Latte vegetale: sostenibile ma non sempre senza additivi

LATTE VEGETALE

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Le intolleranze reali o “presunte” ai più svariati cibi aumentano di giorno in giorno nella popolazione e l’industria resta al passo, differenziando i propri cataloghi con numerosi prodotti “senza” i diversi componenti responsabili delle reazioni avverse.
Al primo posto della classifica delle sostanze che causano intolleranza regna incontrastato il lattosio.
Come premesso, capita che nell’individuo gli enzimi deputati alla degradazione del lattosio calino consistentemente nell’organismo, ma spesso si tratta di una presunta intolleranza. Concentrarsi sul lattosio o effettuare un test “clinico” non attendibile spesso crea confusione in situazioni in cui la reazione avversa non è correlata al lattosio, ma ad altri fattori. Fatto sta che negli ultimi anni la disponibilità di latte alternativo a quello vaccino è cresciuta a dismisura, complice anche la paura verso quest’ultimo alimento; antibiotici, farmaci, ma anche tanta disinformazione, hanno portato il consumatore a nutrire sfiducia e paura nei confronti di questo alimento. Cresce così l’offerta di latte vegetale di soia, cocco, riso, miglio, avena, mandorla, etc…

LATTE VEGETALE SOSTENIBILE

Una particolare attenzione va fatta alla sostenibilità ambientale di questi prodotti rispetto al latte vaccino. Un particolare non da poco, visto che chi sceglie un “latte” vegetale lo fa per intolleranze, allergie o per ragioni etiche legate al benessere animale e all’impronta ecologica. Un confronto degli indicatori ambientali della produzione di un litro di bevanda è stato fatto di recente da Konsument, il mensile dei consumatori austriaci, in collaborazione con i colleghi tedeschi della Stiftung Warentest. E ha promosso sotto tutti gli aspetti i latti vegetali come si può vedere dalle infografiche qui sotto.

La fonte dei confronti che trovate nelle pagine successive è, per le emissioni di gas a effetto serra e per i consumi di terra, Ethical Consumer, una organizzazione no profit britannica che dal 1989 si occupa di consumo critico, con una particolare attenzione all’ambientalismo.
Il risultato promuove quasi sempre l’avena, significativamente più rispettosa dell’ambiente sia perché cresce alle nostre latitudini che per l’indubbio vantaggio di usare molta meno acqua per crescere. Dando ragione a una tendenza che vuole il valore di questo mercato in continua ascesa. Secondo alcune ricerche da qui al 2027 dovrebbe raggiungere i 698,8 milioni di dollari, contro i 372, 5 milioni dello scorso anno.

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MA ATTENTI AGLI ADDITIVI

Non sempre però questi prodotti sono nutrizionalmente e salutisticamente validi, da un lato per la natura e la provenienza della materia prima, dall’altra per l’uso inevitabile di additivi. Si tratta di bevande vere e proprie e in quanto tali devono avere una buona conservabilità e soprattutto un buon sapore e un bell’aspetto. Nella nostra cultura, il latte classico o le sue varianti sono un “must” della prima colazione. Per questo motivo, essendo un alimento consumato con continuità nel tempo, è importante che non sia nocivo per la salute nel breve e lungo termine.

La lista degli ingredienti di un latte vegetale è ovviamente più lunga di quella del latte vaccino che è un prodotto monocomponente. Una delle criticità maggiori è la consistenza, identica a quella dell’acqua, con la presenza di particelle solide separate dalla matrice. Per dare il corpo tipico del latte, l’industria usa due tipi di additivi: gli antiagglomeranti e gli addensanti.
Il principale antiagglomerante è il fosfato tricalcico (E341) che svolge anche la funzione accessoria di fonte di calcio. Questo minerale infatti, caratteristico del latte vaccino è pressoché assente nei latti vegetali naturali. Il calcio nel latte vaccino è presente nelle micelle di caseine con i fosfati associati. Questo significa che sia il fosforo che il calcio sono presenti in forma organica, assimilabile in maniera più “naturale” e con un ridotto rischio di eventuale accumulo.
Nei latti vegetali il fosfato di calcio si trova in forma inorganica e potrebbe costituire una maggiore controindicazione in soggetti affetti da patologie renali, specialmente croniche, rispetto al latte vaccino. Non solo, paradossalmente può avere un’azione sequestrante nei confronti del calcio presente nell’organismo.
Tra gli stabilizzanti e addensanti, i più diffusi sono le gomme di guar, di gellano e di xantano. Additivi che forniscono corpo alla bevanda, ma che non sono privi di controindicazioni, specialmente sul transito intestinale. Se troppo presenti, possono creare l’effetto contrario rispetto a quello voluto da chi sostituisce il latte vaccino con quello vegetale per contrastare problemi intestinali come irritabilità, coliche e disbiosi.
Per la conservabilità del prodotto è necessario anche l’uso di correttori di acidità come il carbonato e il bicarbonato di calcio, che hanno anche un effetto secondario molto gradito dall’industria, ossia l’azione sbiancante, specialmente per il latte di riso.
Per sopperire alla carenza delle preziose vitamine contenute nel latte vaccino, quelli vegetali vengono “fortificati” con l’aggiunta di Riboflavina (B2), Cobalamina (B12) e l’importante vitamina D. Purtroppo la biodisponibilità di queste preziose molecole, nella forma aggiunta è minore rispetto a quella del latte convenzionale.
Per concludere, in caso di una conclamata impossibilità nell’assunzione di latte vaccino, a causa di allergie, intolleranze o altre condizioni patologiche, il latte vegetale va bene, ma bisogna fare molta attenzione all’etichetta, in modo da scegliere versioni con pochi additivi, visto che si tratta di un prodotto che potrebbe essere assunto quotidianamente per tutta la vita.
Non bisogna infine sottovalutare altri latti animali, non vaccini, come il latte di capra, che in alcune condizioni sono decisamente più tollerabili del latte convenzionale e possono fornire una valida alternativa.