Il ddt è collegato allo sviluppo di autismo nei bambini nati da donne in gravidanza esposte alla sostanza. Un gruppo di ricerca internazionale guidato da investigatori della Mailman School of Public Health della Columbia University e dal Dipartimento di Psichiatria ha pubblicato questi risultati sull’American Journal of Psychiatry.  Lo studio, condotto in collaborazione con gli investigatori dell’Università di Turku e l’Istituto nazionale per la salute e il benessere in Finlandia, è il primo a collegare un insetticida con rischio di autismo usando biomarcatori materni di esposizione. A riportare la notizia è il portale Sustainablepulse, secondo cui i ricercatori hanno identificato 778 casi di autismo infantile tra discendenti nati dal 1987 al 2005 a donne arruolate nella Coorte materna finlandese, che rappresentano il 98% delle donne incinte in Finlandia. Il sangue materno prelevato durante la gravidanza è stato analizzato per DDE, un metabolita del DDT e PCB, un’altra classe di inquinanti ambientali.
Vietato da 30 anni, ma ancora persiste nel sangue
Gli investigatori hanno scoperto che le probabilità di autismo con disabilità intellettiva nella prole erano aumentate di più del doppio rispetto ai livelli DDE della madre nel terzo quartile. Per il campione generale di casi di autismo, le probabilità erano quasi un terzo più elevate tra i figli esposti a livelli di DDE materni elevati. Non c’era invece alcuna associazione tra i PCB materni e l’autismo. Anche se DDT e PCB sono stati ampiamente vietati in molte nazioni 40 anni fa, compresa Italia (nel ’78) e Finlandia, persistono nella catena alimentare perché la loro rottura avviene molto lentamente, fino a diversi decenni, con conseguente esposizione continua alle popolazioni. Queste sostanze chimiche vengono trasferite attraverso la placenta in concentrazioni maggiori di quelle osservate nel sangue della madre. Se questo studio arriva con 40 anni di ritardo rispetto allo stop alla commercializzazione del DDT, c’è da chiedersi quante sostanze potenzialmente dannose potrebbero essere vietate in tempo, se le ricerche si concentrassero su di esse e se il principio di precauzione venisse sempre applicato.