Metà delle sostanze chimiche utilizzate dall’industria non sono sicure. A dirlo l’European Environmental Bureau, la rete europea di associazioni ambientaliste che in un rapporto ha analizzato le azioni dei governi a partire dal 2012. Ad oggi sono autorizzate in Europa 22mila sostanze chimiche: gli Stati membri hanno individuato 352 sostanze sulle quali è necessaria una rivalutazione. Per il momento il lavoro si è soffermato su 94 di queste e la metà è risultata non sicura: tra queste troviamo il bisfenolo A che nostre recenti analisi di laboratorio hanno trovato nei cartoni della pizza; il resorcinolo (che troviamo nelle tinture per capelli), il benzofenone e l’octabenzone (entrambi considerati filtri UV e per questo usati nelle creme solari).
Tra quelle in attesa di analisi approfondita ci sono, per esempio, il biossido di titanio, sospettato di essere cancerogeno, e il trifenilfosfato, un ritardatore di fiamma che si trova in alte concentrazioni in automobili, case e uffici. A quest’ultimo è stato assegnato, nel 2014, un ordine di priorità d’analisi, ma finora la procedura non è stata ancora completata.
Il rapporto dell’Eeb evidenzia, tuttavia, come non siano stati presi provvedimenti da parte dei governi: per il 74% dei prodotti confezionati con particolari prodotti chimici, nonostante alcune istituzioni europee siano a conoscenza dei rischi legati alla diffusione di prodotti con particolari materiali, non sono state messe in campo azioni concrete. Secondo l’Eeb, l’assenza di provvedimenti è data dalla mancanza dei fondi da stanziare per arginare il problema.
L’analisi completa delle 352 sostanze individuate dalle istituzioni dei singoli stati europei sarebbe dovuta terminare a dicembre del 2018, ma oltre all’assenza dei fondi necessari, viene evidenziato che le compagnie chimiche ritardano a fornire i dati dei propri prodotti, o li forniscono incompleti: al 2018, tre quarti dei fascicoli mostrava mancanze di informazioni sulla sicurezza e solo per un terzo delle sostanze prodotte oltre le 1000 tonnellate tali informazioni erano soddisfacenti. Quando i dati vengono forniti correttamente, l’analisi completa si conclude entro un anno. Quando invece si registrano criticità, il processo per mettere al bando una determinata sostanza può durare fino a 16 anni. Nel frattempo, le compagnie chimiche possono continuare a produrre tonnellate di prodotti all’anno, con possibili danni per la salute dell’uomo e impatti negativi sull’ambiente.
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