La sicurezza degli alimenti e la loro salubrità ha sempre più spazio sia tra chi opera nella filiera agro-alimentare che nei consumatori finali.
Specie quest’ultimi sono sempre più attenti ai livelli delle sostanze pericolose, dei metalli pesanti, della presenza di microrganismi più o meno patogeni. Il rischio reale e quello percepito dai consumatori non sempre coincidono tra loro.
Ad esempio tutti i pericoli di diete errate o comportamenti sbagliati sono considerati poco gravi e il reale rischio delle micotossine è ancora poco percepito da gran parte dei consumatori, sembra quasi non esistere.
Nel dibattito che è nato attorno ai test del Salvagente sulla presenza di pesticidi nei cibi che portiamo in tavola, si tocca un altro punto sul quale sarebbe bene riflettere. I valori ammessi per le singole sostanze sono, come qualsiasi contaminante, ben al di sotto dei valori pericolosi per le quantità che dovremmo ingerire e per i loro effetti sul nostro organismo. I residui di queste sostanze hanno però il loro punto di debolezza nell’effetto cocktail che, agli occhi dei consumatori oggi suona come il vero rischio a cui sono quotidianamente esposti . In altre parole, è temuta la coesistenza di principi diversi ma sempre nei limiti di legge, nello stesso prodotto. Metaforicamente e come se parlassimo di una squadra di calcio formata da giocatori tutti “scarsi”, ma che se schierati insieme diventano un team vincente.
La coesistenza di più principi può dare una tossicità solo somma delle singole tossicità, oppure dare delle sinergie dove, come in un branco di lupi, il risultato finale è maggiore della somma perchè il branco è più incisivo. Al contrario sono rari i casi dove gli effetti tossici nel loro complesso si elidono fra loro.
Non è facile dare una risposta tossicologica certa e univoca a questi cocktail perché gli effetti dipendono dai principi coinvolti, dalle loro concentrazioni o dai rapporti relativi, dall’alimento che stiamo esaminando, etc. Insomma, è un vero guazzabuglio dove trovare un algoritmo che possa dare un numero unico che tenga conto di tutto non è per niente semplice.
Basta pensare che se i pesticidi presenti in un unico alimento, sempre a livelli legali, fossero solo cinque avremmo 120 limiti diversi, ma basta modificare le concentrazioni di due sole molecole per avere 5.040 nuovi limiti da valutare. La migliore rappresentazione di questa complessità è data dalle milioni di combinazioni del superenalotto.
Questo approccio tossicologico richiede studi onerosi per costi, tempi e progettazione degli esperimenti.
Allora non c’è una soluzione? Se trovassimo uno o pochi più test tossicologici aspecifici e fossimo d’accordo sul valore da considerare come limite, si potrebbe dare per ogni alimento un valore di tossicità puro.
Solo nel caso questo fosse superiore a quanto consentito si andrebbe a ricercare il o i composti colpevoli per attuare le necessarie contromisure da adottare per aumentare la sicurezza del prodotto.
Per nulla facile. Nel frattempo il “cocktail” di principi che devono essere tossici per svolgere il loro ruolo come erbicida, fungicida etc. è un rischio di cui tenere conto per evitare che sia un “escamotage” per fare trattamenti molteplici con composti diversi ed evitare di superare gli attuali limiti per le singole molecole.
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