Coloranti. Leggerli in etichetta non depone mai bene nella scelta del prodotto, ma spesso è proprio il consumatore che pur senza volerlo ne favorisce l’uso, abituato com’è a scegliere un alimento per il suo colore. È questo l’argomento settimanale che abbiamo scelto per i nostri Miti Alimentari.
Usare i coloranti negli alimenti non credo sia proprio necessario o utile
VERO/FALSO Gli alimenti spesso sono ricchi di vari additivi come conservanti, stabilizzanti, emulsionanti e quanto altro può essere utile per conservare più a lungo e in migliori condizioni alcuni alimenti industriali che sono comuni sul mercato. Naturalmente gli additivi sono il “fiorino” che anche Troisi e Benigni dovevano pagare come dazio se accettiamo prezzi, maggiore disponibilità nel tempo, maggiore sicurezza microbiologica etc. Prodotti più naturali e con meno o addirittura senza questi prodotti chimici naturali o non, oggi si trovano e richiedono una ricerca più attenta, talvolta investire un costo superiore e avere maggiore attenzione durante il loro consumo casalingo. A prima vista i coloranti chimici ci sembrano del tutto inutili e la legge consente il loro uso essenzialmente per far accettare meglio un prodotto, per ridare un colore originario altrimenti perso con la trasformazione oppure per invogliare a consumare un cibo altrimenti meno accattivante dal punto di vista estetico. In altre parole, spesso i coloranti sono associati ad aspetti psicologici e servono per influenzare il consumatore verso certi particolari prodotti. I coloranti alimentari hanno anche delle funzioni “accessorie” che vanno dall’uniformare il colore dell’alimento, a proteggere aromi o vitamine dall’azione del sole e quindi farne perdere meno durante l’attesa dell’acquisto o del consumo casalingo oppure servono a indicare visivamente che alimento stiamo per acquistare.
Esistono solo coloranti artificiali e sono del tutto innocui
FALSO I coloranti per definizione comprendono anche i vari pigmenti estratti dagli alimenti e da altri materiali commestibili sempre naturali per via fisica o chimica. La fonte può essere vegetale ed in questi casi è molto ampia, ma anche animale soprattutto se occorre il colore rosso. Risulta chiaro che l’estrazione prevede l’uso di tecniche, fasi di concentrazione e di purificazione prima di usarli e possono esserci residui involontari di trattamenti ad esempio chimici. L’alternativa che spesso troviamo sono i coloranti naturali “identici” dove è la chimica a riprodurre in modo puro ed economico delle molecole coloranti del tutto identiche a quelle naturali come effetto ma non provenienti dal mondo vegetale o animale. Pensate ad un dipinto del 1400 che richiedeva l’uso di fiori, sali minerali, ma anche di urina e di rame, oppure allume e lisciva. Oggi si può riprodurre lo stesso dipinto con coloranti di sintesi identici chimicamente che li imitano come colori ma che hanno una origine chimica e non da fonti naturali. Infine, la categoria che ancora resta da considerare sono i coloranti artificiali che sono frutto solo di processi chimici e dove non esiste un “cromo-gemello” in natura. In assoluto, tutti i coloranti devono essere privi di tossicità anche perché sono considerati superflui per l’alimento e ogni colorante va approvato dalla Comunità Europea e vanno definite sia le quantità da usare sia l’alimento a cui si può aggiungere. Oggi è l’EFSA a valutare, ad esempio con la FAO, la pericolosità dei coloranti e a rivederne periodicamente le autorizzazioni nel caso sorgessero eventuali problemi di sicurezza tra i consumatori. Va ricordato che ogni colorante può essere riconosciuto in etichetta da una sua sigla univoca formata dalla lettera E seguita da tre numeri compresi tra 100 e 199.
Conosco pochi coloranti veramente naturali e mi sembra che siano usati in pochi casi
FALSO La curcumina, la cui sigla è E100, è un colorante perfetto per il giallo che concede a gelati, pane, dolci etc. molto usato nei paesi asiatici basta pensare al curry. Scoperta nel 1842 ed è oggi usata anche come integratore alimentare e da tempo come farmaco della medicina orientale per trattare ittero, anoressia, disturbi epatici, etc. Lo scorso anno alcuni integratori a base di curcuma hanno provocato delle epatiti non virali che dimostrano quanto sia necessario studiare quantità, purezza etc. prima di utilizzarla in modo semplice e superficiale. La stessa vitamina B2 è un colorante naturale (E101) ed è ottenuta da verdure ma anche da latte, albume d’uovo. Il colorante E120 è la cocciniglia che si estraeva da insetti, ma il suo alto costo ha spinto nel creare dei coloranti identici da usare per caramelle o prodotti dolciari. La clorofilla, E140, è utile per avere il colore verde, mentre dalla Bixa orellana, una pianta tipica del Sud America, si ricava l’E160b o annatto che da un forte colore giallo-rossiccio e che si ricava in quantità di 150 grammi per quintale di pianta. In Europa è ammessa per gelati, liquori, snack per dare un colore giallo intenso, ma anche per il settore dei cosmetici in generale. La betaina o E162 proviene dalle barbabietole e produce un colore utile per vari alimenti. La lista è molto lunga e molti altri prodotti naturali sono usati per colorare e laddove i costi sono alti o le quantità sono troppo piccole ecco ricorrere ai prodotti “identici” ovvero stessa molecola stessi effetti estetici, ma è prodotta dall’uomo in laboratorio.
I coloranti nocivi sono ben noti ma fortunatamente sono identificabili in etichetta
VERO L’E102, la tartrazina ad esempio è causa di problemi allergici a chi già soffre di intolleranza all’aspirina oppure è asmatico perché tende a liberare le istamine, ma produce anche mal di testa o prurito. L’accusa più forte che le viene mossa è la sua alleanza con il comune conservante acido benzoico (E210): se sono presenti nello stesso alimento producono maggiore iperattività nei più piccoli e per questo è proibita in Norvegia e Austria come colorante. Altri effetti da evitare sono le reazioni allergiche dell’amaranto E123 che si trova fortunatamente solo nel caviale oppure il blu brillante E133 che spesso si abbina alla tartrazina nei piselli o nelle caramelle. Dopo la sua proibizione avvenuta qualche anno fa, l’E133 oggi è stato assolto da essere un composto mutageno pur restando proibito in Finlandia e Francia. La conclusione che possiamo trarre viene come spesso suggerita dai detti popolari per cui “chi bello vuole apparire qualche pena deve soffrire”. In altre parole, se riteniamo che l’aspetto estetico, il richiamo per gli occhi, la necessità di confermare che stiamo per mangiare quello che pensiamo, allora dobbiamo mettere talvolta sull’altro piatto della bilancia un pericolo in più e magari un piccolo aumento del rischio. Chiediamoci però, se possiamo decidere di aumentare i rischi per noi stessi, possiamo accettare di farlo a cuor leggero per i più piccoli che si affidano al nostro raziocinio?
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