Nelle pieghe del Decreto Dignità si nasconde un rischio per molte famiglie: il contributo aggiuntivo dello 0,5% per tutti i lavoratori domestici ovvero badanti, colf e baby sitter. Una mina vagante che pesa sulla testa di oltre un milione di famiglie, che il governo ha detto di voler cancellare con un emendamento apposito tra i circa mille che andranno in discussione da oggi.
Sarà bene, dunque, vigilare per scongiurare che sul bilancio delle famiglie finisca un’ulteriore tassa che in pochi manderebbero giù.
Chi e quanti sono i lavoratori domestici.
Nessuno conosce con certezza il numero complessivo e aggiornato dei soggetti addetti ai lavori domestici. La categoria che, a fine 2016, comprendeva complessivamente quasi un milione di addetti in regola, non comprende soltanto i lavoratori che aiutano nelle faccende di casa ma anche coloro che si prendono cura dei nostri cari. È una forza lavoro non ancora consapevole del proprio potere contrattuale.
Il Decreto Dignità non cita esplicitamente i lavoratori “domestici” ma non li esclude. Un’interpretazione alla lettera del provvedimento avrebbe potuto estendersi anche al lavoro domestico. Ma con quali effetti sul bilancio familiare? E con quali conseguenze più o meno immediate? Si è parlato di aumenti fino a 160/170 euro a famiglia oltre ai costi abituali già preventivati!
Spesso nasconde il lavoro nero
Pochi settori di lavoro impattano con una realtà di evasione, di mancato rispetto del dovuto contrattuale e di sfruttamento come avviene nel lavoro domestico. Sappiamo di vertenze in cui, per 600 euro al mese, una badante lavorava sette giorni a settimana per 12 ore giornaliere senza ferie e senza contributi! Servono, indubitabilmente, maggiori controlli: chi li fa e quanti se ne fanno oggi? E con quali risultati?
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Occorre formare al più presto nuovi ispettori del lavoro (e di Inps e INAIL) non per colpire i datori di lavoro ma per assisterli a non sbagliare, e per evitare abusi e ricatti. Tra l’altro tale rafforzamento si ripagherebbe nel giro di pochi mesi. A chi governa si potrebbe fare presente che il datore di lavoro domestico, pure avendo per certi versi gli oneri e i doveri di qualsiasi altro datore di lavoro, non è sostituto d’imposta. Insomma, ne ha gli oneri ma non le agevolazioni. Se si vuole ridurre evasione e lavoro nero basterebbe consentire di detrarre dal proprio reddito tutte le spese del personale domestico, non solo riferite ai contributi (una piccola parte peraltro) ma anche alle retribuzioni effettivamente corrisposte. Pensare invece di aumentare i costi di chi ci aiuta in casa porterebbe inevitabilmente ad un aumento del lavoro irregolare o a rinunciare all’aiuto domestico e al poter vivere in casa propria, magari per un “ospizio”.