Olio di palma, cacao, soia, Greenpeace accusa: “Le certificazioni non fermano la deforestazione”

GREENPEACE DEFORESTAZIONE

Il sistema di certificazione non è una soluzione alla deforestazione. L’atto di accusa lanciato da Greenpeace è contenuto nel rapporto choc “Destruction: Certified” (Distruzione: certificata) con il quale denuncia come “la sola certificazione non abbia aiutato le aziende a rispettare i loro impegni per il 2020 di escludere la deforestazione dalle loro catene di fornitura”.

A finire sotto accusa le filiere dell’olio di palma, del cacao, della soia, caffè e biocarburanti e le società di certificazione che devono verificare il rispetto di alcuni impegni che le aziende di trasformazione si sono date. A giudicare dal report di Greenpeace la strada è ancora lunga: “Troppe aziende certificate continuano a essere collegate alla distruzione di foreste ed ecosistemi, controversie sulla terra e violazioni dei diritti umani. Attualmente, la certificazione consente alle aziende ‘distruttive’ di continuare a operare come al solito. Migliorando l’immagine delle materie prime a rischio forestale ed ecosistemico e quindi stimolando la domanda, la certificazione rischia di aumentare i danni causati dall’espansione della produzione di materie prime. Gli schemi di certificazione finiscono così per rendere verdi i prodotti legati alla deforestazione, alla distruzione dell’ecosistema e alle violazioni dei diritti”.

Un atto di accusa pesante rivolto a nomi storici della certifazione come FairTrade, Rainforest Alliance, la Round Table on Responsible Soy (RTRS), Forest Stewardship Council (FSC) e la Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO) che, come riporta Foodnavigator, hanno replicato all’indice puntato dall’associazione eco-pacifista, sostenendo che “Greenpeace cerca di condizionare le decisioni della Commissione europea” e in alcuni casi, descrivendo il report più “preoccupato” dell’olio di palma rispetto “alla soia citata la metà di volte” rispetto al discusso grasso tropicale.