Scongiurato lo scenario del “no deal”, con l’accordo Brexit del 24 dicembre 2020, le merci scambiate tra il Regno Unito e i paesi dell’Unione Europea non saranno soggette a tariffe doganali o a quote di importazione. Tuttavia, le merci alle frontiere dell’Ue vengono controllate per garantire che siano conformi alle normative del mercato interno (ad esempio per quanto riguarda gli standard di salute, sicurezza, sociali e ambientali) o alla legislazione del Regno Unito applicabile. Ciò richiede un aumento dello sforzo burocratico e comporta costi aggiuntivi, che potrebbero ripercuotersi sul prezzo finale del prodotto. Sono esenti, invece, le merci che circolano tra l’Irlanda del Nord e l’Ue. Trattandosi di acquisti da un Paese terzo all’UE, se decidete di comperare sul web dal Regno Unito, mettete in conto tempi di consegna più lunghi rispetto al passato.
Acquisti online post Brexit
Prima di acquistare da un venditore con sede nel Regno Unito verificate se le offerte online siano valide anche per i cittadini dell’Ue e che non siano state create esclusivamente per gli utenti britannici. Indicative in questo senso sono le modalità di pagamento (valuta), la lingua in cui sono state scritte le offerte e le condizioni di consegna:
- la lingua utilizzata per descrivere le offerte è esclusivamente l’inglese o sono disponibili anche altre lingue?
- la valuta con la quale viene indicato il prezzo è solo la sterlina inglese o anche l’euro?
- nelle condizioni di consegna sono elencati anche altri Paesi oltre al Regno Unito?
Più che mai sarà importante leggere le condizioni generali (terms and conditions) prima di effettuare un acquisto per evitare sorprese post Brexit.
Lo shop online è stato tradotto in italiano
Se è così e si può pagare in euro, è chiaro che l’offerta è rivolta agli stranieri.
In tal caso, si beneficia dei diritti a tutela dei consumatori europei, ovvero tra gli altri il diritto di recesso (di ripensamento) gratuito entro 14 giorni dalla data di consegna con rimborso del prezzo, nonché la garanzia legale di due anni; oltre a ciò sono valide anche le tutele contro le pratiche commerciali scorrette quali la pubblicità ingannevole.
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E-shop in inglese, pagamento in sterline
Se il sito dal quale volete acquistare invece è disponibile soltanto in lingua inglese e non anche in italiano ed il pagamento è previsto soltanto in sterline, il commerciante britannico, invece, non intende destinare le sue attività all’Italia. In questo caso il consiglio è di leggere attentamente i termini e le condizioni per verificare se, dopo la Brexit, al consumatore si applichino le disposizioni di protezione europee o britanniche e se ci sono costi aggiuntivi per la spedizione in Italia.
All’acquirente italiano (e in generale a tutti i consumatori residenti nell’UE) che dopo il 1° gennaio 2021 acquista prodotti da un e-shop oltremanica continuano ad applicarsi in ogni caso il divieto di blocchi geografici ingiustificati (c.d. geoblocking). Ciò significa che non ci possono essere ingiustificate discriminazioni di prezzo basate sulla cittadinanza o la residenza dei consumatori (il commerciante è comunque libero di decidere dove rivolgere la sua attività). Resta in vigore anche il Regolamento sulla protezione dei dati, il GDPR.
Esenzioni dalla franchigia doganale
Nell’accordo Brexit di libero scambio le disposizioni sulla franchigia, ovvero l’assenza di oneri doganali, dipendono molto dall’origine del prodotto in questione: si tratta, per così dire, della “nazionalità economica” dei beni realizzati con componenti e materiali di origine straniera. Esistono quindi regole in merito alla misura nella quale il prodotto deve essere fabbricato o trasformato nell’UE o nel Regno Unito in modo che i produttori di Paesi terzi non possano abusare di questo accordo di libero scambio per evitare dazi doganali. Ciò significa che le esenzioni fiscali e dai dazi non sono applicabili alle merci vendute in Gran Bretagna se queste non sono state principalmente lavorate lì e sono state invece ad esempio soltanto importate dalla Cina e solo rivendute in Gran Bretagna.
Per quanto riguarda l’applicazione dell’IVA e di dazi doganali è consigliabile informarsi presso l’Agenzia delle Dogane.
Bisogna altresì prestare attenzione alle restrizioni sull’importazioni di tabacco, alcol e altri prodotti (ad esempio profumi) se si trasportano personalmente tali merci, per evitare di incorrere in sanzioni salate.
Considerate poi il tasso di cambio sterlina-euro: se la sterlina si svaluta rispetto all’euro – cosa non improbabile con la Brexit – ordinare merce nel Regno Unito potrebbe diventare più vantaggioso. Se un bene ad esempio costa 500 sterline, pagherete circa 550 euro al tasso di cambio corrente. Se il valore della sterlina cambia, sono possibili aumenti o diminuzioni di diversi euro.
Come funziona ora la garanzia
Se un bene acquistato nel Regno Unito dopo la Brexit del 1° gennaio 2021 si rivelerà difettoso, bisognerà effettuare la stessa verifica esposta in precedenza, ovvero capire se il venditore aveva diretto la sua attività di vendita al consumatore italiano. Se l’offerta era formulata in italiano, il sito web pure e il pagamento è stato effettuato in euro, al contratto si applica la legge italiana. Da ciò ne consegue che si applicano i principi della garanzia legale così come previsto dal Codice del Consumo da far valere entro due anni dall’acquisto (questa è la tutela minima è prevista in tutti i Paesi dell’UE).
Se, al contrario, la commercializzazione dell’articolo non è rivolta agli italiani, verrà applicata la legge britannica. Attualmente nel Regno Unito è possibile far valere il diritto di garanzia anche oltre il limite minimo dei due anni previsto nell’UE: in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord il diritto di garanzia è di sei anni, in Scozia di cinque. Tuttavia, il governo britannico è libero di cambiare queste norme in qualsiasi momento non essendo più vincolato allo standard minimo previsto nell’UE.
Attualmente il diritto britannico prevede l’inversione dell’onere della prova dopo sei mesi dall’acquisto. Nel caso il difetto faccia la sua comparsa entro i primi 6 mesi dalla consegna del bene si presume – fino a prova contraria – che esso era presente già al momento della consegna. In questi primi sei mesi è il venditore il soggetto che eventualmente dovrà dimostrare che il difetto non esisteva al momento della consegna. Se il vizio appare invece dopo i primi 6 mesi dall’acquisto, spetta all’acquirente dimostrare che il difetto non sia sorto a causa di un cattivo od errato utilizzo del bene; si tratta della stessa disciplina attualmente in vigore in Italia.
Di norma questi elementi di prova non sono semplici da fornire soprattutto al di fuori di un vero e proprio contenzioso. Bisogna ricorrere a perizie di esperti, sopportandone i relativi costi, spesso piuttosto ingenti – anche questo è un aspetto da tenere in considerazione quando si acquista da un venditore con sede nel Regno Unito.
Ci sono costi aggiuntivi per il pagamento con carta di credito?
Non dovrebbero esserci costi aggiuntivi, in quanto il Regno Unito continuerà a vietare i supplementi per l’uso della carta di credito, così come li vieta l’UE. In ogni caso verificate con la vostra banca le condizioni di pagamento all’estero. Ricordatevi di pagare sempre nella valuta locale anche se vi viene offerta una conversione istantanea a livello locale: in tal caso, infatti, il tasso di cambio sarà peggiore di quello offerto dalla vostra società di carte di credito.
Come proteggersi per acquisti in UK
Utilizzare la carta di credito (o un altro sistema di pagamento elettronico con protezione per l’acquirente) è comunque consigliabile in quanto in caso di problemi con il venditore (ad esempio in caso di mancata consegna della merce) è possibile fare una richiesta di chargeback (ossia di storno).
Per ottenere il chargeback ci si può rivolgere alla propria banca, ma è consigliabile presentare la richiesta direttamente al circuito emittente la carta di credito con la quale è stato effettuato il pagamento, perché non di rado tale procedura rimane sconosciuta persino agli impiegati, trattandosi di uno strumento di cui si sono dotati i circuiti delle carte di credito. Se, invece, il pagamento è stato effettuato attraverso un sistema di pagamento digitale, quale ad esempio Paypal, ci si può avvalere degli strumenti di contestazione o reclamo previsti dal sistema stesso.
Il chargeback può rappresentare infatti una soluzione efficace anche nei casi in cui il consumatore riceva un bene difettoso e il venditore declini, illegittimamente, qualsiasi responsabilità. È opportuno che il consumatore disponga di tutta la documentazione necessaria a fondare la richiesta di chargeback e cioè copia dell’ordine effettuato, ricevuta del pagamento e copia della corrispondenza intercorsa con il venditore. È inoltre consigliabile documentare con foto e video il momento in cui si riceve e scarta il pacco poiché, in caso di prodotto danneggiato, sarà più facile dimostrare che l’articolo è stato ricevuto in quelle condizioni.
Quando invece il pagamento è stato effettuato tramite bonifico bancario, non è possibile ottenere la restituzione dell’importo versato. Una volta che il bonifico bancario ha avuto esecuzione, se il venditore non è disposto a restituire la somma, ottenere il rimborso diventa molto più complicato; ecco perché, spesso, i venditori truffaldini richiedono il pagamento tramite bonifico bancario. L’assenza di modalità di pagamento alternative o, talvolta, pur in presenza di queste, l’insistenza del venditore ad effettuare il pagamento tramite bonifico, adducendo anche temporanei supposti malfunzionamenti del pagamento via carta di credito, dovrebbe allertarci sull’affidabilità e onestà del venditore da cui stiamo effettuando il nostro acquisto.
E ora che succede?
Per le controversie insorte nell’ambito di un acquisto effettuato online è possibile fare ricorso alla piattaforma ODR se il venditore ha sede in un Paese dell’Ue (oltre che in Norvegia o Islanda) diverso da quello di residenza del consumatore. Con l’uscita del Regno Unito dall’Ue la piattaforma ODR, quale mezzo di risoluzione extragiudiziale delle controversie, non è più accessibile da cittadini britannici, né nei confronti di professionisti stabiliti in UK.
Nemmeno il procedimento europeo per le controversie di modesta entità è più utilizzabile dai consumatori italiani nei confronti di un’azienda con sede nel Regno Unito, sebbene i tribunali continueranno a trattare i casi ricevuti entro il 31 dicembre 2020.
Se non riuscite, dunque, a risolvere in via amichevole il vostro reclamo con un venditore con sede nel Regno Unito, considerate che per la tutela dei vostri diritti potrebbe essere necessario rivolgersi a un giudice inglese.
E per le controversie in corso?
Una ultima buona notizia per i consumatori italiani: per quanto concerne la rete dei Centri Europei Consumatori, il Centro del Regno Unito resterà operativo per tutto il 2021 e le controversie in gestione nei confronti di professionisti britannici continueranno il loro corso e i consumatori potranno rivolgersi gratuitamente al Centro Europeo Consumatori Italia come negli anni passati.