Eravamo stati facili profeti. La sugar tax slitta ad ottobre. Uccisa in culla, non vedrà la luce, vittima di un fuoco incrociato tra un’opposizione (che pure nello scorso governo – quello giallo-verde – aveva condiviso una proposta di legge per istituirla) che fa barricate e una parte della maggioranza che le ha sparato ad alzo grosso (addirittura minacciando la crisi di governo come ha fatto Renzi).
Peccato che a vincere, oltre e forse più degli industriali italiani che tuonavano “mette a repentaglio migliaia di posti di lavoro” (parole di Federalimentare), siano le mutinazionali straniere, quelle che hanno fatto dell’Italia il paradiso degli zuccheri.
Laddove è stata introdotta, ed è stata introdotta in paesi non certo illiberali come abbiamo raccontato più volte, la sugar tax ha indotto Coca-Cola, Pepsi e compagnia ad abbassare come per incanto la quantità di zuccheri per evitare la penalizzazione. E a guadagnarci, in questo caso, sono stati solo i consumatori, in particolare i più piccoli che ne fanno largo uso. Dove la sugar tax non c’è, invece, i big dei soft drink non hanno motivo per correggere i propri prodotti. Guardate il nostro vecchio confronto (ancora attuale) per farvene un’idea. Lo pubblichiamo qui sotto. E poi rispondete a una domanda: a chi avrebbe davvero fatto male la sugar tax?