Terra dei fuochi, l’appello di una generazione perduta: “Aiutateci, non possiamo più respirare”

“Nun putimme riciatà”. Chi ha scarsa dimestichezza con la lingua napoletana farà difficoltà a comprendere il grido di dolore che contiene questa espressione. Letteralmente, “Non possiamo respirare”: è lo slogan che un’intera generazione di 20, 30 e 40enni che vive nella Terra dei Fuochi – secondo gli atti giudiziari è la zona compresa tra la provincia di Napoli nord e Caserta sud – ha scelto per lanciare l’ennesima richiesta di aiuto rivolta al governo, in primis, ma anche a chi ha la possibilità di far diventare virale il messaggio. Una campagna social per coinvolgere quanti più cittadini possibili. “Siamo morti che camminano, siamo orfani di madri, padri e nonni che ci hanno costretto a salutare in modo prematuro. Alziamo alto il grido di dolore di chi ha perso il proprio diritto a respirare aria pulita e a vivere in un ambiente salubre”. Antonio ha 27 anni e vive a Qualiano ed è portavoce della campagna: “Conviviamo da sempre con questo problema e stiamo cercando di cambiare strategia: dai movimento di piazza ad una campagna social di più ampio respiro. Stiamo lavorando anche ad una denuncia per disastro ambientale che speriamo possa essere sottoscritta da quante più persone possibile”.

L’appello

“Da ormai un mese o più i nostri comuni sono ferocemente colpiti da una puzza vomitevole, che genera emicranie, mal di stomaco, allergie, e chissà cos’altro. Siamo quindi obbligati a barricarci nelle nostre case, soprattutto di sera e al mattino presto. Anche in assenza dei ben noti roghi, ai quali siamo ormai abituati, nelle ultime settimane è bastato che il vento di Ponente spirasse verso i centri abitati per invaderli con una puzza insostenibile e di cui ignoriamo l’origine” si legge nell’appello che continua: “Da dove verrà quest’odore? C’è l’imbarazzo della scelta, tanti sono i siti di smaltimento che ci circondano: Cava Alma, Cava Riconta, Resit 1 e Resit 2, Taverna del Re, Settecainati, Cava Giuliani, Stir, Ponte Riccio”.

“Questo è l’inferno”

Uno studio condotto dall’ Istituto Superiore di Sanità ha recentemente constatato la relazione causale tra rifiuti e tumori. Viviamo – si legge – in un’aerea di 426 chilometri quadrati, che raccoglie diversi comuni ed in cui negli anni sono stati accertati 2.767 siti di “smaltimento abusivo di rifiuti, anche pericolosi“. Il 37% della popolazione presente nell’area, oltre 354mila cittadini, si è ritrovata a vivere a meno di 100 metri “da almeno un sito o più di uno”, esponendosi ad agenti chimici che sono causa di: tumori, nascite premature, asma, malformazioni congenite, leucemie che colpiscono giovani in età compresa tra 0 e 19 anni.

“Questo è l’inferno: roghi tossici, discariche abusive, emergenze rifiuti mai finite. Nessuna alternativa. Solo rassegnazione. C’è chi, tappandosi il naso, resta e spera che prima o poi le cose cambino, migliorino – non si sa bene come e quando. E c’è chi scappa via, appena può. L’unica libertà di cui godiamo è quella di fare le valigie e fuggire dalle nostre case, dai nostri affetti, dai luoghi in cui siamo cresciuti, ed in cui pensavamo di poter avere un futuro” .

Le richieste

Per tutti questi motivi,  la campagna ha individuato 6 richieste di intervento. Eccole:

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  1. chiediamo al governo di intervenire d’urgenza per la bonifica totale di tutto il territorio noto come “la terra dei fuochi”;
  2. chiediamo al governo di impegnare parte del recovery plan e dei fondi giunti dall’europa per salvare questo territorio, tutto il territorio, km per km, comune per comune. Non e’ possibile, ad esempio, che i fondi vengano destinati solo ad alcuni “fortunati” comuni, inseriti nell’ambito del Cis (Contratto istituzionale di sviluppo) “terra dei fuochi”;
  3. chiediamo, inoltre, che i fondi europei “next generation-eu” siano impiegati in questa terra, perche’ la “next generation” siamo noi, e stiamo scappando via;
  4. chiediamo che venga istituita una nuova commissione d’inchiesta parlamentare sulla terra dei fuochi, che monitori e sia presente sul territorio, per accertare le responsabilità di tale scempio e potere elaborare soluzioni direttamente sul campo;
  5. chiediamo indagini e rilievi su acqua, aria e suolo, attraverso cui determinare se il nostro territorio è oggetto di inquinamento, e possa dunque essere risanato, o sia ormai diventato il teatro di un vero e proprio disastro ambientale. Vogliamo sapere da dove proviene il fetore col quale ci state lentamente intossicando, abbiamo bisogno di sapere qual è la causa del miasma che invade le nostre strade;
  6. chiediamo ai media locali e nazionali, ai creatori di contenuti sul web, a giornalisti ed attivisti di dare la massima diffusione al nostro grido di dolore, affinchè non resti strozzato in gola.