A Prato, nel distretto tessile gestito da imprenditori cinesi, la Guardia di Finanza ha sequestrato milioni di metri cubi di tessuti senza le indicazioni relative alla tracciabilità e alla composizione: un illecito che può nascondere gravi problemi. Vediamo quali
La Guardia di Finanza di Prato ha sequestrato rotoli di tessuto e rocche di filato per la mancanza di informazioni utili a tracciare i prodotti. Il valore della merce sequestrata è pari a 50 milioni di euro. Nel dettaglio sono finiti sotto sequestro 727 mila rotoli di tessuto (pari a circa 170 milioni di metri quadri) nonché 580 mila rocche di filato: tessuti che probabilmente sarebbero diventati abiti. Nel corso delle ispezioni eseguite in quindici aziende, sono state rilevate diffuse irregolarità: la quasi totalità dei rotoli di tessuto accatastati nei depositi è risultata sprovvista delle previste etichette e dei contrassegni recanti, in lingua italiana, l’indicazione della composizione fibrosa nonché dei dati identificativi del fabbricante e dell’importatore, così come del riferimento ai pertinenti documenti doganali e commerciali di accompagnamento.
Le informazioni obbligatorie in etichetta
Come dicevamo, l’etichetta per i prodotti tessili è obbligatoria. Questa deve specificare la composizione del tessuto, con le percentuali in ordine decrescente; presentare un testo chiaro, leggibile e uniforme (per caratteri tipografici e dimensioni) e includere una netta distinzione tra la composizione tessile e le altre informazioni, come ad esempio la manutenzione del prodotto. Vien da sé che mancando in origine queste informazioni, quelle che verranno apposte successivamente potrebbero non rispecchiare la realtà dei fatti. Tra l’altro – come ci ha spiegato Giuseppe Bartolini, responsabile del laboratorio Til – se guardiamo le etichette che troviamo apposte nei negozi di pronto moda cinese, la percentuale di non conformità delle stesse al regolamento 1007/2011 che stabilisce proprio le norme di etichettatura del settore tessile, è molto alta.
Non si tratta di mancanze di poco conto: le irregolarità riscontrate, infatti, ripercuotendosi di fatto su tutta la filiera produttiva, incidono sulla possibilità di scelta consapevole del consumatore, in modo particolare in presenza di allergie relativamente ad alcune fibre o componenti, e che possono inoltre tradursi nell’indebito riconoscimento del “Made in Italy”. In particolare, la mancanza di indicazioni sui tessuti rende difficilmente applicabile la normativa che prevede l’obbligo di etichettare i prodotti finiti.
Non solo illecito amministrativo
Un illecito amministrativo, ma non solo. Le violazioni riscontrate dalla Guardia di Finanza nascondo, molto probabilmente, altre violazioni come il contrabbando o l’evasione dell’Iva. Queste ultime pratiche illecite costituiscono poi il presupposto – non solo in ordine cronologico – di molte altre gravi manifestazioni di illegalità che connotano il cosiddetto “distretto parallelo cinese”, tra le quali l’evasione fiscale e contributiva, la contraffazione, lo sfruttamento del lavoro ed il riciclaggio di proventi illeciti.