Assegno universale, via libera alla misura che sostituisce i vecchi bonus per la natalità. Chi vedrà un miglioramento e chi viene penalizzato

ASSEGNO UNIVERSALE

Gli strumenti di sostegno alla natalità verranno accorpati in unico assegno universale per i figli. Il Senato, infatti ha dato l’ultimo via libera al ddl delega, che diventa così legge. Con i decreti attuativi, la norma sarà pronta per l’erogazione fino a 250 euro al mese per figlio a partire dal primo luglio. Una buona notizia, ma non per tutte le famiglie, dato che conti alla mano qualcuno rischia di percepire meno di quanto riceveva fino ad ora.

Assegno universale: quanto e come

L’assegno è universale perché riguarderà anche gli autonomi e gli incapienti (redditi estremamente bassi), finora esclusi dai principali sostegni ai nuclei familiari. Il bonus è previsto dal settimo mese di gravidanza e modulato in base all’Isee della famiglia. I dettagli degli scaglioni verranno inseriti nei decreti attuativi, ma di sicuro il corrispettivo, sotto forma di assegno o credito d’imposta, deve essere ripartito in parti uguali tra i genitori. In caso di separazione o divorzio, l’assegno viene generalmente erogato al genitore affidatario, mentre se l’affidamento è congiunto o condiviso, l’assegno è ripartito tra i genitori. È prevista una maggiorazione a partire dal secondo figlio e un aumento tra il 30% e il 50% in caso di figli disabili.

Quando sarà estendibile fino ai 21 anni

L’assegno universale andrà ai genitori fino ai 18 anni d’età del figlio e poi, fino ai 21 anni dello stesso, su richiesta, potrà essere percepito da lui, “per favorirne l’autonomia”, ma solo in caso di studio, tirocinio, servizio civile universale, o primi lavori a basso reddito. Il figlio si definisce a carico quando ha un reddito non superiore a 4 mila euro.

Cittadinanza, quali sono i parametri

L’assegno unico è rivolto a tutti i cittadini italiani, a quelli dell’Unione europea e agli extracomunitari con permesso di soggiorno di lungo periodo, di lavoro o di ricerca, residenti in Italia da almeno due anni anche non continuativi.

 

1,35 milioni di famiglie rischiano di percepire meno

Con l’assegno universale, che comunque sarà compatibile con bonus analoghi erogati dagli enti locali, scompariranno bonus bebè, premio alla nascita (bonus mamme domani), assegni familiari e detrazioni per i figli a carico. E questo, sarà un problema per una parte dei 28 milioni di persone, (il 6% in più rispetto ad oggi, grazie all’inserimento di autonomi e incapienti),  che le stime danno interessate dalla nuova misura. Secondo le previsioni, l’importo medio sarà molto più basso dei 250 massimi teorici: l’80% delle famiglie dovrebbe ricevere 161 euro per ogni figlio minorenne, e 97 per i figli tra i 18 e i 21 anni. Con queste cifre, 1,35 milioni di famiglie di lavoratori dipendenti ci rimetterebbero in media 381 euro all’anno rispetto a oggi. Secondo lo studio elaborato da Arel, Fondazione E. Gorrieri e Alleanza per l’infanzia, infatti, 8 famiglie su 10 hanno un’Isee sotto i 30 mila euro che permetterebbe l’assegno pieno. Per redditi superiori l’assegno decresce fino a stabilizzarsi a 67 euro al mese per i minori e 40 per gli under 21 sopra i 52 mila euro di Isee.

La copertura che ancora manca

Ai punti critici che riguardano chi uscirà sfavorito dall’accorpamento dei bonus, si aggiunge anche la questione della copertura finanziaria. Al momento, con la legge di bilancio sono stati già stanziati 3 miliardi per il 2021, che vanno a sommarsi ai fondi provenienti dai bonus che andranno dismessi gradualmente, per un totale di 20 miliardi circa. Ma con questa cifra si potrebbero coprire assegni per una media di 150 euro, con il rischio che qualcuno rimanga tagliato fuori o che la cifra massima di 250 rimanga solo teorica. A meno che il governo non trovi gli altri fondi necessari.