Ha un nome difficile da pronunciare, Mcs, ossia sensibilità chimica multipla. Ed altrettanto arduo è fronteggiarla o conviverci tutti i giorni. La Mcs, la sensibilità chimica multipla è però tutt’altro che una leggenda metropolitana, è una malattia rara (probabilmente meno di quanto si ritiene visto che si stima che ne soffrano in Italia un milione di persone) ma riconosciuta perfino da qualcuno dei nostri servizi sanitari regionali (come quello dell’Emilia-Romagna). Si scatena in mille modi, tutti imprevedibili e rende davvero complicata la vita di chi ne soffre.
Uno dei motivi scatenanti è la presenza di fragranze nei comuni prodotti per la casa, come i detersivi, i saponi o i detergenti.
A chi soffre di Mcs provocano reazioni fortissime (simili a quelle dell’allergia ma ancora più estese), se anche solo superficialmente si viene a contatto con le sostanze chimiche.
Profumi… indesiderati
Costretti a vivere in campane di vetro e a sterilizzare ciò che può essere stato a contatto con il mondo della chimica, questi malati hanno già da anni lanciato un grido d’allarme, proprio sulle fragranze denunciandone la presenza massiccia in ogni prodotto per la casa, a cominciare dagli ammorbidenti e dai detersivi da bucato. Non solo, quelli che per molti sono profumi e per qualcuno una minaccia per la salute. invadono l’ambiente. Gli effluvi profumati del bucato steso all’aperto si disperdono in un’area di 300-600 metri, tanto che chi è malato di Mcs e vive in condominio, è costretto a stare con le finestre chiuse. Restano sui vestiti per tanti lavaggi, venendo così inalati da chi li indossa, continuamente.
Da tempo l’associazione, che si chiama A.m.i.c.a., in contatto con organizzazioni simili nel mondo, raccoglie la documentazione sui profumi artificiali, sostenendo la tossicità per tutti, non solo per le persone sensibili.
La battaglia di Women’s Voice
Nel 2010, sotto la pressione di molte associazioni di tutto il mondo, il Fragrance Association International (l’associazione che riunisce i produttori di fragranze industriali) ha pubblicato un elenco di circa 3.000 sostanze chimiche utilizzate dai suoi membri. L’associazioni di consumatori Women’s Voices, piccola organizzazione dei consumatori di Missoula, Montana, ha presentato le sue analisi cinque anni dopo, lo scorso novembre: oltre 1.000 degli ingredienti elencati, secondo il gruppo, appaiono anche su liste ufficiali di sostanze chimiche preoccupanti.
Scranton, lo scienziato che ha analizzato la lista per Women’s Voices, fa notare inoltre che l’elenco della Fragrance Association non dà alcuna indicazione di quanto spesso e in quale quantità è utilizzata ogni sostanza chimica, il che rende difficile valutarne la pericolosità. “Quando leggo lo stirene (un possibile cancerogeno) nella lista delle sostanze chimiche in fragranza, so che è una sostanza da allarme rosso”, ha spiegato a Mother Jones, un’autorevole rivista d’inchiesta statunitense. E ha aggiunto: “È utilizzato solo molto, molto raramente, in quantità molto piccole? Forse. È utilizzato in ogni profumo che si incontra? Non è dato saperlo, ma se così fosse sarebbe un problema.”
Ricerche segrete
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In un breve documento pubblicato sul suo sito web, il Fragrance Association giura sulla capacità del settore di garantire “i massimi livelli di sicurezza”, e insiste sul fatto che l’industria si adatta alle nuove scoperte scientifiche “in modo più rapido ed efficiente attraverso l’auto-regolamentazione in contrasto con la legislazione diversa in diversi paesi in diversi continenti. ” L’associazione lavora con il suo braccio di ricerca, l’Istituto di Ricerca per il profumo dei materiali, per la produzione di norme su basi scientifiche, ha spiegato.
“L’Istituto di Ricerca è come una scatola nera … Nessuno dei loro studi sulla sicurezza è a disposizione del pubblico”, ribatte Women’s Voices, aggiungendo che la stragrande maggioranza degli studi sulla sicurezza delle fragranze sono prodotti proprio dall’Istituto che spende circa 8 milioni di dollari l’anno per studi congiunti con i produttori, o dalle case di profumi. Ma assai raramente sono pubblicati e non vi è alcuna revisione di laboratorio.
Nel 2015 il Comitato europeo della Commissione Scientifica della sicurezza dei consumatori ha esaminato alcuni degli studi da parte dell’Istituto di ricerca e ha trovato carenze ripetute, dati incompleti, metodologia e protocolli non validi.