In genere succede il contrario: il Parlamento europeo è più avanti della Commissione Ue. Invece sul diritto alla riparazione dei piccoli e grandi elettrodomestici – ovvero aver la possibilità di trovare i prezzi di ricambio e aggiustare a un prezzo conveniente il prodotto senza doverne acquistarne uno nuovo magari dopo pochi anni – la Imco, la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo, ha approvato una risoluzione molto meno ambiziosa e protettiva dei consumatori di quanto è intenzionata a garantire la Commissione Ue.
La Imco il 26 ottobre ha approvato una risoluzione (20 Sì, 23 astenuti e 2 voti contrari) con la quale si chiede alla Comissione presieduta da Ursola Von Der Leyen “di concedere ai consumatori il ‘diritto alla riparazione’ rendendo le riparazioni più convenienti, sistematiche ed efficienti in termini di costi”. Sulla carta nulla da eccepire salvo scoprire che nella risoluzione non si menzionano due principi fondamentarli per contrastare davvero l’obsoloscenza programmata: l’istituzione di un indice di riparabilità – che entrerà in vigore per 5 categorie di prodotti in Francia dal gennaio 2021 e che la stessa Commissione Ue è intenzionata a introdurre nella direttiva ad hoc – e un tetto ai costi dei pezzi di ricambio. Senza considerare che si definisce in maniera restrittiva il concetto di obsolescenza programmata, ovvero la pratica dei produttori di abbreviare deliberatamente la durata di un determinato prodotto.
Scelte che vanno contro le richieste dei cittadini come testimonia l’ultimo Eurobarometro: 8 europei su 10 concordano sul fatto che i produttori dovrebbero essere tenuti a rendere più facile la riparazione dei dispositivi digitali.
Quello che non c’è
Molto critico sul voto espresso dalla commissione dell’Europarlamento è Ugo Vallauri, policy lead di The restart project, associazione che insieme all’EEB, l’European Environmental Bureau, hanno guidato la campagna Right to Repair: “La posizione assunta dalla commissione Imco indica una tendenza a giocare al ribasso sui diritti dei consumatori rispetto invece a una legislazione europea che dovrebbe essere più ambiziosa. Il paradosso è che in genere a ‘frenare’ è la Commissione e non l’Europarlamento”.
Che cosa manca nella risoluzione approvata e che in novembre è attesa alla prova d’aula plenaria? “Innanzitutto sull’indice di riparabilità, un’informazione che si aggiungerebbe all’etichetta energetica e che aiuterebbe il consumatore a scegliere prodotti facilmente aggiustabili in caso di guasto, non c’è alcuna obbligatorietà e tutto resta volontario per i produttori. Proprio la Commissione invece, che con il New green deal spinga verso prodotti più facilmente riciclabili e riparabili, ha annunciato che nel secondo semestre del prossimo anno aprirà la discussione sull’indice di riparabilità per inserirlo nella legislazione comunitaria”.
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Stop agli aggiornamenti software? Non sarà sanzionato
In seconda battuta il voto del 26 ottobre restringe il concetto di obsolescenza programmata: “Purtroppo – prosegue Vallauri – sono stati approvati degli emendamenti che restringono il campo delle tutele: il consumatore in altre parole si troverebbe a rivendicare una tutela contro l’obsolescenza programmata solo di fronte a casi eclatanti ed evidenti. Viene esclusa di fatto quella che si chiama obsolescenza prematura ovvero ad esempio quando un produttore di uno smartphone smette dopo alcuni anni di rilasciare le versioni aggiornate del software“. Non prevista in questi casi alcuna sanzione o possibilità da parte del consumatore di rivalersi sul produttore.
Nessuna menzione infine per quanto riguarda il tetto ai costi per i pezzi di ricambio e per gli interventi di riparazione: “Questo è un tema cruciale – aggiunge da Londra il policy lead di The restart project – perché non si può disincentivare la riparazione con prezzi alti per i pezzi di ricambio. Questa è una richiesta, insieme alla possibilità di avere a disposizione per un numero di anni i ricambi, da sempre sostenuta dalla nostra campagna”. I massimali ai prezzi delle riparazione non sono previsti dalla direttiva Ecodesign che ha invece cominciato a stabilire, almeno per gli elettrodomestici grandi, che i ricambi devono essere disponibili per 7 anni a partire da marzo 2021.
Come funzionerà l’indice di riparabilità francese
Mentre in Europa si discute, da gennaio 2021 in Francia debutta l’indice di riparabilità che sarà presente sull’etichetta energetica di 5 categorie di prodotti: smartphone, computer portatili, televisori, lavatrici e tagliaerba.
L’indice prevede una scala da 1 a 10 punti assegnati sulla base di cinque criteri:
- La documentazione fornita dal produttore (manuale di istruzione per il funzionamento e la riparazione, schemi tecnici dei dispositivi, lista dei centri di assistenza, ecc…);
- La facilità con la quale il prodotto può essere smontato;
- La disponibilità di pezzi di ricambio;
- Il rapporto fra il prezzo del pezzo di ricambio più caro e il prezzo del prodotto intero;
- Un quinto criterio specifico alla categoria del prodotto in questione (nel caso degli smartphone, per esempio, verranno valutati gli aggiornamenti software).