usano ingredienti scadenti o poco sicuri per guadagnare di più, a scapito di chi si sacrifica con lavoro e impegno a partire dal campo fino al pizzaiolo e che difende la qualità dei prodotti che si usano per dare sempre il meglio ai consumatori.
Ognuno è libero di scegliere il prodotto che desidera al costo che può sopportare, hamburger da mille euro e più, sono spesso sono portati come esempi di lusso, ma la qualità è del tutto soggettiva e una pizza a portafoglio mangiata con amici a pochi euro può dare quello che un locale ultra-lussuoso potrebbe non donare.
La pizza non è un piatto popolare, ma è un piatto del popolo paragonabile agli hot dog degli americani o alla pita greca.
Il suo ruolo negli anni è stato di nutrire, talvolta di dare quello che altri cibi davano a costi maggiori. La pizza, il caffè, la sfogliatella e tanti altri prodotti assolvono anche un ruolo socializzante, di condivisione ed è una “livella” come dice il grande Totò accomunando tutti nella stessa pizza.
Intorno alla pizza ruotano i produttori di pomodori, di mozzarella o fior di latte, di spezie, di farine e di tutti gli altri ingredienti che non si risparmiano per dare il meglio e credo che nessuno sia intenzionato a non fare un lavoro che dia guadagno, ergo non è giusto chiedersi come con i costi attuali si possa fare impresa con la pizza, ma piuttosto come non si possa fare anche con altri piatti.
Non credo che si abbia rancore o invidia del successo di chi è riuscito a essere imprenditore in Italia, quanto dal sentirci considerare stupidi dal non scegliere pizze da 15 euro o più. Somiglia molto alla sindrome di rabbia di una qualsiasi fila che viene disattesa perché qualcuno ci sta considerando stupido ad essere diligentemente in coda.
In conclusione, mi chiedo chi sta traendo giovamento da questa polemica?
Chi dopo proverà a vendere pizze a 15 euro declamando la qualità dei propri ingredienti e vedrà meno clienti ma con più potere di acquisto, o ne trarrà giovamento chi ha deciso di investire su un target diverso per cui deve rendere nota la nuova offerta?