Fukushima, il governo ha deciso: l’acqua radioattiva verrà sversata in mare

FUKUSHIMA

L’acqua radioattiva usata per raffreddare i reattori danneggiati nella centrale di Fukushima dopo il terremoto del 2011 verrà sversata in mare. Ad anticiparlo, come riportato dall’Ansa, sono i media giapponesi, che citano fonti dell’esecutivo, nonostante la contrarietà dell’industria della pesca, degli abitanti della zona e degli agricoltori. Anche i paesi vicini, tra cui la Cina e la Corea del Sud, bagnati dallo stesso mare, hanno protestato. Per raffreddare gli impianti danneggiati nella catastrofe del 2011, ogni giorno si aggiungono ai serbatoi circa 140 tonnellate di acqua contaminata, che contiene il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. “Nell’area adiacente all’impianto sono già presenti più di 1.000 cisterne, e secondo il gestore della centrale, la Tokyo Electric Power (Tepco), entro l’estate del prossimo anno si raggiungerà la massima capacità consentita”, scrive l’Ansa. Nel febbraio dello scorso anno, durante una visita alla centrale, il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, aveva ammesso che il rilascio dell’acqua nell’Oceano Pacifico sarebbe in linea con gli standard internazionali dell’industria nucleare.

Greenpeace: “Il piano dello smaltimento scorie non sta funzionando”

Eppure, la posizione dell’Aiea non basta a tranquillizzare molti, tra cui Greenpeace, che in occasione del decennale dell’incidente catastrofico, ha dichiarato: “Basta guardare alla situazione di Fukushima oggi per capire che i problemi causati dal disastro sono tutt’altro che risolti. Secondo le stime del governo, ci sono almeno 35.000 persone ancora sfollate a causa dell’incidente. Le nostre ultime indagini sui livelli di decontaminazione dell’area e lo stato di avanzamento del piano di smantellamento della centrale dimostrano inoltre che la strategia del governo non sta funzionando”. Secondo l’associazione, i livelli di radiazione nelle città di Iitate e Namie, nella prefettura di Fukushima restano ancora oggi elevati e in alcune aree sono superiori ai limiti di sicurezza. Ciò avviene anche nelle aree in cui gli ordini di evacuazione sono stati revocati nel 2017, potenzialmente esponendo la popolazione a un maggiore rischio di cancro. “Le nostre indagini mostrano anche che l’85% degli 840 chilometri quadrati della Special Decontamination Area (SDA), per cui il governo è responsabile della decontaminazione, è ancora contaminata da cesio radioattivo. Fino al 2018 sono stati impiegati (ed esposti a rischi ingiustificati di radiazioni) decine di migliaia di lavoratori, la maggior parte dei quali subappaltatori mal pagati – come hanno mostrano le nostre indagini, per un programma di decontaminazione limitato e inefficace” scrive Greenpeace.