La macchina ferma, appena parcheggiata, il botto. Gli airbag anteriori che scoppiano improvvisamente, causando per fortuna solo un grosso spavento a Umberto Sitibondo, il lettore che ci ha contattato per raccontarci la storia intricata che è partita da quell’incidente e che si conclude, lo anticipiamo, con una domanda: se la mia macchina è oggetto di richiamo per un difetto, e nessuno mi avverte, con chi me la posso prendere se ci sono spese o danni?
La storia di Umberto
E nel caso del signor Umberto le spese ci sono eccome: l’esplosione degli airbag ha danneggiato il cruscotto e attivato pretensionatori delle cinture di sicurezza, che sono rimaste così bloccate. Per riportare l’auto in condizioni di normalità servono circa 5mila euro, che il nostro lettore, giustamente non vuole spendere. “Ho una Hyundai I30CW del 2008 acquistata a Reggio Calabria – ci racconta Umberto – Un veicolo che in questi 13 anni si è rivelato un ottimo acquisto, fuori dall’ordinaria manutenzione non mi ha mai dato particolari problemi, ad oggi è ancora in perfette condizioni di meccanica e carrozzeria. Dopo l’incidente degli airbag, avvenuto il 21 luglio 2021, scopro che sul mio veicolo era attivo sin dal mese di gennaio 2020 un richiamo relativo proprio agli airbag”.
I due precedenti richiami erano stati comunicati
A questo punto del racconto, il signor Sitibondo torna indietro: la sua auto ha subito altri due richiami. Uno nel 2014 per un problema al sistema frenante e uno nel luglio 2020, per un problema con l’abs. “Solo che questi due mi sono stati effettivamente comunicati con una raccomandata, e mi hanno permesso così di recarmi dal concessionario e risolvere il problema”. Il richiamo sugli airbag, risalente 7 mesi prima dell’ultimo, però, non arriva al nostro lettore, che lo fa presente sia alla casa madre che al concessionario con una serie di pec e di lettere da parte del suo avvocato. “La Hyundai sostiene di avermi mandato una comunicazione e ammette di non sapere se l’ho ricevuta o no, il concessionario si rifiuta di ripararmi l’auto senza che le spese siano a mio carico, sostenendo che ho sbattuto con il mezzo. Si dia il caso che la mia auto ha montato una videocamera che mostra chiaramente che le cose sono andate come da me raccontato. Inoltre, da qualche settimana la casa madre, che ha fatto fare una perizia, non risponde più alle mi sollecitazioni”.
Di chi sono le responsabilità?
Il caso del signor Umberto è emblematico del problema della comunicazione dei richiami nel settore automobilistico, che presenta dei vuoti da colmare. Lo conferma al Salvagente Enrico De Vita, ingegnere ed esperto del settore motori: “Se l’acquisto avviene presso un concessionario autorizzato dal produttore è probabile che il richiamo venga comunicato a chi effettivamente possiede l’auto, perché per legge la casa automobilistica deve farlo solo con i primi acquirenti. Quando l’auto è di seconda mano o è comprata in un salone o a km zero è difficile che succeda”. E se nel caso del veicolo che passa di mano in mano è facile comprenderne il perché, meno intuitivo negli altri due casi.
Il problema per le auto usate, Km zero e da rivenditori terzi
“Le auto vendute nei saloni spesso vengono comprate a flotte in Germania, dove costano molto meno. Quando al salonista arriva notizia del richiamo, dovrebbe ricontattare tutti i clienti interessati e informarli. Ma spesso non lo fa. La stessa cosa accade con le auto a Km zero, che per far risparmiare l’Iva vengono intestate spesso a un prestanome del venditore, un amico, il titolare di un’officina, che deve risultare come primo acquirente anche se l’auto non l’ha vista mai. Pensate che questo poi si metta a contattare 20-30 persone che hanno comprato il veicolo per avvertirle del richiamo?”.
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Quali obblighi per i produttori
Il produttore non è tenuto ad attivare campagne di comunicazione sui media, ma dal 2001, un accordo tra case automobilistiche e ministero delle Infrastrutture e dei trasporti fa sì che queste informino delle eventuali campagne di richiamo il Ministero che le inserisce nell’Albo dei richiami pubblicato sul sito del ministero (che però risulta non aggiornato dal 2016 e irraggiungibile).Inoltre il Ministero emana con cadenza semestrale il Bollettino di richiamo dei veicoli difettosi, che contiene l’elenco riassuntivo delle campagne di richiamo organizzate da costruttori e concessionarie di auto, moto e ciclomotori comunicate al Ministero. Nel caso di autovetture estere, si può verificare le campagne di richiamo anche sul sito di Unrae (Unione nazionale rappresentati autoveicoli esteri).
Ma l’officina è tenuta a controllare
Purtroppo, però, la comunicazione al ministero non è obbligatoria. Il nocciolo del problema, in questo caso, è che è difficile che il proprietario di un’auto vada a controllare ogni tanto il sito del ministero se non ha avuto prima un allerta. E torniamo dunque al problema della comunicazione con l’utente finale. Potrebbe essere d’aiuto l’officina dove si porta l’auto per una riparazione o per manutenzione. Questa, per diligenza professionale, è tenuta a controllare se l’auto è interessata da un richiamo, e se non avendolo fatto, il mezzo, il conducente o i passeggeri riscontrano danni a causa di quel difetto, potrebbe essere ritenuto responsabile. Purtroppo, però non accade sempre.
Il vuoto normativo
Soprattutto per le auto di seconda mano, poi, la filiera di tracciamento si perde. Eppure, all’interno del Pra, il pubblico registro automobilistico, sono inseriti tutti i dati necessari per rintracciare l’attuale proprietario di un mezzo. Una legge che permetterebbe alla casa produttrice di consultarlo per inviare la comunicazione, e che la obbligasse a verificarne la ricezione, risolverebbe gran parte dei problemi. Mentre, ad oggi, spiega De Vita, “A livello europeo, a quanto risulta dalle comunicazioni delle case automobilistiche, meno del 60% dei proprietari di veicoli interessati dal richiamo, si presentano dal concessionario per la riparazione”.